6SLXBGM26068-kYlF-U1030961079589HGD-568x320@LaStampa.itLa tav Torino – Lione ci offre un meraviglioso apologo dell’Italia e del mondo contemporaneo, delle sue contraddizioni e delle sue nequizie, della sua ontologica menzogna. C’è gente che è stata accusata di terrorismo, che è stata sbattuta in galera e bastonata per aver reagito a una devastazione territoriale inutile e scandalosamente onerosa dal punto di vista finanziario, ma anche al sopruso di verità così evidenti ed elementari da mettere l’opera ferroviaria nel novero delle peggiori demenzialità a fine di tangente che si possano elencare sul cahier de doleance di questo disgraziato Paese.

Ma ora dopo aver represso e demonizzato ogni resistenza, aver considerato frutto di malafede o di complottismo le opinioni contrarie e probabilmente dopo che l’opera  ha assolto una parte del giro do do ut des per cui è stata fortissimamente messa in piedi, gli stessi tecnici di governo fanno marcia indietro, consapevoli anche della stretta cui si troverà sottoposto il Paese dalle oligarchie europee dopo le elezioni. In un documento  di “Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia – Fase 1 – 2030”   prodotto dall’Osservatorio Torino – Lione e pubblicato da Presidioeuropa.net ( qui ) tutti i presupposti presi a pretesto per la realizzazione ad ogni costo della grande opera vengono completamente ribaltati cercando nel contempo anche giustificazioni e capri espiatori. Si ammette finalmente che l’opera è di fatto inutile perché la linea già esistente non solo è ampiamente sufficiente ma sovradimensionata, visto che il traffico continua a declinare.  Questo il brano che scende come cenere sui capelli dei grandoperisti della Tav: “Non c’è dubbio, infatti, che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza.
Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni a suo tempo assunte potevano essere diverse.”

Per capire meglio come stanno le cose basta prendere questo illuminante diagramma:

600px-Traffico_frejus_1950-2030.svg

La linea mostra l’effettiva evoluzione del traffico merci, la linea rosa tratteggiata mostra la capacità massima dell’attuale tratta ferroviaria, mentre la linea rossa e quella verde mostrano le previsioni di aumento del traffico fatte dai due consorzi interessati alla Tav, quello francese e quello italiano. Come si può vedere l’opera sarebbe stata giustificata da aumenti spropositati di traffico che non si sono affatto verificati: e che non potranno comunque verificarsi. Sebbe il diagramma si fermi al 2010 nel frattempo la situazione non è affatto mutata e la linea nera si trova sostanzialmente allo stesso punto.

Non c’è forse bisogno di sottolineare come ora si cerchi di rimediare alle bugie dette in passato con altre bugie: il declino del traffico commerciale sulla tratta non è cominciato con la crisi, ma era costante fin dagli ultimi anni del secolo scorso, rendendo quanto meno peregrino un’idea nata agli inzi degli anni ’90, ma rivelatasi errata tanto che proprio . Semmai la crisi e le sue conseguenze anche sulle politiche bilancio imposte dall’Europa avrebbero dovuto suggerire un rinvio a tempi migliori, tanto più che la stessa Francia era scettica al riguardo: invece abbiamo persino tirato Parigi per la giacchetta perché inserisse la Torino – Lione nei progetti di ristrutturazione ferroviaria. Insomma un accanimento che non ha altro plausibile indizio per essere spiegato se non gli scandali che si sono susseguiti soprattutto in Francia insieme ai lavori che comunque i transalpini continuano a considerare marginali e messi in coda al piano di rinnovamento delle ferrovie. Altro che buona fede ed errori dell’Europa che se ci fossero mostrerebbero semmai la totale impreparazione della burocrazia brussellesca e i facili deliri cui va incontro.

Il bello è che nonostante tutto questo si va avanti premettendo che bisogna monitorare e adattare perché il mondo sta cambiando così velocemente che molti progetti devono essere costantemente aggiornati, ma non sembra che le varie analisi fatte e presenti nel documento dell’Osservatorio, nient’altro che un “cifrario” inconcludente per nascondere ancora ciò che era stato evocato in premessa ovvero che l’assetto planetario degli scambi commerciali ha determinato forti cambiamenti spostando l’asse principale verso nord e verso est, che il traffico proveniente da Portogallo, Spagna, a parte i problemi di scartamento ferroviario che fa prediligere la gomma o la nave, non ha alcuna convenienza a passare per il Frejus o il Monte Bianco invece che da Ventimiglia, che la stessa cosa vale per la Francia mediterranea o basso atlantica, che le merci provenienti attraverso i grandi porti del Nord hanno una ovvia convenienza geografica a passare per la Svizzera, così come l’interscambio con la Germania che è il più ampio in assoluto per il nostro Paese e che passa per la svizzera o attraverso Brennero e Tarvisio. Del resto basta andare sul sito del ministero dello sviluppo economico per vedere che negli ultimi due anni l’import export con la Francia costituisce circa l’ 8% del totale, di cui almeno il 3% passa per Ventimiglia. E noi vogliamo spendere  una ventina di miliardi ( il famoso tunnel servirebbe a ben poco senza una ristrutturazione globale della linea), per supportare una piccola percentuale  dello scambio commerciale globale che comunque è fatalmente destinato pendere sempre di più verso est. Sarebbe stato molto più intelligente negli anni in cui incubava nei pensieri la Torino – Lione pensare a infrastrutture per riuscire a  intercettare direttamente almeno parte dell’interscambio con l’Asia. Ma questo avrebbe significato avere un ceto politico intelligente se non onesto  per cui non se ne è nemmeno parlato.

Adesso comunque lo Stato avrebbe il dovere di chiedere scusa ai no Tav, trattati come appestati e untori di menzogne, mentre queste venivano fabbricate nei corridoi del potere.