CatalanaSe dovessi fare un compendio delle considerazioni sulla situazione catalana come viene delineata dall’informazione italiana e non solo, emerge prepotentemente un desiderio comune, al di là delle differenti angolazioni di lettura: che non sia successo nulla, che la dichiarazione di indipendenza di Barcellona e la sospensione costituzionale decretata da Madrid sia una sorta di gioco delle parti fra Rajoy e Puigdemont, per la conquista dell’elettorato e che alla fine tutto si aggiusterà in qualche modo. Insomma una lettura politicista da destra e da sinistra che trascura completamente l’ipotesi di una rottura dei tessuti nazionali dopo un decennio di torsioni economiche e sociali, decretate in seguito alla crisi economica, ma funzionali soprattutto all’erosione della democrazia.

Non è certo sorprendente: ormai da due decenni l’informazione, risucchiata nell’alveo del pensiero unico, grazie alla sua concentrazione, non fa altro che dirci che non è successo nulla per suggerirci che non può succedere nulla, che viviamo nella migliore delle governance possibili alla quale possono sottrarsi solo i barbari come Putin o il Partito comunista cinese, i pazzi della Nord Corea, terroristi usciti dal controllo dei servizi e Assad. Insomma guerre, stragi, movimento biblico di popoli, impoverimento straordinario dei ceti popolari e persino di quelli medi, messa al bando della democrazia sostanziale e dei diritti acquisiti, manipolazioni costituzionali, stravolgimenti sociali, persino l’istigazione all’omicidio sanitario perché la gente vive troppo, sono nulla di cui preoccuparsi. Non è che ad ogni evento l’informazione mainstream non alzi la voce e rinunci alla drammatizzazione nella quale torti e ragioni vengono mischiati in modo tale che è difficile separare il grano dal loglio, ma questa comunicazione emotiva viene privata del suo senso storico, rimane senza efficiacia e rassomiglia molto nella sua essenza alle cronache soprtive dove dopo tante grida, angoscia od esultanza, il mondo resta esattamente come prima.

Si tratta di narrazioni che si vuole facciano soltanto cronaca e non storia, che non entrino nel flusso dei cambiamenti, che anzi li nascondano, perché come sapete la storia è finita col neo liberismo. E anche quelli che non credono a questa ideologia idiota sono attoniti e impietriti di fronte alla mutazione di un intero mondo, ai terremoti che seguiranno e tutto sommato, adusi ad anni di relativa abbondanza nei tranquilli pascoli del consumismo, preferiscono sperare che alla fine non sia successo ancora nulla. E se si sta come d’autunno sugli alberi le foglie, meglio consolarsi illudendosi che sia ancora piena estate, che il terreno non cominci a franare sotto i piedi. Non è un illusione difficile da coltivare: in fondo non ci dicono tutti giorni che la crisi è dietro le spalle, servendosi di statistiche creative ed evitando accuratamente di citare le cifre del disastro? Non veniamo a sapere ogni giorno che gli altri sono sporchi, brutti e cattivi, mentre noi, intendendo il mondo sopposto alla dittatura del mercato, è buono e compassionevole e comunque molto più forte dei suoi nemici? Non doniamo forse qualche soldino ad organizzazioni caritatevoli o dedite al sostegno della ricerca, senza chiederci da quanti anni queste ong e organizzazioni similari non presentano bilanci o dicano con precisione e senza vaghezze che cosa facciano? E abbiamo fede nell’immancabile crescita finale. Facciamo persino finta di non sapere che questo mondo nato all’ombra del dollaro sta entrando in una crisi irreversibile, sia perché le maggiori ( e vere ) potenze economiche del pianeta si stanno sempre più emancipando dal dollaro nelle transazioni di materie prime, sia perché questo è un dominio che non nasce più dalla realtà come nel dopoguerra, ma dall’ imposizione manu militari, che ormai il dollaro non è la moneta universale di scambio a causa della grandezza dell’economia americana, ma che questa grandezza è determinata dal dollaro. forse non vediamo che questioni spinose come quelle dell’Iran hanno proprio in questo il loro cuore di tenebra.

L’intera scuola è ormai indirizzata da trent’anni a evitare che i futuri cittadini si pongano delle domande, ma che invece acquisiscano risposte stereotipate, nozionismo da pensiero unico che ha poi il suo contraltare estremo e significativo nei test con soluzione a scelta. Tutto il meccanismo informativo e comunicativo ci rimbambisce con  parole d’ordine fasulle, ci riempie di sogni, merito, competizione, opportunità, creatività e ci sottrae socialità, futuro  come fossimo ragazzi lupo e allo stesso tempo pecore che sono vincenti solo quando accettano tutto questo e diventano nere quando cercano di cambiare le cose.  Forse è per questa pressione quotidiana che alla fine siamo quasi costretti a pensare che dopotutto  non sia successo nulla, che nessuno tartaro possa comparire attorno alla fortezza Bastiani che intanto si fa sempre più oppressiva.

Bene illudiamoci che anche in Catalogna non sia successo nulla, che sia un gioco delle parti (cosa certa e persino ovvia a un determinato livello, ma marginale rispetto all’insieme), facciamoci timidi e dubbiosi. In fondo si tratta di domande, non di risposte preconfezionate.