renzi-berlusconiLa cosa più vergognosa delle elezioni siciliane è che il Pd invece di domandarsi perché abbia subito una sconfitta bruciante in una regione che governava ad ogni livello da cinque anni, cerca prestesti penosi per scaricare su altri le proprie colpe. Si va dal grottesco e comico anatema nei confronti di Grasso colpevole di aver salutato l’allegra brigata prima dell’appuntamento con le urne, proposto ( e poi fatto proprio da Renzi)  in prima istanza dall’intelligente, affidabile, onesto e simpatico picciotto Faraone, sedici anni per strappare una laurea, alla tesi che sia colpa di Claudio Fava e della sinistra aver determinato l’ampiezza della sconfitta piddina rifiutandosi di confluire nella medesima lista o di allearsi.

Da un punto di vista pratico la sconfitta ci sarebbe stata lo stesso anche ammesso che Fava e la galassia di sinistra che lo ha sostenuto, fosse confluita nelle file del partito renzista, probabilmente perdendo consensi, ma da un punto di vista politico sarebbe davvero stato davvero troppo impegnarsi con un partito divenuto ormai a tutto campo di destra e che non lavorava più per vincere, cosa del resto esclusa dai sondaggi,  ma per evitare di far vincere i cinque stelle e regalare così la vittoria a Musumeci. Si tratta di una mossa strategica per mettere in piedi un governo regionale Destra – Pd che farà da apripista ad analoghe alleanze in campo nazionale dopo le elezioni politiche generali che difficilmente potranno vedere una riaffermazione di Renzi. Dalla barca del guappo c’è ormai un’emorragia che già oggi comincerà a diventare un fuggi, una continua fuga in tutte le direzioni. E’ molto tardi per poter sostituire il guappo che ha ormai rotto le balle agli italiani a forza di balle ed è oltretutto anche quasi impossibile a meno di tumulti di palazzo visto che l’ometto ha ancora il partito in mano. Così Matteo sta lavorando per una prospettiva che in definitiva è ancora quella con la quale ha cominciato la sua avventura: ovvero gestire una sconfitta quasi certa alle politiche di primavera, per poi governare assieme a Berlusconi e Salvini.

Il fatto è che un fiasco piddino alle politiche è ormai probabile anche nel caso gli scissionisti di D’ Alema e Bersani dovessero tornare sui loro passi, facendosi convincere ancora una volta dall’argomento del voto utile e dalla mozione degli affetti che esiste pure nelle peggiori famiglie. I pontieri sono già al lavoro per questo e a ogni buon conto Pisapia ci ha fatto sapere ieri che lui è “per la poligamia in politica”, per non parlare degli affaticati vai e vieni di Bassolino. Ma è imperativo comunque prepararsi a gestire una possibile sconfitta nei modi più consoni al guappo e comunque meglio corrispondente alle volontà delle oligarchie europee vista la perdita di consenso del loro pupillo e nonostante i tentativi dei Cinque stelle nel cercare un imprimatur di Bruxelles, errore che è costato caro a tutte le forze alternative, ma dal quale sembra che non ci si possa esimere. La Sicilia da questo punto di vista è l’ideale come preparazione psicologica dell’elettorato alla grande ammucchiata anti populista dei peggiori populisti e contaballe mai avvistati dal tempo di Giannini.

Certo è sempre possibile che dal cilindro del potere salti fuori entro il tempo massimo qualche nome “importante” da sparare contro Renzi e capace di riunificare il partito e conferirgli qualche chance in più. Non mi stupirei più di tanto se quel nome fosse proprio quello di Grasso, magari garantito come fu a suo tempo per Renzi, da qualche grande banca globalista e da qualche autorevole affidavit, ma temo che dopo questa sconfitta siciliana i tempi siano maturi per un abbraccio politico tra nonno e nipote adottivo, quello sempre rinviato per non far la cosa troppo sporca e schifare i rispettivi elettorati, ataccati alle etichette e non alla realtà.  Per paradossale che possa sembrare in tempi di assenza politica la sconfitta che dovrebbe trasformare in una crozza supra nu cannuni il valoroso Matteo, potrebbe salvarlo dal naufragio definitivo.