Bubble-MaoL’occidente è ormai capace di tutto, tranne che di essere se stesso. Mentre l’estremo occidente americano minaccia olocausti atomici, istiga guerra e terrorismi, fa tutto e il contrario di tutto in un progetto caotico con l’unico scopo di conservare l’egemonia planetaria, la culla europea conquistata dalla sua parte più rozza e barbara non si comporta diversamente, sta ritornando razzista, appoggia i più aperti nazismi mentre affabula di democrazia globale, partecipa a guerre ingiuste per poi piangere le vittime del terrorismo e dare alle oligarchie la forza della paura, bacchetta ufficialmente autonomismi o separatismi, mentre strizza loro l’occhio quando pensa di non essere veduta, favorendo crisi bancarie e dunque il sommovimenti dei sottosistemi economici come è accaduto in Veneto tanto per fare un esempio. Insomma fa tutto e il contrario di tutto se questo serve ad affossare partecipazione e cittadinanza e ad affermare il primato delle elites finanziarie ed economiche

E’ appena uno schizzo sommario di ciò che stiamo vivendo, qualche tratto a matita, ma ciò che risulta sorprendente è che in tutto questo il cittadino medio progressivamente privato di diritti e di futuro, impoverito e sempre più precario conserva in maniera sorprendente un senso di superiorità sul resto del mondo che sembra conservato sottovuoto dai tempi dell’era coloniale. Per cui non solo è cieco ai grandi cambiamenti che si vanno attuando, ma in qualche modo non pensa di poter imparare niente da nessuno. Ora  non credo che qualcuno voglia rinunciare alla propria storia, ma non può nemmeno chiudere gli occhi e sbarrare la porta come purtroppo accade nel mainstream del discorso pubblico, Credo quindi non sia inutile citare le ultime statistiche uscite sulla Cina (di fonte occidentale) riguardo al periodo 2013 – 2016 ovvero quello che rappresenterebbe per molta pubblicistica l’era del raffreddamento della più grande economia mondiale: la crescita è stata del 7, 2% annuo, (+ 32% rispetto al 2012) rispetto a una crescita globale del 2,5% e del 4% dei paesi in via di sviluppo. Si tratta ormai del 15% dell’economia mondiale in senso nominale, ma in senso reale molto di più tanto che negli anni presi in esame il contributo medio cinese alla crescita globale  è stata del 30%.

Ma questa è solo la cornice, altri dati sono più immediatamente eloquenti: il Pil per abitante è arrivato a 8000 dollari l’anno, con una crescita del 29% rispetto al 2012, ma anche con un’inflazione complessiva nel periodo del 6,6% ovvero 1, 65 % all’anno. La quota parte dei servizi sul complesso dell’economia nazionale è passata dal 45% al 51%, i consumi interni sono passati dal 47% del 2013 al 64,6 dell’anno scorso. Gli investimenti pubblici per la ricerca sono aumentati in quattro anni del 50,5%, mentre la produzione cerealicola complessiva ha attinto i 621 milioni di tonnellate, un quarto della produzione mondiale e surclassando Usa e Canada messi insieme. In quattro anni le linee ferroviarie sono passate da 98 mila a 124 mila chilometri di cui 22 mila ad alta velocità, mentre gli investimenti stranieri sono aumentati del 3% l’anno e i poveri assoluti sono passati da 98 milioni a 45.

Ho voluto mettere molti più numeri del necessario per rendere più incisivo l’impatto con le due prossime e – lo prometto – ultime cifre. A fronte di questa crescita che ci appare gigantesca, dal 2012 al 2016 i consumi di energia e di acqua per unità di pil sono diminuiti rispettivamente del 17,9% e del 25,4%, il che rappresenta un progresso per noi inimmaginabile in fatto di tecnologie industriali e agricole: d’accordo che la Cina partiva da posizioni più arretrate rispetto all’occidente, e simili a quelle dei nostri anni ’60 ma un progresso simile in quattro anni è totalmente al di fuori delle possibilità delle economie di mercato che infatti arrancano anche solo per trovare accordi al minimo che poi non vengono onorati o vengono rigettati. Si dirà che anche la Cina è ormai un’economia di mercato e invece non è affatto vero, non nel senso almeno in cui il mercato e i suoi interessi che poi coincidono con quelli dello 1% pervadono ogni decisione e pretende di essere l’unica possibile: il Paese ha comunque una forte programmazione economica centralizzata e regionale che rende possibile questo tipo di sviluppo senza che le tensioni sociali esplodano. Del resto la stessa Ue dice ufficialmente che non si tratta di un’economia di mercato quando si tratta di porre argine alle importazioni, ma gli oligarchi e i loro scribacchini lo affermano invece quando si tratta di non concedere a un Paese ufficialmente comunista il primato di una crescita che non ha eguali nella storia.

Non voglio soffermarmi su questo, ma mi chiedo se non il sia il caso di cominciare ad imparare qualcosa, qualcosa di concreto come, per esempio, l’importanza dello Stato nell’economia, la capacità di orientamento, investimento programmazione e redistribuzione che sono l’esatto contrario di ciò che chiede il mercato come unico decisore e contro cui tuonano i notisti occidentali così a piè di nota da finire col pensare pensare con i piedi. Non è certo colpa della Cina se chiudono i negozi (magari è anche colpa di Amazon) e se le industrie fanno fatica o delocalizzano, è colpa di chi, in vista dei propri interessi e dei propri profitti ci ha convinto che bisogna impoverire tutti per essere “competitivi” (una sciocchezza veramente grossolana e facilmente falsificabile), di chi scippa i diritti e isterilisce le battaglie sociali per amore delle disuaguaglianze, di chi ancora fa fatica a capire dove vada a parare questa logica. Forse ci conviene cambiare l’ atteggiamento di chi vive nel migliore dei mondi possibili come un Candide non candido  e imparare qualcosa prima che sia troppo tardi.