imagesPer quanto si possa essere cinici o disillusi, convinti del ruolo ancillare della politica rispetto ai poteri economici i quali talvolta, come è accaduto in Italia, comprano i partiti di maggioranza e pagano la creazione di false opposizioni perché comunque la protesta non abbia eficacia, si rimane impietriti di fronte a un video che testimonia la capacità di menzogna del mondo contemporaneo e al tempo stesso ne rivela la verità. Nel video inserito alla fine del post, risalente al 2006 e pubblicato da “L’Antidiplomatico”, si vede l’attuale  premier franchista Mariano Rajoy che difende a spada tratta il referendum sullo Statuto di Autonomia della Catalogna. Il leader dei catto conservatori, l’uomo a cui l’attentato alla stazione di Atocha e le menzogne dette da lui, da Aznar e da tutto il partito, strappò la possibilità di divenire premier già nel 2004 si fa avvocato dei catalani contro il governo Zapatero che invece era contrario a concedere la consultazione popolare.

Il fatto saliente però non è questo, ma risiede nelle motivazioni addotte da Rajoy: ” non siamo ancora in un regime populista”,  “Quando i cittadini chiedono un referendum perché vogliono mettere in discussione qualche cosa, la risposta non può essere tranquilli, non succede niente, abbiate fiducia in me. Stiamo scherzando?”  e infine “Non possiamo certamente immaginare che un governo democratico si opponga a un referendum”. Queste ore drammatiche, con gli arresti, la censura, l’assalto ai seggi  , la sospensione non solo dello Statuto, ma della libertà di opinione, di parola, di voto per impedire la consultazione popolare sull’indipendenza,  non hanno niente a che vedere con la democrazia e a dircelo è lo stesso Rajoy di un tempo che in sostanza direbbe che si è fuori dalla democrazia. Per cui il titolo che potrebbe sembrare assolutamente forzato deriva semplicemente da ciò che il premier ha detto.

Si sa che in politica la menzogna e l’infingimento sono di casa, che voltare la gabbana è usuale, ma qui siamo di fronte a un ribaltamento di tale portata che può nascere soltanto dal vuoto delle idee e dalla pienezza della subalternità, dall’essere un semplice portavoce strattonato da poteri esterni, dalle occasioni del momento o dai propri bassi istinti in libera e prepotente emersione dalla tradizione franchista. Il motivo per cui Rajoy non ha voluto correre il rischio del dialogo lasciando che il referendum consultivo si svolgesse senza traumi, nonostante  molto difficilmente avrebbe sancito una vittoria degli indipendentisti, non sta in Catalogna, ma nell’adesione sua e della classe dirigente di riferimento, in gran parte formatasi sotto la dittatura, di una mentalità oligarchica che aborre per principio qualsiasi consultazione popolare e che ha trovato nell’Europa dei dikat un padrone e un consanguineo: il timore che si innescasse un processo che portasse a una qualche indipendenza finanziaria e di bilancio della Catalogna portandola al di fuori dei trattati è stata troppo forte per non scatenare una repressione. Certo così ha creato una situazione di scontro diretto e di com pressione delle libertà che aumenterà la voglia di indipendenza portando al caloro rosso l’attrito con Madrid. Ma ormai queste elites frastornate dalle sconfitte come dalle loro stesse vittorie vivono giorno per giorno.