Anna Lombroso per il Simplicissimus

Vedrete che prima o poi ci toccherà leggere un’accorata lettera aperta a Repubblica di Lei –  la Maria Elena, più bella che intelligente? – che, sia pure delusa, sia pure offesa, sia pure oltraggiata, sia pure tradita e ferita nei suoi affetti più cari, quelli figliali, esprime tuttavia delicata e muliebre compassione nei confronti di Lui, un malato, affetto da un forsennato delirio di onnipotenza e da una paranoia ossessiva che lo spinge a contraddire le sue stesse parole e i suoi stessi atti nella schizoide, folle e pervicace difesa di una perduta posizione di potere.

E in effetti non avrebbe del tutto torto a vedere quel furto di identità quella sindrome di Zelig che porta Lui, il Renzi, a farsi di volta in volta Salvini per aiutarli in casa loro, Papa per concedere il tardivo e caritatevole ius soli, Weinstein per molestare la Costituzione, Di Maio per reclamare epurazioni e purghe perfino retroattive di controllori sleali, in modo però, è inutile dirlo, da smantellare superstiti edifici e sistemi di vigilanza e contribuire a una generale sfiducia che consolidi il primato della libera iniziativa sregolata,   della licenza totale e legalizzata del conflitto d’interesse e dell’interesse privato.

Il fatto è che la sua interpretazione migliore resta quella del servo di tutti padroni, di quella cupola  costituita dall’alleanza di finanza e banche, gruppi e multinazionali e lobby, rendite e latifondi, tycoon dell’informazione/intrattenimento, e il suo contorno di politica compiacente,  agenzie di rating, concordi nel perseguire il disegno di sostenere nazionalismi quando inseguono il sogno regressivo del riarmo esterno a fine di conquista e di quello interno a scopo di repressione e arroccamento dietro muri e fili spinati, mentre  espropria popoli e stati di sovranità e democrazia per imporre il suo dominio deterritorializzato e  trasversale, E che da noi in forma appariscente comprende oltre all’ormai ineliminabile presenza di organizzazioni criminali, quelle massoniche, come, proprio a proposito di banche, denunciava nelle sue conclusioni finali la Commissione presieduta da Tina Anselmi, “A completare il quadro concorrevano inoltre, i contatti emergenti con esponenti di numerose banche pubbliche e private per alcune delle quali le presenze … nella loggia P2… erano particolarmente significative per qualità e rappresentatività, come per la Banca Nazionale del Lavoro (quattro membri del consiglio di amministrazione, il direttore generale, tre direttori centrali di cui uno segretario del Consiglio), il Monte dei Paschi di Siena (il Provveditore), la Banca Toscana (il direttore centrale), l’Istituto centrale delle casse rurali e artigiane (il presidente e il direttore generale), l’Interbanca (il presidente e due membri del Consiglio), il Banco di Roma (due amministratori delegati e due membri del consiglio di amministrazione). Infine: il Banco Ambrosiano col presidente e un membro del consiglio di amministrazione”.

E infatti i contesti criminali dall’Ilva alle banche non si nazionalizzano: lo Stato serve in quel caso per intervenire nelle aree di crisi, per metterci i nostri soldi che invece non ci sono mai per il sistema assistenziale, per quello scolastico, per il risanamento del territorio, per dare casa ai terremotati, perché occorrono per facilitare il generoso e solidale prodigarsi in operazione di salvataggio di istituti criminali e sofferenti da parte di istituti criminali che pretendono di non soffrire più prendendosi l’attivo su cui speculare e scaricando sul soggetto pubblico, noi, il corpaccione verminoso dei passivi.

E non c’è da dubitarne: le banche italiane da anni hanno scelto il brand  di drenare risorse dai “piccoli”(risparmiatori, mutuatari, richiedenti prestito) per mettersi al servizio dei “grandi” (affaristi, speculatori, top manager, azionisti di grandi aziende) che le trattano come un bancomat personale. E sono infatti i secondi a alimentare la patologia non ripagando i finanziamenti e i prestiti senza garanzia concessi dal ceto omologo e speculare ai loro manager, superdotati di pelo sullo stomaco, stipendi d’oro, indole alla trasgressione e buone parentele. Mentre sono i primi a pagare due volte, con le operazioni, i risparmi, i mutui, e poi coi capestri e gli espropri   se non fanno fronte ai debiti o se sono caduti nella trincea delle lusinghe avvelenate.

No, Lui non è malato anche se possiamo immaginarlo nelle vesti ultime di piccolo Napoleone con la feluca in testa e la mano dentro alla redingote mentre si aggira nei corridoi del manicomio. Abbiamo fermato il cammino del suo miserabile golpe personale ben collocato e funzionale a quello sovrastante e tristemente epico di finanza, banche, potentati, gruppi di interesse privato, multinazionali coi loro accordi, i loro trattati, le loro alleanze. È proprio venuta l’ ora di stringerlo noi, un patto, per rovesciarli.