merkel-angela-juncker-jean-claude--324x230Non si brinda mai tanto quanto nelle occasioni che hanno bisogno di scongiuri e di segni apotropaici per richiamare l’attenzione della fortuna o cercare di invertire la fuga. Non si sa quanti brindisi furono fatti negli stati maggiori tedeschi dopo aver fermato per poco tempo le armte sovietiche sulla Vistola o per aver sbaragliato la gigantesca operazione market garden più o meno nello stesso periodo. E oggi si brinda a Bonn, brinda naturalmente anche Juncker che pure non ha bisogno di occasioni speciali per farlo, alla notizia che l’assemblea dei socialdemocratici tedeschi ha approvato con 362 voti contro 279 l’avvio di negoziati per rifare una coalizione con la Cdu della Merkel.

Ora bisogna chiedersi se sia davvero “Un’ottima notizia per un’Europa più unita, forte e democratica” come dice il presidente della commissione Ue o si tratti invece del segnale di una debolezza tale da far considerare salvifico per la Ue, la problematica riproposizione di un’alleanza che ha fatto il suo tempo e che appare come l’ultima spiaggia piuttosto che come un punto di inizio. Di certo c’è il fatto che non si vedono più le condizioni per una riedizione della grande coalizione che comunque nascerebbe su una spaccatura a metà dei socialdemocratici e su numeri molto diversi dal passato visto che l’alleanza non rappresenta più come prima quasi il 70% dell’elettorato, ma una percentuale appena superiore ala 50. Si tratta insomma soltanto di una pezza a colore messa su un situazione magmatica che non ha visto soltanto l’affermazione dell’Afd, ma anche la resurrezione dei Liberali e soprattutto la spaccatura del Paese in due parti. Se infatti si va a vedere il voto nei Land appartenenti alla ex Ddr, e nei quartieri della vecchia Berlino est, la situazione è così differente dal  quadro generale che sembra di stare in uno stato completamente diverso: la Cdu di Merkel rimane in testa, ma con il 27, 6 per cento, l’Afd è seconda con il 22,9 (in Sassonia è addirittura il primo partito), terza con il 17,4 per cento è il la Linke, ossia il partito più a sinistra dello schieramento politico, la Spd ottiene un misero 14,3% , mentre i verdi non raggiungono a malapena il 5 per cento. Insomma esiste un orientamento politico tutt’affatto diverso da quello dell’Ovest oltre ad esserci la maggior percentuale di precarietà. Proprio questa polarità, aggiunta  al declino della Cdu nella sua terra promessa, ovvero la Baviera, alla sconfitta diretta della cancelliera nella sua circoscrizione e alla inedita frammentazione del quadro politico con sette partiti in Parlamento al posto dei tre o al massimo quattro cambia molte cose e testimonia l’inizio di un cambiamento profondo di orientamenti.

Lo sviluppo abnorme della precarietà testimoniata dalla moltiplicazione dei minijob, ovvero di lavori pagati dai meno di 500 euro al mese che non consentono di vivere, così come l’adesione europea alla geopolitica americana che rischia di sottrarre alla Germania il suo retroterra di risorse e di mercato costituito dalla Russia e attraverso di essa dall’Asia, sta creando insofferenza e diffidenza da ogni parte, anche se in maniera talmente confusa da non creare una forza politica definita. Di certo quando il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, con la faccia di tolla che solo i capitalisti sanno avere, accusa “l’immigrazione da altri stati membri della Ue” di essere essere responsabile dei bassi salari tedeschi e se da sinistra si accusa Draghi di essere al contempo presidente della Bce, ma anche di organismi che agiscono da lobby di interessi finanziari nei confronti della banche centrali, come il Gruppo dei Trenta, del quale fanno parte banche sotto la supervisione diretta della medesima Bce, ci si rende perfettamente conto di come siano del tutto fuori luogo i brindisi di Juncker.

Cercare di nascondere gli effetti deleteri che l’oligarchismo della Ue con il suo credo ultra liberista ha avuto in tutti i Paesi del continente e persino nel suo motore principale, ovvero la Germania, è come cercare di coprire le nudità con una foglia di fico. Cosa impossibile perché trent’anni di lotta di classe alla rovescia condotta a suon di moneta unica non hanno fatto dell’Europa un continente più unito, ma anzi lo hanno impoverito, hanno spaventosamente aumentato le disuguaglianze, lo hanno totalmente marginalizzato nell’immaginario planetario e paradossalmente spinto vero una riedizione dei nazionalismi proprio grazie alle rapine di sovranità per poter meglio imporre lo spirito e le pratiche reazionarie delle elites.

Semmai si farà la nuova coalizione tedesca, assediata dalle opposizioni e dalle dissidenze interne non sarà una muraglia contro il peggio che avanza, ma una parete in cartongesso: dunque conviene brindare perché almeno si potrà contare sugli effetti dell’alcool.