Ma a questo punto i numeri hanno un’importanza relativa: ciò che è morto nelle strade di Barcellona è l’idea civile e democratica di un’Europa che sta progressivamente gettando la maschera: al suo posto vediamo un’ Unione, che fa le pulci al Venezuela per molto meno di ciò che è accadto in Catalogna, che istituisce i ministeri della verità, censura i media russi in un crescendo di isteria, che ha tollerato e anzi appoggiato l’ormai conclamato franchismo del governo di Madrid, necessario al mantenimento dello status quo finanziario e delle istituzioni che lo rappresentano, come del resto appoggia concretamente il nazismo in Ucraina, l’autoritarismo in Ungheria e Polonia ogni e qualunque schifezza nei Paesi baltici o il mantenimento ad libitum di un regime extra costituzionale in Francia. La democrazia e la partecipazione sono ridotte a miserabili pretesti gestibili di volta in volta vuoi per glorificare i golpe contro governi liberamente eletti, vuoi per demonizzare la partecipazione popolare quando essa va contro i governi amici o si orienta su personaggi lontani dall’establishnet.
Nel recente passato l’arma utilizzata è stata una densità senza precedenti di minacce banco – finanziarie e campagne mediatiche pervasive e pressoché univoche grazie a un sistema mediatico ridotto a megafono del potere, ma questa volta si è permesso che un regime amico mostrasse il suo vero volto, la sua radicata ispirazione all’ultimo totalitarismo nazifascista sopravvissuto in Europa dopo la guerra, di fatto arrivando a innescare una sorta di guerra civile visto – tanto per dirne una – che la polizia catalana e impompieri si sono rifiutati di obbedire agli ordini di Madrid e alla sua vera e propria occupazione. Tutto questo è tanto più grave perché la possibilità che un referendum sull’indipendenza della Catalogna raggiungesse la maggioranza era davvero minima e tutti i protagonisti lo sapevano benisimo: una condizione ideale per lasciare spazio al dialogo e alla trattativa piuttosto che alla repressione militare. Ma in questo caso hanno prevalso i bassi e irrefrenabili istinti del franchismo conservatore di Rajoy, timoroso forse che una buona percentuale degli indipendentisti al referendum avrebbe indebolito la posizione sua e dell’elite cui fa riferimento o forse semplicemente che un “atto di debolezza” – così questi signori interpretano un referendum – avrebbe aperto la porta ad analoghe richieste: insomma ha voluto dare un esempio, usare la forza e dare prova di incommesurabile idiozia. Abbandonando la persuasione in favore della repressione il governo di Madrid è riuscito a dare una base di piena legittimità alle richieste di indipendenza. L’Europa invece di arginare questa strategia di azione l’ha coperta pur rendendosi conto dei pericoli insiti nell’azione di Rajoy e ha preferito rimanere a fianco del suo uomo di Madrid, per interesi evidenti e timori per lo status quo, ma anche per una forma di rigetto e sospetto contro ogni forma di consultazione popolare. Così quello stesso continente che è accorso a fianco degli Usa per distruggere la Jugloslavia in nome dell’autonomia e dell’indipendenze delle sue regioni, poi con la Scozia e con la Catalogna, ha seguito l’orientamento esattamente contrario, segno che ormai l’Unione non ha più idee o ragioni, ma solo interessi e pretesti.
Con questo risultato: ciò che prima era un’aspirazione all’indipendenza più gettata sul tappeto dalle elites locali per ottenere maggiore autonomia, si è e prima saldata al desiderio di sfuggire alla mannaia dei diktat europei e adesso, con la stupida repressione del referendum na acquistato un vero, visibile nemico ede è divenuta dunque una lotta concreta.