La seconda ragione è che in realtà il maccartismo non è mai morto, ha soltanto costituito la prima clamorosa esplosione della guerra fredda e della ragion di stato contro la democrazia, mettendo in luce la necessità di conformare tutta la comunicazione all’ideologia americana, a una sorta di realismo magico del capitalismo in salsa Usa che si è poi affermato grazie ai meccanismi di mercato che ovviamente tendono a riprodurre se stessi e a fare cartello quando non monopolio. Finita la prima fase d’attacco, evocato un pericolo, indicato un nemico, tutto è stato trasferito dalla cronaca al sottofondo dove nulla appare, ma tutto rimane.
Il fatto che esso riesploda di nuovo in maniera conclamata riemergendo dal fiume carsico della storia e dal cartongesso di ipocrisia sotto il quale è rimasto nascosto – questa volta non sotto forma di anti comunismo populista, ma come aperta e tracotante confutazione della libertà di espressione – significa che si è di nuovo in una fase critica, nella quale il controllo dell’informazione e l’ideologizzazione massiva della popolazione, non può tollerare nemmeno le critiche marginali. Una volta completata la conquista della comunicazione verticale, giornali, televisione, cinema è intervenuta la rete a rompere le uova nel paniere del pensiero unico e dell’impero. Certo, non appena si è percepito il pericolo, le oligarchie sono subito passate al contrattacco condotto con i soliti sistemi consentiti dal capitalismo estremo: concentrazione in poche mani, manipolazione borsistiche, sistemi monopolistici, dilagante pubblicità occulta che si presenta sotto forma di contenuti oggettivi, ingaggio di persuasori apparente neutrali se non addirittura alternativi e infine censura attuata dai motori di ricerca e dai social che apertamente stanno emarginando i contenuti critici, sia che provengano da singoli siti, sia da sistemi informativi molto più grandi e complessi, come per esempio la russa RT. E adesso si sta passando alla fase legislativa destinata a sancire questa realtà da una parte intimorendo i singoli con sanzioni assurde, dall’altra, come sta avvendendo proprio in queste settimane in Usa, cancellando qualsiasi obbligo di “neutralità” o di tutela della privacy da parte dei provider e degli altri attori della rete.
Tuttavia proprio il fatto che solo una piccolissima parte dell’informazione possa costituire un pericolo per le verità ufficiali, tanto da indurre l’oligarchia di comando a costruire un complesso meccanismo di censura che concili la massima efficacia con la minima compromissione possibile con , testimonia del fatto che il “sistema occidentale” nelle sue varie espressioni e strumenti, si trovi in una fase di equilibrio così instabile che anche un minimo spostamento di fattori può determinare la dissoluzione del disegno di disuguaglianza ontologica alla base delle ideologie e delle antropologie neoliberiste. Basta poco per far saltare tutto: una nuova bolla, una nuova crisi o anche semplicemente la ribellione per via di realtà a quella endemica che si è determinata, nonostante i pietosi tentativi statistici di nasconderlo e le bugie per via matematica che rassomigliano molto ai tentativi fatti per trasformare in complottismo eretico le teorie eliocentriche. E questo nonostante la presa soffocante del consumismo e il tentativo di creare un progressivo analfabetismo sociale e funzionale. A tutto questo si deve aggiungere l’incertezza per i mutamenti di potere economico e produttivo che si stanno imponendo a livello planetario e che tendono a relativizzare sempre più i produttori della falsa notizia globale e un capitalismo cartaceo che sa di dover attendere il suo redde rationem.
Non è raro, andando a zonzo nella storia, incontrare situazioni in cui il massimo potere coincide anche con la massima fragilità o anche contesti in cui il passaggio sostanziale di regime avviene senza apparenti traumi formali. Due condizioni che definiscono con precisione il periodo che stiamo vivendo: la fine della democrazia con l’estinzione della libertà di espressione che è la sua radice, lasciandone solo le vestigia formali, così come il feroce tramonto dell’impero nel momento della sua massima estensione e della sua impotenza espressiva o proiezione ideale. Tutto il resto è fake.