WallStreetCiò che è velenoso per le borse è nutrimento per il lavoro e viceversa. Non si poteva avere una dimostrazione migliore dell’essenza schizofrenica del neo liberismo come teoria, ma ancor di più del neo liberismo come malattia dello spirito e cancro del progresso sociale, come lo scivolone di ieri di Wall Street innescato da un’analoga caduta di Francoforte alla notizia che i metalmeccanici tedeschi avevano strappato un modestissimo aumento salariale (4,3% lordo spalmato fino al 2020) ma soprattutto un aumento della flessibilità sugli orari di lavoro a loro vantaggio. Il contagio negativo è stato particolarmente forte perché anche in Usa si prospettano concretamente piccoli aumenti salariali soprattutto dopo che nel 2017 le retribuzione reali hanno subito un calo di oltre l’1%, spingendo ancora più in alto l’indebitamento privato.

In realtà la crescita sia pure minimale della capacità di acquisto dovrebbe ridare tono all’economia favorendo la crescita dei consumi, ma non nell’ambito della finanziarizzazione dove qualsiasi modesto attentato ai profitti diventa un dramma, sia perché bestemmia i principi fondanti del credo neo liberista, sia perché rappresenta una battuta di arresto sulla strada del lavoro schiavistico, sia perché si teme che i valori di borsa, gonfiati già oltre il plausibile e ignari  dei conti economici reali potrebbero essere messi in crisi da aumenti imprevisti delle spese e dunque anche dei meccanismi con cui le aziende comprano a costo pressoché zero le loro stesse azioni producendo enormi guadagni borsistici che sono tuttavia inesistenti nel mondo reale, puro illusionismo.

A questo quadro generale si devono le reazioni di panico spropositato dell’altro giorno perché quando si viaggia sull’orlo del precipizio, qualsiasi piccolo inciampo è fonte di angoscia e di paura incontrollabili a botta calda.  Non sarà questo piccolo incidente che affonderà definitivamente le borse, anche per l’assoluta modestia dei fatti che hanno provocato lo scivolone, ma restituisce molto bene l’idea di un’economia finanziaria che vive sul filo del rasoio, in un equilibrio instabile e fragile che può dissolversi facilmente in una nuova crisi epocale. Ma ancor meglio rende l’idea di come questo tipo di presunta crescita è nemica giurata del lavoro, dei suoi diritti e di quella che chiamiamo società civile: le crescite borsistiche vengono spacciate da un’informazione incapace di informare prima di tutto se stessa come crescita, ma in realtà sono soltanto l’indice della disuguaglianza tra i padroni del denaro e il mondo del lavoro.

Del resto come sarebbe possibile avere un’informazione decente quando Richard Thaler, nobel dell’economia nel 2017  getta a mare la teoria dei comportamenti razionali, base ontologica e teologica del pensiero economico fin dalla sua nascita, per dire che le scelte individuali non sono classificabili e che dunque il sistema si regge sulla capacità dell’elite di convincere le persone a fare la cosa giusta, ovvero quello che fa gli interessi della classe dominante sia economica che politica, facendola apparire come semplice e facile. Tutto questo va sotto il nome di Nudge, ovvero spintarella e si nutre di propaganda, di menzogna, di omissioni, di superficialità, ma soprattutto di falsi sillogismi che, proprio per la loro grossolanità e apparente raziopnalità hanno probabilità di diffondersi e diventare verità nella retorica del discorso pubblico, Un esempio potrebbe essere la famigerata guerfra generazionale, che esaminata attentamente appare priva di qualsiasi senso, ma che intanto è servita a tagliare le pensioni.

Un’altra è appunto l’idea che i record borsistici abbiano qualcosa a che vedere con l’economia reale in modo da cancellare la contraddizione evidente tra il peggioramento delle condizioni dei più e i record delle varie piazze affari e nascondendo il fatto che proprio l’impoverimento progressivo e generale è il motore dei successi finanziari. Un altro esempio, seppure più tradizionale e in stretta cuginanza con l’impostura pura e semplice, è il tentativo dell’informazione mainstream di confondere le acque sul Russiagate ribaltando completamente i dati di realtà, vale a dire il fatto che gli spioni i quali hanno fabbricato su ordinazione un caso inesistente sono stati colti con le mani nella marmellata. Gioco che diventa facile se si è già affermata una retorica pubblica che dà il Russiagate per qualcosa di vero e consistente, privo di domande e dubbi da pura bufala che è.

Comunque sia questi inciampi se non sono certo decisivi annunciano che il terreno su cui sono state costruite queste bolle è diventato quanto mai cedevole e che tra un po’ le spintarelle non basteranno più a sostenere logiche così disuguali,