DENARO-Trovare-Lo-Spirito-nel-DenaroProbabilmente nessuno accetterebbe zloty polacchi in cambio di euro e anzi, vista la demenza senile e giovanile che regna nel continente, quei milioni di persone ridotte ad essere nessuno o al massimo x e y nelle false equazioni del potere, si chiederebbe come mai sia possibile che un’economia possa reggersi su una debole moneta nazionale. Eppure la Polonia grazie alla sua sconosciuta moneta cresce in media del 3,9 per cento ogni anno, ha un numero di disoccupati del 5,1 per cento, una cifra inferiore solo al periodo comunista e comunque meno della metà di quella italiana, mentre i salari crescono in maniera impetuosa, raggiungendo quest’anno addirittura il 9 per cento. E adesso il  Paese si appresta a diminuire l’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne dai 67 stabiliti alcuni fa sull’onda del merkelismo austeritario.

Come vera e propria beffa questo provvedimento viene preso da un governo ultraconservatore e “amerikano” che la dice lunga sulla consistenza di certe sedicenti socialdemocrazie di altri Paesi che invece non fanno altro che forgiare massacri sociali , ma questo elemento è abbastanza significativo del fatto che anche aderendo a certe filosofie della disuguaglianza,  poter disporre di una moneta autonoma e dunque anche di una libertà di bilancio inimmaginabile ormai per l’area euro, costituisce di per sè un grande vantaggio. E da questo punto di vista la Polonia non costituisce un’eccezione perché aumenti molto consistenti delle retribuzioni sono avvenuti in Ungheria (15%), in Romania (7% anno su anno dal 2012), in Slovacchia (17%), in Bulgaria (9%), in Croazia (5%), L’unica eccezione è la Repubblica Ceca che ha fatto il 2%, partendo però da una base di industrializzazione nettamente superiore a quella di altri Paesi. Naturalmente l’effetto crescita è dovuto in gran parte alla delocalizzazione selvaggia degli ultimi vent’anni, ma è abbastanza evidente che con l’aggancio a una moneta unica che copre situazioni economiche differentissime e a volte antitetiche, senza poter disporre del proprio bilancio e di oscillazioni nei  cambi, esso sarebbe stato molto inferiore e per giunta avrebbe finito per riversarsi in grandissima parte sui profitti piuttosto che sui salari o sui servizi.

Lo dimostra il fatto che la decisione del governo polacco è stato accolto dalla rituale salva di critiche da parte di banchieri, finanzieri e di think tank del liberismo, i quali gridano allo scandalo per l’aumento della spesa pubblica che la diminuzione dell’età pensionabile comporterà e per la perdita di competitività (ma come sono noiosi e ottusi) che la crescita dei salari comporta. Ovviamente il timore è che si contragga l’area dei profitti con l’aumento dei contributi e magari con la riduzione di incentivi pubblici per la localizzazione di fabbriche. D’altronde però la spesa pubblica in Polonia aumenta vistosamente dal 2015 senza che questo abbia portato ad alcun tipo di problema, anzi grazie a un giro di vite sull’evasione fiscale e a una serie di bonus che hanno consentito di sostenere i consumi interni per la prima volta da vent’anni il bilancio dello stato è tornato in attivo.

Chissà forse aveva ragione il giovane Keynes che non attribuiva neutralità alla moneta e che la vedeva come uno degli strumenti di cambiamento e di affrancamento dalle elites dominanti, ma sta di fatto che l’Europa dell’euro e la teoria liberista da cui esso è nato, sia pure come figlio illegittimo, si sono affrancate solo dal realismo e lavorano unicamente per accreditare una visione recessiva della disuguaglianza e dello sfruttamento. L’economia nel suo senso teorico è solo una metafisica dei ricchi e in quanto tale se anche viene smentita ogni giorno rimane intatta nei suoi dogmi e nelle sue preghiere che pretende debbano essere globali o quanto meno estese il più possibile.  Forse è venuto il momento di dire amen.