Anna Lombroso per il Simplicissimus
Il partito unico è ormai sempre più “unico”. Per comune ideologia – ammesso che si possa chiamare così la subalternità a una cupola di interessi criminali, che non si preoccupa nemmeno più di coprirsi dietro gli slogan e la propaganda delle antiche promesse in risposta a aspettative che suonano ormai arcaiche per la fine dei miti del progresso, dello sviluppo, delle garanzie. E “unico” anche per la convinzione condivisa che solo quell’assoggettamento può assicurare la tutela e la durata di quelle posizioni che danno certezza di conservare rendite, privilegi, beni immeritati, impunità.
Oggi il partito unico è anche “unito”, come non mai. Contro un nemico comune che, grazie al ricorso concorde al sociologicamente corretto e all’eufemismo di regime, sentiamo chiamare populismo, ma che altro non è che la superstite forma di risentimento e critica dal parte del popolo in opposizione a abusi, prevaricazioni, ricatti, disuguaglianze. È buffo ma ormai questo sentiment di ripulsa schifiltosa che serpeggia trasversalmente, accomuna in una opaca unitarietà i partiti tradizionali e pure i movimenti che da pochi anni di sono affacciati sullo scenario “parlamentare” a conferma che la strada del potere mai riesce ad essere virtuosa e di sovente fa dimenticare origini e intenti, vicinanza con la gente e volontà di esercitare una politica della vita in contrapposizione a quella di dominio.
E vediamo prendere le distanze da effervescenze volgari e plebee, da concitazioni irrazionali e disordinatamente tumultuose anche quelli che grazie al sobbollire di quel “lievito” di malcontento si sono portati a casa voti e consenso.
Ma anche quelli che con volonterosa generosità sono scesi in lizza con l’aspirazione di dare forma a un organismo vivo che riproponga le istanze della sinistra, pare siano affetti da quell’antico complesso di superiorità che consisteva nella rivendicazione di una diversità orgogliosa, quella cui una signora (Hannah Arendt) che se ne intendeva di avanguardie schizzinose e di poteri totalitari si riferì con una frase efficace: avanguardie ed élite di chi è pronto a morire per il popolo e gli sfruttati, a mettersi alla loro testa, ma non a camminargli a fianco. E infatti abbiamo potuto leggere un’esponente di Potere al Popolo sottolineare come il giovane movimento stia con il popolo, appunto, ma non con i populismi, veri spauracchi per tutti. Va a capire cosa si intenda per populisti. Che se fossero quelli dalla Brexit, il loro messaggio non dovrebbe essere troppo criticabile rispetto a uno dei cardini del programma elettorale di Potere al Popolo che parla di liberarsi dai vincoli degli strozzini comunitari. Che se fossero gli intemperanti risparmiatori truffati e per giunta accusati di aver peccato di avidità, non sono poi differenti da quelli che si battono contro lo strapotere della cupola finanziaria. E che se fossero quei gruppuscoli e comitatini (come li definì Renzi) che si battono per combattere espropriazioni e dissipazioni di risorse e beni comuni, dovrebbero essere proprio quelli a costituire una base comune di sostenitori e quindi elettori. Così come tutti dovrebbero essere invitati a guardare senza deplorazione e sdegnoso diniego a quei marginali delle periferie ridotti a far guerra a gente più disperata di loro, usati e manipolati per combattere crociate straccione come si addice a un popolo che dimentuca la cittadinanza per diventare marmaglia.
Il fatto è che nulla è più lontano dal mondo sognato da chi, prendendosela con gli eccessi e non con il sistema, si aspettava, qualcuno perfino in buona fede, che il riformismo potesse addomesticare il capitalismo, sapesse contenere la logica dello scambio mercantile, contrastare l’affermazione della reciprocità, l’arroccamento delle società le cui istituzioni restano sempre uguali a se stesse, la stagnazione che si combina con il moto incessante e disordinato della concorrenza sleale, dell’innovazione tecnologica di prodotti a scopi bellici e celibi o almeno futili, della competizione individuale. Quella competizione grazie alla quale il successo degli uni comporta la perdita degli altri: i primi, i vincenti, pochi e sempre meno, i secondi, i perdenti, troppi e sempre di più, sconfitti e risentiti come è inevitabile accada nelle geografie di un impero dove sono evaporati gli stati nazionali sovrani, retrocessi a interfaccia identificabile, colpevole di sopraffazione, ruberie, clientelismo, corruzione, che governa il mondo grazie a una struttura unica di potere che si serve di governi e parlamenti di impiegati a libro paga – coi soldi nostri – di organismi sovra e transnazionali, senza limiti spaziali o territoriali, lasciando le diatribe sui confini ai suoi marescialli e caporali perché si trastullino convinti di comandare, mentre le guerre, quelle vere, sono anch’esse diffuse e indirizzate a spostare popolazioni di vittime e schiavi secondo l’interesse del nuovo totalitarismo.
Tanti, quasi tutti, ci sentiamo nelle file di quel popolo di perdenti, che non vede nessun politico che ne testimoni e rappresenti bisogni, aspettative e speranze, che non è più disposto a credere in qualcuno che lungi dal salvarci, ci condurrà al peggio più lentamente, che non si fa persuadere dai miti di liberalizzazione, deregolarizzazione, privatizzazione e mobilità, che hanno prodotto un irreversibile incremento di disuguaglianze.
Eppure quelle disuguaglianze un effetto lo hanno avuto: un tempo per popolo di intendevano gli strati bassi puntando sulle differenze viste come fonte di conflitti. Se fosse così un risultato l’abbiamo ottenuto: adesso siamo tutti popolo, ceto medio e gente di periferia, precari, disoccupati e ex garantiti, donne, uomini, giovani, cinquantenni e più, quelli delle campagne e quelli delle fabbriche, tutti siamo stati depredati di beni, servizi, diritti, garanzie e prerogative, per tutti i sentimenti prevalenti sono incertezza, frustrazione, preoccupazione e paura.
Non sono passioni felici, ma sono passioni alle quali guardare senza condanna. Non abbiamo saputo rispondere quando eravamo “proletari” all’appello di unirci, non ci resta che provarci oggi che ci hanno tolto anche quella speranze di dare un monto migliore alla prole, diventata anche quella un lusso. Non tutto quello che è difficile deve per forza essere impossibile.
Non e’ necessario scomodare la sionistissima Hannah Arendt per esprimere un concetto eccellentemente esposto dal Manzoni nel capitolo 38 dei Promessi Sposi. Quando, quasi a compenso delle malvagità di Don Rodrigo, passato a miglior vita, il marchese suo zio invita a pranzo Renzo, Lucia, Agnese e addirittura li serve a tavola.
“…Il marchese fece loro una gran festa. Li condusse in un bel tinello, mise a tavola gli sposi, con Agnese e la mercantessa; e prima di ritirarsi a pranzare altrove con Don Abbondio, volle star li’ un poco a far compagnia agli invitati, e aiutò anzi a servirli. A nessuno verrà, spero, in testa di dire che sarebbe stata cosa piu’ semplice fare addirittura una tavola sola. Ve l’ho dato per un brav’uomo, ma non per un originale, come si direbbe ora; v’ho detto che era umile, non gia’ che fosse un portento d’umiltà. Ne aveva quanta ne bisognava per mettersi al di sotto di quella buona gente, ma non per istar loro in pari.”
… Anche perchè il sionismo predica (e pratica) l’asservimento del mondo alla razza eletta – stile Israele con i palestinesi, siriani, iracheni etc. Vedi la testata abbastanza recente del sionistissimo New York Times, “The Jewish Takeover of America.”
Senza contare la transumanza biblica dal terzo mondo in Europa (e America), promossa, finanziata e sponsorizzata dalla cabala giudaica e dal cossidetto “marxismo-culturale,” altrettanto di matrice giudaica (Marcuse & C.)
Quindi il sionismo e’ perlomeno uno strano pulpito da cui viene la predica.
disuguaglianza,non solo in itaGlia, ma, nel mondo:
” conferma che la strada del potere mai riesce ad essere virtuosa e di sovente fa dimenticare origini e intenti, vicinanza con la gente e volontà di esercitare una politica della vita in contrapposizione a quella di dominio.”
Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d’obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni.
F. De André
Il populismo è tante cose, proprio per questo va preso con le pinze, ed accolto solo nelle sue istanze progressive. Hanno tentato il populismo anche le classi dirigenti, scagliandosi contro i “garantiti” e cercando di issare contro di questi i più giovani ed esclusi, nell’intento di togliere a tutti le garanzie anche minime, Potere al Popolo segna proprio una presa di coscienza dei più giovani rivolta a rifiutare lo scontro generazionale, ed a partire da se stessi aggregare gli avanzi di quella sinistra che li aveva usati come agnello sacrificale per mantenere qualche garanzia non solo contrattuale agli anziani. Potere al popolo nasce infatti dalle esperienze di antagonismo dei centri sociali napoletani, che hanno poi portato la loro proposta in tutta italia, se mai c’e da diffidare delle vecchie organizzazioni partitiche che si sono nascoste dietro Ingroia, Tsipras, poi la Catalogna, per chiedere consenso senza organizzare la protesta delle classi subalterne, nel chiaro intento di mantenere qualche poltrona ben remunerata, infatti poi dormono finita la scadenza elettorale per non mettere a rischio i loro agi . Storicamente è populismo quello russo, progressivo rispetto alle istanze dei contadini, il 99% della popolazione russa di allora, ed è populismo quello coevo americano, legato al mito della frontiera, il self-made man che rifiuta la socializzazione di qualunque attività perchè mira a scaricare i costi del piccolo è bello su neri donne e minoranza varie. Oggi in italia è populismo quello dell’imprenditore troppo piccolo che vuole sopravvivere sfruttando precari ed immigrati, e poi si lamenta se la banca non gli fa quel credito che poi sarebbe inesigibiile ed il cui costo sarebbe scaricato su tutti noi, ed è populismo quello delle grandi banche che usano questa situazione per giustificare le proprie speculazioni senza rapporto col benessere collettivo, fingendo che la internazionalizzazione porti di per se benessere e definendo rozzo e tribale il popolo che a ragione non è d’accordo. Ed populismo quello dei 5 stelle che non vogliono scontentare nessuna parte della popolazione e che quindi non potranno che tradire gli interessi dei più deboli, si guardano bene dal dire che secondo l’ultimo rapporto Oxfarm in Italia il terzo più ricco della popolazione italiana ha concentrato a sè la quasi totalità della notevolissima ricchezza prodotta in italia a partire dalla fine degli anni 80, il neoliberismo crea una polarizzazione che è di classe, se te la prendi solo con Bruxelles o con i vertici delle banche quel terzo della popolazione beneficiato resterà libero di affossare ogni riforma progressiva come abbiamo visto per Tsipras in Grecia e vedremo in Italia se dovessero andare al governo i 5 stelle. Rientra oggi nel populismo il popolo che critica in maniera seria i limiti della economia di mercato, e solo rispetto a questo settore si può accettare la difesa del populismo che fa il blog, ma non si può criticare l’esponente di potere al popolo che si distanzia da tanti altri perversi populismi. Potere al Popolo pone la questione di classe senza annegarla in una comunanza di interessi che riguarderebbe tutta la popolazione ad esclusione solo di Bruxelles e dei CdA delle banche, solo se si mette all’indice anche il nemico interno , il terzo della popolazione che ha sottratto ricchezza a tutti gli altri a partire dai primi anni 90, allora é serio criticare, come è giusto e doveroso, banche e Bruxelles. Lo affermo io che ho quasi nessuna speranza di vedere Potere al Popolo indenne e non neutralizzato da tanti compagni di strada interessati, ma la presa di posizione del blog contro potere al popolo equivale a sparare contro la croce rossa, invece di salvarne almeno le giuste istanze. Il neoliberismo ha in Italia come ovunque i suoi alleati interni, coloro che hanno grandi quantità di obbligazioni delle banche, in genere la grande borghesia delle professioni, dell’intermediazione statale nell’economia, imprenditori piccoli e grandi e le loro estese clientele , i Berlusconi ma anche i De Benedetti, costui ha distrutto nell’ordine la Cir, la Olivetti, la Sorgenia salvata poi da MPs con aggravio da tutti noi riuscendo perfino a riservarsi di incamerare tutte le plusvalenze future di Sorgenia dopo il suo salvataggio da parte di Mps. Appunto, il 30% degli italiani, il che trova una corrispondenza nella analisi politica di classe che fa Potere al Popolo, Lo colpiamo questo 30% o lo salvaguardiamo scaricando sempre tutto sull’ infantilismo mentale del popolo americano e sui tecnocrati di Bruxell ?
Pardon, AnonimA
“scagliandosi contro i “garantiti” e cercando di issare contro di questi i più giovani ed esclusi”
In realtà una parte di più garantiti che bazzicavano le corti dell’oligarchia (il 30% ca. degli italiani più ricchi e sostanziali rentier…) privilegiata che Lei cita , ci sono stati…quando sono state introdotte discriminazioni contrattuali penalizzanti le giovani generazioni già a partire dalla fine degli anni ’90, questi garantiti se ne sono fregati delle penalizzazioni subite dai giovani di allora… fino ad arrivare alla precarizzazione del lavoro attuale , che, RICORDIAMOLO, colpisce soprattutto le fascie sociali più deboli
( un figlio di papà ha sempre paparino che gli para i deretano, per dire…).