arton32685-ea204Non sanno proprio più che pesci pigliare perché chi mente è costretto a mentire sempre di più fino a che è costretto a divorziare da qualsiasi realtà e a calcare le tavole del cabaret, fingendo però di essere serio e scrupoloso. Cosi dopo la schiacciante vittoria alle elezioni comunali del feroce dittatore Maduro che si ostina a opprimere il popolo con le elezioni, la stampa occidentale e dai noi il quotidiano che usurpa lo stesso nome, è entrata in confusione lamentando il fatto che nel Paese l’opposizione “non ha più la forza di protestare”. Tuttavia in questo caso bisognava solo andare alle urne, ma evidentemente gravati dal peso delle armi, privi della forza delle sceneggiate, forse non abbastanza retribuiti non ce l’hanno fatta ad andare ai seggi nonostante questi fossero quasi 34 mila su 20 milioni scarsi aventi diritto al voto. Del resto in questa dittatura nella quale il popolo non ha voce in capitolo  in meno sei mesi si sono svolte tre elezioni che hanno coinvolto tutto il Paese prima per l’elezione della costituente, poi dei governatori e adesso dei sindaci. Si vede che votare stanca. Non è però il meglio di questo intruglio velenoso spacciato per informazione: la schiacciante vittoria di Maduro fa dedurre a Euronews, un qualcosa di simile a Voice of America durante gli anni della guerra fredda, che la “popolarità del presidente venezuelano è ai minimi storici”. 

Forse bisognerebbe costituire un pool di avvocati che di fronte a queste esecrabili considerazioni distribuite al popolo ne citi in giudizio gli autori per diffusione di notizie tendenziose e gravide di odio gratuito ancorché ben retribuito o forse c’è solo bisogno di interventi psichiatrici, perché a parte la modestia intellettuale di queste pezze a colore causate da una natura matrigna, il tasso di bugie supera ogni limite e sconfina nella paranoia associata a deliri allucinatori. Fatto sta  che il 10 dicembre scorso i partiti che fanno riferimento a Maduro hanno conquistato 308 comuni (Caracas compresa) e l’opposizione solo 25: una vittoria così schiacciante e peraltro certificata dagli osservatori internazionali ( Il processo di verifica dei cittadini è andato in modo normale e positivo. È stato riscontrato che “il numero di schede di carta introdotte nelle urne e  il numero di voti elettronici registrati dalle macchine coincidono al 100%” ), da non lasciare dubbi. Semmai gli avvelenatori di verità, invece di negare tutto e comunque come adulteri sopresi sul fatto, avrebbero potuto giocare sull’astensione si è situata attorno al 56 per cento e benché questi siano abituati a raccontarci che meno si vota più si è democratici ed evoluti, per il Venezuela avrebbero potuto fare un’eccezione propagandistica, approfittando del fatto che il 99,9% dell’opinione pubblica occidentale sa poco o nulla del Paese sudamericano e perciò si beve ogni panzana.

Visto il livello delle menzogne che raccontano non si sarebbero fatti il problema di non dire che il chavismo ha portato via via a una maturazione civile del Venezuela e che la percentuale di partecipazione al voto è costantemente salita con solo una lieve flessione nel 2013 con le bande per strada e gli accaparramenti di alimentari e medicine come strategia di fondo ancora adesso attuata: nel 2000 solo il 23,8 per cento degli aventi diritto si presentò ai seggi, poi la percentuale si è alzata al 30 poi al 40. Ma se non hanno utilizzato questo argomento vuol dire che sono così profondi conoscitori del Paese che nemmeno lo sanno. E del resto a sentire le miriadi di considerazioni costruite attorno a una tesi che demonizza il tentativo chavista di gestire in proprio il petrolio finora appannaggio degli yankees e di una borghesia locale parassitaria e oltretutto in gran parte di importazione, c’è da pensare che non sappiano proprio nulla della storia del Paese. In alternativa potrebbero raccontarci che l’opposizione non ha partecipato evidentemente certa di essere sconfitta o sedotta  dalla via golpista e non da quella delle elezioni, ma sarebbe stato piuttosto sospetto da parte di democratici così cristallini.

Forse per costoro il Venezuela era democratico quando i leader determinati dallo Zio Sam facevano leggi per mandare fuorilegge i partiti di ispirazione socialista. Ma naturalmente dittatoriale quando il socialista Romulo Betancourt istituì l’elezione del presidente a suffragio universale. O magari di nuovo democratico durante i lunghi anni delle giunte militari, e di nuovo dittatoriale dopo l’elezione di Chavez fortemente ostacolato dagli Usa e dai suoi referenti interni che hanno fatto e fanno di tutto per sabotare una riforma costituzionale volta a dare una vera autonomia al Paese e a redistribuire i proventi del petrolio. Del resto cosa ci si può aspettare da ambienti così rozzi, rabbiosi e ottusi, da accusare una deputata europea di essere una “cagna comunista” soltanto perché ha tentato di ristabilire un minimo di verità.

Però lasciando questi gusanos liberisti e zebrati a stelle e strisce ai loro grugniti, c’è  da dire che queste elezioni municipali non sono meno importanti di quelle dei deputati all’Assemblea costituente a luglio o quella dei governatori in ottobre perché rafforza il dialogo dall’alto verso il basso e la politica di risoluzione delle crisi sostenuta dal governo bolivariano. L’intensità della letale destabilizzazione tra aprile e luglio, il cui montaggio inverso era stato usato dai media come pretesto per la repressione del “regime”, ha solo galvanizzato il rifiuto della violenza da parte della maggioranza dei venezuelani. Tutti i sondaggi confermano la loro preferenza per un dialogo politico al quale persino diversi partiti di destra hanno finalmente accettato di attenersi. Il presidente Maduro ha annunciato un incontro nazionale il 16 dicembre con i 335 sindaci eletti e 23 governatori per mettere in atto “un unico piano di servizio pubblico”. Ogni elezione in Venezuela sconfigge i piani di intervento dell’Impero.