cerusicoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Squalificati nel calcio ( i nostri rappresentanti non hanno mancato di notare le coincidenze: è come  perdere ai mondiali con la monetina, hanno osservato) e pure nelle finali della riffa europea per la sede dell’Agenzia del farmaco, possiamo consolarci pensando che da nazione mite, come la definivano i pensatori risorgimentali, siamo diventati nazione vittima.

Non della fortuna cieca, perché come in tutti i giochi di azzardo e pure nell’assegnazione delle casette per i terremotati del Centro Italia, il ricorso al bussolotto è sospetto. Ma certo della cattiva reputazione presso il “pingue” Nord e i leoni delle cancellerie che fanno sempre la loro parte e che confermano di averci già respinto giù giù e non solo simbolicamente verso un terzo mondo che stiamo sperimentando anche al nostro interno.

Non stupisce d’altra parte, a vedere la compagine, pardon la “squadra” compatta e autorevole, che ha svolto la trattativa all’Europa Building; Alfano, Lorenzin, e in patria : Sala, Maroni, associazioni industriali.

Se per un momento volessimo far finta che all’Europa Building le scelte venissero compiute sulla base di valutazioni trasparenti, ispirate a finalità sociali e all’intento di premiare i virtuosi interessi di stati e  popoli, dovremmo attribuire lo scarso impegno internazionale a nostro sostegno, alla considerazione che Milano è una delle città più infiltrate dalle organizzazioni mafiose, ad onta della sua autoproclamazione a capitale morale, o che in Italia ogni grande evento (Emo scambio: la città paga anche così il flop Expo) , grande opera, grande business è variamente condizionato e esposto a malaffare e corruzione, o che il sindaco della città candidata è sotto osservazione della magistratura nella sua qualità di commissario disattento di un evento internazionale, o che il presidente della regione che sventola la bandiera dell’autonomia dall’unità nazionale e pure dall’Europa, ha visto finire nelle patrie galere il suo braccio destro padre, guarda un po’, della riforma sanitaria.

O che, non ultima riflessione, l’agenzia del farmaco sarebbe stata ospite del Paese che insieme alla Grecia vanta il miserabile primato di tagli all’assistenza, all’accesso alle cure e in più quella di immondi traffici centrali e locali che hanno sortito l’effetto di dirottare gli investimenti e le risorse trasmesse alle regioni su beneficiari privati in forma di cliniche, baroni, manutengoli, personale delle Asl, costruttori, aziende di sistemi e attrezzature, abituali frequentatori di appalti opachi e che, tanto per fare un esempio, le industrie, una in particolare  godette degli onori della cronache nere, non si limitano a stringere patti oscuri  con amministratori pubblici e enti ospedalieri, ma pure coi medici, censiti secondo le preferenze in apposite mailing list per l’erogazione personalizzata di strenne.

Il fatto è che le motivazioni che spingono a certe scelte non sono mai ispirate da ragioni morali e nemmeno di buonsenso, ma solo dalla potente pressione esercitata da soggetti forti e più credibili o influenti presso l’impero con le sue agenzie di rating, le sue organizzazioni finalizzate ad autoalimentarsi di compiti che legittimino incarichi, prebende, consulenze, remunerazioni, con le sue multinazionali di riferimento, tanto poliedriche da somministrare pesticidi e anticancro, veleni e antidoti.

E se è solo retorico dire che più che dell’agenzia del farmaco avremmo avuto bisogno di un’agenzia, o meglio, di un ministero della salute, potremmo aggiungere, proprio come il saggio: chi ti dice che sia una disgrazia.

Perché nella giornata del rimpianto non è peregrino dare un’occhiata ai compiti che avrebbe dovuto svolgere a Milano l’organismo scippato da Amsterdam: realizzare studi e rapporti per facilitare lo sviluppo di nuovi farmaci e l’accesso da parte dei cittadini. Provvedere alla valutazione sulle domande di autorizzazione per nuovi farmaci: in particolare, quelli derivanti dalle biotecnologie e quelli destinati alla cura di cancro, diabete e malattie rare, attraverso una procedura centralizzata concessioni basate   sul parere, vincolante, di un apposito comitato interno all’Ema. Effettuare periodici controlli sulla sicurezza dei farmaci esistenti. Provvedere a tenere informati ed aggiornati sui medicinali nuovi ed esistenti medici, operatori sanitari e pazienti.

Adesso veniteci a dire che abbiamo perso una formidabile occasione, che la nostra ricerca sarà orbata delle opportunità di sviluppare sperimentazioni e le successive casistiche. Insomma che qualcuno di noi, popolo di sani e malati, giù depredati del necessario sia in materia di prevenzione che di contrasto a malattie e naturali fenomeni di invecchiamento o innaturali patologie provocate   dall’inquinamento, dal cambiamento climatico,  dalle produzioni avvelenate, da un progressivo impoverimento che ha fatto delle cure un lusso,  avrebbe avuto un ritorno, un autentico beneficio, diretto o indiretto. Mentre invece si tratta dello stesso meccanismo che in nome del nostro interesse di risparmiatori ci obbliga a finanziare e salvare le banche criminali. Mentre tutta quella gamma di attività altro non è che un bacino di profitto e guadagno per industre – quelle solo italiane si contano ormai sulla punta delle dita, di lobby, di fondazioni e istituti di ricerca privati, di cricche legate e università che effettuano studi e indagini futili, propagandati nei quiz televisivi e con la stessa attendibilità delle rilevazioni e delle preferenze di voto.

È che a  fare i conti della serva sono stati gli inarrestabili produttori della fabbrica delle patacche che ha annunciato i numeri del fruttuoso movimento che comporta l’Ema: una dote di quasi 900 dipendenti, 36mila visitatori con il loro bagaglio di notti in hotel e pranzi al ristorante, un budget da 325 milioni di euro tra stipendi e spese, insieme a un ricco indotto da un miliardo e mezzo l’anno,  quantificato dalla fantasiosa Bocconi, vocata a dare forma a radiose previsioni ad uso di banche, privati, imprese e lobby e ben collocate sotto l’ombrello ambizioso della “capitale della sanità”.

Ma che a guardar bene altro non sono che la prospettiva di trasferire anche in questo contesto il modello imperante di un paese convertito in contenitore di vari parchi tematici, condannato a ondate turistiche altrettanto “tematiche”, in questo caso quelle dei funzionari, dei lobbisti, e con i residenti ridotti a inservienti, affittacamere, ciceroni.

“Ema avrebbe portato ampi benefici perché le riunioni giornaliere avrebbero garantito un flusso costante di visitatori internazionali di alto livello, è oggi il commento di fonte bocconiana. Milano può garantire mille camere al giorno nel giro di un chilometro dal Pirellone. Se ipotizziamo un costo medio di 150 euro a camera a notte, arriviamo a 150mila euro al giorno potenziali”.

E se non bastava l’indotto per locandieri, ci sarebbe stato anche quello immobiliare: “Le imprese farmaceutiche progressivamente avvicinerebbero i loro quartier generali a Ema” con una festosa proliferazione di sedi, uffici, sale convegno, ospitate in palazzoni in vetro, dove specchiare le trasandate miserie e le infermità sottostanti.

No, non lamentiamoci, può darsi che la fortuna stavolta ci abbia visto bene.