lupo_vestito_di_pecoraSe uno aprisse un manuale di economia leggerebbe che l’emissione di azioni serve alle imprese per rastrellare capitale e investirlo nella produzione. Ma questa è diventata una fiaba o meglio ancora una falsificazione perché nella realtà avviene l’esatto contrario, ovvero le aziende sfruttano la possibilità di prestiti a tassi molto bassi per rastrellare in borsa le loro stesse azioni in maniera da aumentarne il valore e dunque remunerare meglio gli azionisti e nello stesso tempo simulare condizioni di salute eccellenti che nulla hanno a che vedere con le situazioni concrete e soprattutto con la produzione effettiva e/o i margini che essa consente, anche a fronte di grandi profitti dovuti alle delocalizzazioni .

E’ un meccanismo perverso, un circolo vizioso e allo stesso tempo una via senza uscita, una delle ragioni tra l’altro per cui il ritorno della produzione in America fa parte del pio illusionismo di Trump. Secondo gli ultimi dati, usciti qualche settimana fa, le aziende americane  hanno bruciato in queste operazioni di auto rastrellamento azionario 3000 miliardi dollari ( di cui 2000 finiti in dividendi per i massini dirigenti di impresa) e ormai si va avanti a un ritmo non inferiore ai 50 miliardi al mese. Così la Borsa sale, sfonda record su record, ma la macchina dell’economia non si muove perché le ruote non fanno che slittare nella stessa buca e il rombo del motore non è altro che il frastuono dei tamburini mediatici. Certo il meccanismo sarebbe perfetto se esistesse il moto perpetuo e non esistesse la termodinamica: ma nell’universo reale è destinato a svanire con un rombo di tuono non appena tutta l’energia sociale e geopolitica succhiata per far funzionare questo motore alla rovescia sarà esaurita. E si sta esaurendo rapidamente, anche perché le imprese, ormai libere dai vincoli dei parametri reali  finiscono per investire anche nelle obbligazioni emesse da altre imprese e in prodotti finanziari strutturati attorno ai debiti sia privati che corporate, la cui sorte è indecifrabile anche se spesso coincide con quella della spazzatura. Tanto per fare qualche esempio concreto il 60% dell’attivo di Apple, ovvero 156 miliardi, consiste in titoli che rappresentano debiti altrui  mentre più o meno sono nelle stesse condizioni  Hewlett Packard , IBM, Motorola, Xerox, Ford, General Motors, Ebay, Oracle e General Electric. I primi 30 gruppi non finanziari degli Usa detengono 426 miliardi del debito di altre imprese, 369 miliardi di debito pubblico e 40 miliardi di titoli che si riferiscono al debito dei privati. E naturalmente questi investimenti vengono fatti sui titoli più remunerativi ossia su quelli più fragili. Può funzionare solo se si è cravattari e in effetti l’ambiente neo liberista  che ha fatto da brodo di coltura di tutto questo ha campato finora sullo strozzinaggio nei confronti del lavoro e del welfare.

Ora il problema è quanto ancora potrà durare  anche perché traducendo le cifre in diagrammi e aggiungendovi la massa dei debiti privati su mutui e prestiti  si vede perfettamente che ormai si è arrivati nelle stesse condizioni e anche peggiori del 2007  – 2008  quando deflagrò la prima crisi: ormai tutti sono consapevoli della precarietà e instabilità della  situazione peraltro inevitabile nel momento in cui si è completamente rinunciato a regolamentare la finanza. Ma una prossima crisi non solo sarà molto più dura della prima e aprirà prospettive di ribaltamento delle tesi e degli strumenti che ci hanno portato fino a questo punto, ma porterà a un grande rivolgimento geopolitico spodestando gli Usa e le sue appendici europee dalla dittatura della finanza. La nuova via della seta con le sue infrastrutture finanziaria strategiche e la dedollarizarione ne sono un segno evidente.

Anche questo l’elite di comando capitalista lo capisce benissimo e da una parte accelera i processi di controllo sociale o repressivo e si accanisce contro il welfare da dove può ancora ricavare legna da ardere per il suo falò di civiltà, dall’altro cerca  di allontanare il disastro con la produzione di caos nelle aree energeticamente sensibili, Golfo, Medioriente, Venezuela. Ma sa bene che si tratta solo di un rinvio e si culla con sempre maggiore evidenza e folle tracotanza nell’incubo del first strike.  Purtroppo le fiabe degli economisti con finiscono che Cappuccetto rosso che salva se stessa e la nonna: il lupo cattivo se le mangia entrambe.