cortocircuito_NG2Il cortocircuito è il destino praticamentei certo degli elettricisti fai da te, ma quasi sempre lo choc  che ne deriva è una salutare lezione che invita o a essere dei bricoleur migliori e più consapevoli dei loro limiti oppure a chiamare un tecnico. Perciò oggi mi dedico a creare un cortocircuito tra linee di corrente che apparentemente non c’entrano nulla l’una con l’altra, ma che unite producono scintille e fanno saltare l’ interruttore del salvavita. Perché se qualcuno ancora non lo ha capito questo Paese in stato preagonico ne ha urgentemente bisogno. Prendiamo la prima fase di corrente: entro in una farmacia e sento due signore non anziane, sui cinquanta, di cui una con l’aspetto tipico della prof, discutere con il commesso sul fatto che l’influenza è portata dagli immigrati africani.

Ovviamente non pretendo che si sia appassionati di medicina e di storia al punto da sapere che l’influenza è praticamente sconosciuta nel continente nero e che anzi si tratta di una malattia endemica dell’Europa: lungi dal nostro piccolo mondo pensare che siamo stati a noi a portarla altrove, a volte sterminando intere popolazioni, come è accaduto nelle Americhe. Ma insomma cancellare dai ricordi anche esistenziali il fatto che l’influenza ci fosse e spesso in maniera grave ben prima del fenomeno immigratorio è un’affascinante testimonianza di come la memoria sia plasmabile e che quando un meme forma un circuito automatico in una mente cresce fino ad occupare ogni anfratto dei neuroni. E’ anche difficile comprendere come si sia arrivati a considerare l’immigrazione come vaso di Pandora di tutti i mali e soprattutto quali forze e perché abbiano lavorato per riempire la pancia di questo fagiolame.

Seconda fase successiva di qualche giorno e avvenuta altrove: l’esercente di un negozio nella città più turistica del mondo in rapporto ai suoi abitanti, quella che sorge in mezzo alle acque, ha difficolta dentro il negozio a prendere la linea con il suo costoso smartphone. Vede che io invece, con lo stesso gestore parlo tranquillamente e mi chiede quale meraviglia possegga: le rivelo che è un telefonino cinese comprato a un prezzo tre volte inferiore a quelli di tipo comparabile, ma di una marca notoriamente all’avanguardia almeno per chi ha minimi interessi tecnologici: la differenza di prezzo è dovuta al fatto che tale azienda non opera direttamente sul mercato italiano, quindi bisogna necessariamente compralo in Asia a prezzi asiatici e senza i soliti accordi di cartello fra concorrenti. La signora rimane interdetta e dice che lei ha comprato un Samsung perché si fida solo dei prodotti occidentali. Chissà da dove arriva il nome Samsung  forse dalla Slovacchia o dalla Lituania o da qualche altra landa sarmatica? Chissà, ma ecco una variante dello stesso meme di prima all’opera in un’ altra area della mente.

Tutto questo fa parte del polo negativo e ora viene quello positivo che tuttavia si trova molto lontano da un Paese che serve il popolo purché che non sia il proprio visto che per i poveri di spirito globalismo e internazionalismo sono la stessa cosa. E viene nientemeno che dall’  Institute of International Education che fa parte del Mit di Boston: si fa sapere che la Cina con le sue scuole di eccellenza ha superato la Gran Bretagna come meta di prestigio per gli studenti di tutto il mondo e si appresta a superare gli Stati Uniti. Del resto gli Usa solo in un anno e mezzo hanno perso circa 440 mila tra tecnici, docenti universitari e ricercatori che sono tornati in Cina, il che la dice molto lunga su due fatti: la ridislocazione di potere, di economia, ma anche di immaginario nel mondo e il sostanziale fallimento di un modello scolastico elitario e selezionato su base reddituale che noi vogliamo imitare a tutti i costi. Una imitazione più grave, più stupida e più servile di quanto non appaia visto che da decenni questo sistema di sapere è stato accusato  di tendere sostanzialmente alla formazione di elites di censo e di avere molti problemi a sostenere la sfida mondiale, reggendosi attraverso l’importazione massiccia di cervelli, attirati da un’eccellenza che in realtà erano loro stessi a decretare.

Bene abbiamo chiuso il circuito e abbiamo preso la scossa. Ma chissà se potrà servire a superare la pervasiva inoculazione anglofila e neoliberista che ci rinchiude in un modo immaginario sempre più piccolo proprio quando pensavamo di averlo allargato così tanto da perdercisi dentro.