DAgfPhcW0AAArxuLa discesa in campo di Matteo Renzi nella mischia liberticida delle cosiddette false notizie, ossia il pronunciamento di un cazzaro assoluto di nomignolo e di fatto, ci potrebbe far pensare che questo neo maccartismo liberista si ripresenti per la seconda volta nella storia sotto forma di farsa. Ma così non è innanzitutto perché il senatore Joseph MacCarty era anche lui un eccezionale sparaballe: si era fatto eleggere taroccando le carte e presentandosi come un eroe di guerra mentre all’inizio della sua celebre campagna aveva vantato di possedere una lista di 205 persone filocomuniste che lavoravano al dipartimento di stato. Così lanciò una bomba che soltanto in un secondo tempo esplose su Hollywood, lasciando le uniche tracce visbili alle nuove generazioni. Peccato che quella lista semplicemente non esistesse.

La seconda ragione è che in realtà il maccartismo non è mai morto, ha soltanto costituito la prima clamorosa esplosione della guerra fredda e della ragion di stato contro la democrazia, mettendo in luce la necessità di conformare tutta la comunicazione all’ideologia americana, a una sorta di realismo magico del capitalismo in salsa Usa che si è poi affermato grazie ai meccanismi di mercato che ovviamente tendono a riprodurre se stessi e a fare cartello quando non monopolio.  Finita la prima fase d’attacco, evocato un pericolo, indicato un nemico, tutto è stato trasferito dalla cronaca al sottofondo dove nulla appare, ma tutto rimane.

Il fatto che esso riesploda di nuovo in maniera conclamata riemergendo dal fiume carsico della storia e dal cartongesso di ipocrisia sotto il quale è rimasto nascosto – questa volta non sotto forma di anti comunismo populista, ma come aperta e tracotante confutazione della libertà di espressione – significa che si è di nuovo in una fase critica, nella quale il controllo dell’informazione e l’ideologizzazione massiva della popolazione, non può tollerare nemmeno le critiche marginali. Una volta completata la conquista della comunicazione verticale, giornali, televisione, cinema è intervenuta la rete a rompere le uova nel paniere del pensiero unico e dell’impero. Certo, non appena si è percepito il pericolo, le oligarchie sono subito passate al contrattacco condotto con i soliti sistemi consentiti dal capitalismo estremo: concentrazione in poche mani, manipolazione borsistiche, sistemi monopolistici, dilagante pubblicità occulta che si presenta sotto forma di contenuti oggettivi, ingaggio di persuasori apparente neutrali se non addirittura alternativi e infine censura attuata dai motori di ricerca e dai social che apertamente stanno emarginando i contenuti critici, sia che provengano da singoli siti, sia da sistemi informativi molto più grandi e complessi, come per esempio la russa RT. E adesso si sta passando alla fase legislativa destinata a sancire questa realtà da una parte intimorendo i singoli con sanzioni assurde, dall’altra, come sta avvendendo proprio in queste settimane in Usa, cancellando qualsiasi obbligo di “neutralità” o di tutela della privacy da parte dei provider e degli altri attori della rete.

Tuttavia proprio il fatto che solo una piccolissima parte dell’informazione possa costituire un pericolo per le verità ufficiali, tanto da indurre l’oligarchia di comando a costruire un complesso meccanismo di censura che concili la massima efficacia con la minima compromissione possibile con , testimonia del fatto che il “sistema occidentale” nelle sue varie espressioni e strumenti, si trovi in una fase di equilibrio così instabile che anche un minimo spostamento di fattori può determinare la dissoluzione del disegno di disuguaglianza ontologica alla base delle ideologie e delle antropologie neoliberiste. Basta poco per far saltare tutto: una nuova bolla, una nuova crisi o anche semplicemente la ribellione per via di realtà a quella endemica che si è determinata, nonostante i pietosi tentativi statistici di nasconderlo e le bugie per via matematica che rassomigliano molto ai tentativi fatti per trasformare in complottismo eretico le teorie eliocentriche. E questo nonostante la presa soffocante del consumismo e il tentativo di creare un progressivo analfabetismo sociale e funzionale.  A tutto questo si deve aggiungere l’incertezza per i mutamenti di potere economico e produttivo che si stanno imponendo a livello planetario e che tendono a relativizzare sempre più i produttori della falsa notizia globale e un capitalismo cartaceo che sa di dover attendere il suo redde rationem.

Non è raro, andando a zonzo nella storia, incontrare situazioni in cui il massimo potere coincide anche con la massima fragilità o anche contesti in cui il passaggio sostanziale di regime avviene senza apparenti traumi formali. Due condizioni che definiscono con precisione il periodo che stiamo vivendo: la fine della democrazia con l’estinzione della libertà di espressione che è la sua radice, lasciandone solo le vestigia formali, così come il feroce tramonto dell’impero nel momento della sua massima estensione e della sua impotenza espressiva o proiezione ideale.  Tutto il resto è fake.