Homepage_Icon_StudyAbroadDapprincipio era World: la tumultuosa e tracotante formazione dell’impero americano avvenuta in parte in proprio e in parte risucchiando quello inglese, portò dopo la guerra civile e fino alla seconda guerra mondiale a un’ esplosione dell’aggettivo “mondiale”: il più grande, il più alto, il più grosso e il più importante del mondo erano moneta corrente nell’autocelebrazione statunitense che piano piano portarono a definire mondiali anche eventi che riguardavano solo gli Usa o poco più: lo stampo è quello delle Word series di baseball che tuttavia avevano analoghi un po’ in ogni campo e persino nel poker. Dopo il conflitto salvo qualche eccezione si provò ad allargare l’espressione anche alle nuove colonie, ma ben presto l’incombere della guerra fredda e la necessità di dissimulare la profondità e l’ampiezza della dipendeza portarono ad adottare in maniera massiccia la parola international fino ad allora non molto usata in ambito anglosassone, benché fosse stata coniata da Bentham e poi trasferita nelle lingue continentali attraverso il francese e Napoleone.

Del resto si trattava di una lemma da prendere con le pinze perché non va dimenticato che la “nazione” stessa nella prima metà dell’Ottocento era una bestia nera per i poteri dinastici, ancora forti e fu davvero sdoganata, con tutta la sua aura d’importanza  quando questi poteri dovettero presentarsi come nazionali per sopravvivere. Ad ogni modo nel secondo dopo guerra la parola fu una vera miniera d’oro per diversi motivi: da una parte permetteva una certa confusione memica con l’internazionalismo proclamato del blocco sovietico e persino con il suo inno ufficiale, dall’altro si applicava rigorosamente e solo ai paesi che non facevano parte del cosiddetto blocco comunista cercando di sottolineare una pluralità che nella realtà era pressoché inesistente. Di fatto tutto ciò che era national prima del conflitto fu trasformato in international dopo, salvo ciò che rifuardava i serzi segreti e le forze armate. La cosa divenne conclamata durante la guerra di Corea dove al blocco comunista non meglio specificato (un modo anche per eliminare l’esistenza stessa e la legittimità di una Corea del Nord) si contrapponeva la spedizione internazionale guidata agli Usa. Sebbene sia stato un reggimento turco a sacrificarsi per impedire l’accerchiamento finale dei marines ad opera delle truppe cinesi, questa spedizione era internazionale solo proforma visto che la quasi totalità dei mezzi e degli uomini era statunitense. Era in un certo senso un’inversione di logica rispetto agli usi dell’impero britannico ( vedi nota), ma sta di fatto che international cominciò ad essere utilizzato come sostitutivo di a guida americana e controllo americano che trova la sua massima espressione nel Fondo monetario internazionale, riferimento davvero insensato in un contesto dove il dollaro è la moneta di riferimento. Con il passare del tempo e con la crisi dell’Urss la parola ha perso qualsiasi connotato ideologico o funzionale ed è passata semplicemente a rappresentare una realpolitk esclusivamente basata sul presupposto teologico dell’eccezionalità.

A parte i marchi industriali o commerciali del successivo boom europeo, tutte le organizzazioni di qualsiasi settore che prevedevano, quanto meno a livello ideale,  un’effettiva partecipazione multilaterale di stati, a cominciare dall’Onu e dalle sue organizzazioni specifiche, non hanno international nella loro intestazione, mentre essa è presente quasi sempre in organismi, testate, enti, uffici, organizzazioni, fondazioni, circoli, strutture che ricadano sotto il controllo palese o occulto di Washington e/o delle sue promanazioni o ancora del suo immaginario e del suo modello. Di fatto oggi anche le espressioni più comuni dell’essere internazionale usate in occidente si riferiscono al modello standard e omologato americano. Tutte le volte che lo vedete sappiate che non c’è nulla di così poco internazionale come international.

Nota Gli inglesi hanno raramente combattuto con proprie truppe di terra  prediligendo mercenari assoldati di solito nell’Europa centrale e in Scandinavia. Non è raro il caso di campagne intestate all’Inghilterra, ma raramente combattute da truppe britanniche numericamente consistenti compresa la guerra d’indipendenza degli Stati Uniti. Persino in tempi più recenti, quello delle due guerre mondiali l’apporto in termini di truppe di terra è stato relativamente ridotto rispetto alle altre forze in campo. Una tra queste vicende che ci riguarda da vicino è la guerra di Crimea, della quale sappiamo fin dalle elementari ( o quanto meno sapevamo al tempo in cui c’era la scuola) visto che il Regno di Sardegna di Cavour decise di parteciparvi inviando un “piccolo” contingente di 12 mila uomini. Questo lascia intendere che Inghilterra e Francia che si erano alleate alla Turchia contro la Russia avessero chissà quanti uomini sul campo: Il fatto è però che la Gran Bretagna  – al netto delle leggende sulla carica dei Seicento in cui perirono 118 uomini – nella guerra di Crimea non impiegò mai più di 5000 uomini, ossia meno della metà dei piemontesi e cinque volte meno dei francesi, esclusi ovviamente gli equipaggi delle navi, nonostante fosse stata la promotrice del conflitto contro la Russia e l’unica a trarne un consistente vantaggio.