imageIn altri tempi sarebbe stato inammissibile, ma oggi è praticamente normale: il fallimento e la liquidazione della società britannica Carillion, ha avuto pochissima eco nonostante essa sia anzi era la seconda impresa inglese nel campo delle costruzioni e dell’ingegneria civile oltre che una delle primissime del Regno Unito in termini assoluti. Il fatto è però che non si tratta solo del crollo di una multinazionale che già di per sé rischia di spazzare via 43 mila posti di lavoro, ma di una sorta di presidio e di altare votivo del sistema neo liberista il cui disastro cala come un anatema su alcuni articoli di fede della reazione globale: Carillion che aveva come motto “fai del futuro un posto migliore” non facendosi mancare un robusto bagno di idiozia verbale,  era nata infatti nel penultimo anno del secolo scorso, sul terreno ideale del thathcerismo, ma su spinta definitiva di Blair, come bastione ed emblema della Private Finance Iniziative (Pfi) , ossia di quella pseudo teoria secondo cui secondo cui il settore privato è sempre più efficiente rispetto a quello pubblico. Si trattava dunque di creare una sorta di collettore che sostituisse lo stato nelle sue funzioni più vitali attraverso la raccolta di fondi privati, rendendo per giunta questo meccanismo di fatto obbligatorio.

Non ci vuole un genio a comprendere che il capitale privato va remunerato e la tanto vantata efficienza deve trovare spazio per un’intera filiera di profitti a breve e medio termine per non parlare delle remunerazioni eccezionalmente alte che comporta l’organigramma delle società votate ad essere intermediarie in questo compito. Che dunque, specialmente nel campo dei servizi universali, l’efficienza rispetto al pubblico può essere trovata solo a grave detrimento della qualità e/o dei salari e nel trasferimento dei rischio, casomai le cose vadano male, sullo stato e sulle sue articolazioni che sono il committente primo oltreché sui cittadini che si trovano alle prese con servizi e infrastrutture costose, inefficienti o inesistenti visto che prima di ogni cosa viene il pagamento dei privati. Qui si potrebbe anche parlare del calcolo del rischio che è praticamente quasi impossibile in termini rigorosi, ma invece di inerpicarsi su sentieri teorici, è mostrare qualche esempio concreto di come ha funzionato questo sistema in relazione alla sola Carillion:

  • Fallimento nella gestione della sicurezza per le Olimpiadi per cui lo stato ha dovuto sobbarcarsi una spesa di un  miliardo di sterline, mobilitando l’esercito per la bisogna. Senza contare lo sfratto di migliaia di persone dalle loro abitazioni per ragioni di speculazione post olimpica, tutta gente che ancora oggi vive accampata, mentre il grande bussiness langue.
  • Fallimento nella distribuzione dei pasti nelle scuole che devono essere portati dai vigili del fuoco.
  • Due ospedali di urgente necessità, il Midland Metropolitan e il Royal Liverpool, costruiti solo a metà e rimasti come scheletri di cemento non diversamente da certe immagini che vediamo nel Sud Italia,
  • Aumento sporpositato delle spese ospedaliere pur in presenza di un accurato studio sul British medical Journal ( qui )secondo cui ogni schema ospedaliero potrebbe essere attuato molto più economicamente con fondi pubblici.
  • La crisi dell’igiene alimentare al Great Western Hospital di Swindon che ha creato uno scandalo enorme e le incredibili carenze nella clinica Surgicentre nell’Hertfordshire.
  • Crisi in tutto il settore ospedaliero  con sale operatorie inondate dalle fognature , interruzioni di corrente che costretto gli infermieri a ventilare i pazienti con sistemi a mano.
  • Oltre 500 edifici scolastici che cadono a pezzi o con gravissime carenze strutturali.
  • Tre autostrade in costruzione da anni e che ora rimarranno ferme per altrettanto tempo
  • Quasi 450 contratti  fra Carillion e lo stato per decine di miliardi, che devono essere completamente riveduti o che andranno in fumo.
  • Crisi di ogni servizio essenziale affidato alla multinazionale dalle carceri, alle ferrovie, alla gestione degli acquedotti.

Questo il risultato prima della vita e poi del crollo di una sola società del Private finance che in realtà investiva altrove, dove capitava e non sempre in maniera legale. Ma la vicenda ha poco vedere con opachi flussi di cassa e magari con qualche ruberia da cui peraltro non sono stati esenti anche altre aziende che fanno da collettore fra stato e servizi o infrastrutture come Gkn, Bt Tesco, G4S, Serco o Learndirect una società di formazione che si è scoperto fornire preparazione inadeguata: è proprio  l’intero sistema che non ha funzionato a partire dalle sue premesse fino ai suoi risultati. E infatti ora è sotto accusa proprio il modello in generale, il dogma delle privatizzazioni. Oltre l’80% per cento dei cittadini inglesi chiede la rinazionalizzazione delle aziende di pubblica utilità e alcuni degli aedi di questo sistema scoprono ora che: ” esiste una cultura, importata dagli Stati Uniti e legittimata dalle dominanti teorie del libero mercato degli anni ’70 e ’80, secondo cui l’unico scopo di un’azienda è di fare più soldi possibile il più rapidamente possibile”.  Ma guarda un po’ e quale sarebbe invece lo scopo al di fuori di questo? Non si sa bene, Milton Friedman dice che un’azienda “può fare molti soldi, ma solo se offre un bene economico e sociale”. Rifletteteci bene e capirete che in realtà questa sorta di pensierino compassionevole è solo un vaniloquio o una minaccia incombente se si tratta di servizi universali e di base: di solito infatti è il capitale stesso che determina l’utilità generale  in base al profitto particolare oppure sfrutta la necessità.

Spero solo che in un prossimo futuro questo sciocchezzaio nel quale siamo vissuti finisca dove merita, magari al suono di un carillon.