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La guerra di Polonia, pretesti e ragioni reali

polexit-2Da qualche settimana in Europa è esplosa la questione polacca, segnale di una fragilità terminale della Ue: da una parte si accusa il governo di Varsavia di aver varato alcune leggi che ledono l’indipendenza del sistema giudiziario con annessa minaccia di sanzioni che potrebbero arrivare anche al ritiro del diritto di voto in molte assemblee, nel caso non si facesse un passo indietro, dall’altra- ovvero quella polacca – si respinge questa intromissione negli affari interni del Paese e si minaccia di uscire dall’unione facendo intendere che ormai i vantaggi dell’entrata nella Ue si sono esauriti e restano solo i legacci. Insomma per la prima volta si scontrano i principi di sovranità e il disprezzo dei medesimi da parte delle oligarchie continentali che li vedono come gli ultimi ostacoli verso l’affermazione di una società basata sul profitto e sulla disuguaglianza.

Il problema, la radice dello scontro. è alla fine proprio questo perché la questione specifica della magistratura polacca è in gran parte di lana caprina, un pretesto per chiarire molto bene, in un momento di grande incertezza per l’Unione, che i governi e i Parlamenti non devono rispondere ai popoli che li hanno eletti, ma principalmente agli ordini sovranazionali. E lo si vede subito esaminando i punti principali della contestata riforma che violerebbe i valori europei sulla quale tutti gli agit prop del neoliberismo post democratico stanno giocando sporco approfittando del fatto che spesso le persone di accontentano di notizie sommarie, di suggestioni e di suggerimenti che non osano contestare:  in sostanza si tratta di una riforma del Consiglio nazionale della magistratura, l’organo di autogoverno dei giudici, un terzo dei cui membri dovrebbero essere deletti eletti dal Parlamento. Inoltre il consiglio  dovrebbe valutare le candidature dei magistrati, stilare regole etiche, e chiedere alla Corte costituzionale opinioni sulla costituzionalità delle leggi.

Non c’è alcun dubbio che l’autonomia della magistratura venga gravemente limitata con questo collegamento tra il potere giudiziario a quello esecutivo, cosa che viola una delle regole fondamentali della democrazia. Peccato però che queste regole siano disattese praticamente anche in tutto il resto del continente che si finge scandalizzato dal momento ché di fatto solo l’Italia ha una struttura del potere giudiziario che si avvicina, sia pure teoricamente all’ideale di separazione, visto che i pubblici ministeri, nonostante i tentativi polacchi di Berlusconi godono di ampia autonomia di movimento. Certo, l’organo di autoverno dei giudici, ovvero il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dall’inquilino del Quirinale ed per un terzo è eletto dal parlamento, con un meccanismo che ricalca quello polacco. In Francia invece l’ analogo del Csm è un organo ausiliario della presidenza della Repubblica, mentre i pm sono agli ordini del ministero degli interni che indica loro quali inchieste fare e quali no. In Germania non esiste nemmeno un organo di autoverno dei magistrati che vengono nominati direttamente dal minstero dell’Interno federale, mentre i provvedimenti discplinari che non riguardano eventuali reati comuni, possono essere addirittura richiesti direttamente dal Parlamento. In Gran Bretagna i giudici vengono nominati dal Lord Chancellor che a sua volta e’ nominato dal Primo Ministro, mentre la  funzione di magistratura suprema spetta alla House of Lords, che e’ composta principalmente di membri nominati dal governo. Per quanto riguarda i pubblici ministeri, invece, si pesca tra gli avvocati . I punti essenziali di questa struttura valgono per tutti i Paesi di common law come gli Usa dove tuttavia i pubblici accusatori anche qui estranei alla magistratura in senso stretto, sono legati a doppio filo con la politica dunque non sono in nessun modo parte neutrale o lontana dal potere esecutivo.

Detto questo qual’è lo strappo fatto dalla Polonia rispetto al resto dell’Europa? Forse quello di rassomigliare di più ai maggiori componenti della Ue? Oppure si tratta di una prova di forza che ha altre origini e altri obiettivi? Certo è strano che la Unione non abbia avuto la stessa reazione quando il presidente Lech Kaczynski alla fine del 99 firmò l’emendamento alla costituzione che introduce l’apologia di reato comunista, vietando e perseguendo penalmente produzione, diffusione  e possesso di simboli, propaganda e idee legate al comunismo, mentre il nazismo è in libera diffusione o quando, sempre lo stesso anno. lo stesso presidente rese obbligatoria oltre al carcere la castrazione chimica per chi abusa di minorenni al di sotto dei 15 anni di età anche consenzienti o quando poco più di un anno fa è stata introdotta una legge che restringe la libertà di riunione nei luoghi pubblici..

Infatti il problema è nato da quando questa deriva, peraltro non nuova nel Paese e mai ostacolata in alcun modo, anzi fomentate e fatte crescere proprio dalle insensate politiche di austerità, ha cominciato a toccare temi davvero sensibili per la Ue e non mi riferisco alle baruffe sull’immigrazione che vede la Polonia allineata a molti stati dell’Est, Ungheria e Repubblica Ceca in testa, ma al fatto che buona parte della destra polacca pensa che i dogmi del libero mercato, che hanno guidato la crescita dal 1989 e i cui proventi sono finiti all’estero o in pochissime tasche, vadano riconsiderati, che occorra rafforzare la presenza dello stato nell’economia e sviluppato il welfare. L’ allarme è cominciato a diffondersi quando sono stati concessi 120 euro a figlio come assegni familiari che è una bella cifra per un Paese dove i salari medi sono di 1000 euro. Evidentemente le condizioni reali delle persone erano tali da rendere questa mossa, assieme ad altre, necessaria per il mantenimento del consenso. Solo che essa è stata accompagnata da un rigetto quasi ufficiale delle tesi liberiste. Quando Bruxelles notò che provvedimento così genere avrebbero messo sotto pressione i conti pubblici: “Il Pil è solo un idolo delle élite economiche” disse Mateusz Morawiecki, quando era ministro dell’economia. poco prima di diventare presidente del consiglio.

E’ solo una frase fra le tante che possono essere portate a testimonianza di una guerriglia ormai aperta. Il fatto è che se si sviluppa il welfare addio gli enormi benefici finora goduti dalle aziende europee che hanno delocalizzato in Polonia e se questo per giunta avviene nell’ambito di una rivalutazione della sovranità, come aglio per i vampiri, apriti cielo, c’è il rischio che vengano rottamati  i progetti delle oligarchie europee. Questa democrazia a senso alternato messa da parte quando lede gli interessi economico finanziari e ripolverata ad hoc quando gli stessi lo richiedono ormai provoca la nausea, anche perché gli effetti deleteri sono visibili a chiunque: una rissa imbarbarita tra sciovinismi e oligarchia globalista, tutte cose che dovrebbero essere il passato e sono ahimè il futuro che vorrebbero servirci.

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