Come se questo non bastasse qualche giorno dopo il capo della CIA Mike Pompeo ha confessato in un discorso presso l’American Enterprises Institute, think tank neocon che il suo apparato di intelligence ha lavorato mano nella mano con Trump per mettere a punto le sanzioni contro il Venezuela e ha rivelato inquietanti particolari su come la Cia abbia studiato a fondo sia le capacità delle forze armate di Caracas, sia le debolezze economiche proprio in vista di un’azione di forza potentemente appoggiata dall’esterno visto che la minoranza golpista interna non ci è riuscita e oggi è persino divisa. Insieme a quelle di Tillerson le dichiarazioni di Pompeo sono importanti per aspetti che segneranno l’ internazionalizzazione del conflitto politico dopo l’elezione della Costituente venezuelana e il disastro dell’opposizione interna: il primo è che l’intervento diretto e tutto fare della Cia dimostra che lo Stato profondo e i conclavi delle grandi corporazioni decidono la politica estera o in ogni caso impongono all’amministrazione ufficiale i ritmi e i modi di agire.
Il secondo è che il decisionismo, per così dire, degli organi di sicurezza statunitensi rivela come le sanzioni e ciò che ne risulta sul terreno sono una sperimentazione prebellica in cui la vita della popolazione e lo Stato nazionale devono essere distrutti da meccanismi di pressione e di ricatto (interruzione della fornitura di cibo, prodotti per l’igiene, denaro) spingendo uno scenario di intervento preventivo per “ragioni umanitarie” e “collasso finale”. Non è certo un caso che dopo anni di sparatorie, dimostrazioni, attentati e vittimismo fasullo accettato dai media occidentali di basso servizio, adesso tutto si sta ridislocando su un pretestuoso discorso umanitario che ha uno dei poli locali in Maria Corina Machado, nuovo personaggio dell’estrema destra e quelli esterni nel Congresso statunitense che ha già approvato un disegno di legge “assistenza umanitaria” in Venezuela che obbliga la diplomazia statunitense a cercare misure coercitive dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per permettere che questo “aiuto” sia consegnato attraverso meccanismi militari e privati. La cosa meravigliosa è che il Dipartimento di stato riconosce come le politiche sanzionatorie rappresentino una serie di precedenti aggressioni per imporre questa legge come unica soluzione per il Venezuela, dando insomma pienamente ragione alle tesi di Maduro di quei pochi che nel mondo non si arrendono alla facile via delle menzogne che poi si sa dove vadano a sfociare.
Infine è evidente che i servizi e il Congresso hanno intrapreso una svolta in cui il “risultato” della crisi venezuelana diventa transnazionale ed è condizionato dalla forza, mentre le elezioni, il governo in carica, la Costituzione stessa come pratica sociale, ma anche come simboli della nazione diventano ostacoli allo sviluppo del piano di appropriazione statunitense sostanziale. Il governo di Trump ha deciso in sostanza per una giunta militare ed ecco perché grida “frode” non appena sono state annunciate le elezioni presidenziali.
A guardar bene non c’è nulla di nuovo sotto il sole e la banalità del male statunitense conserva sempre gli stessi caratteri e anche il modus operandi, in particolare il pretesto umanitario usato a tappeto negli ultimi trent’anni: la vera novità è che oggi non ci si perita nemmeno di nasconderlo, ministri , presidenti, capi delle grandi agenzie di spionaggio espongono apertis verbis i loro piani e le loro intenzioni, consapevoli che le opinioni pubbliche occidentali, fiaccate e rincoglionite dai gadgts, difficilmente possono riuscire a comprendere che certi metodi riguardano indirettamente, ma anche direttamente il loro destino. Anche perché questa irrefrenabile sfacciataggine deriva anche dalla copertura politica ormai automatica fornita dall’Europa agli Stati Uniti e da quella che Trump si aspetta di estorcere in altri Paesi dell’America latina. Purtroppo il prossimo Venezuela saremo proprio noi e ce lo meritiamo interamente.