AFP_S73EM-kHwC-645x400@MediTelegraphWEBL’Unione europea notoriamente iper sensibile alla democrazia in Venezuela o dovunque gli dica il suo padrone di oltre atalantico, ha deciso che la chiusura di 200 siti web catalani favorevoli al referendum e all’indipendenza: secondo la Commissione  la decisione del governo di Madrid, nel quadro di una repressione senza precedenti, rientrano all’interno della legalità perché la decisione sarebbe stata presa da magistrati. Un’opinione da bar naturalmente come del resto ci si potrebbe aspettare da un presidente che si chiama Juncker il quale tra un cicchetto e l’altro dimentica che  i peggiori totalitarismi sono ossessionati dalla legalità come contrappeso della loro ingiustizia, tanto che persino la Shoa, la soluzione finale fu tema di sottile disquisizione giurica.

Ma forse Juncker e gli altri membri della commissione non sanno nemmeno che in Spagna la magistratura inquirente, ossia quella che ha chiuso i siti web e coartato in altri mille modi la libertà dei catalani di svolgere il loro referndum, dipende direttamente dai procuratori generali che non sono espressione del potere giudiziario, ma di quello esecutivo e vengono nominati direttamente dal governo: in sostanza è come se il procuratore capo di una qualunque città italiana fosse allo stesso tempo il prefetto e sotto certi aspetti anche il questore. Troppo complicato per la commissione, specie a partire dal dopo pranzo e anche troppo impegnativo e destabilizzante riconoscere che nelle istituzioni spagnole, così come anche nella costituzione gli strascichi del franchismo sono molto pesanti e visibilissimi, ma sono stati trascurati per la fretta di trascinare la penisola iberica nel progetto europeo e soprattutto nella grande fiesta degli accaparramenti e delle costruzioni. Dunque si finge di non vederli anche oggi, nonostante siano rivitalizzati da un governo che al generalissmo non dispacerebbe affatto e ricominciano ad essere protagonisti. Tuttavia alla fine la futilità e l’irrilevanza intellettuale di queste posizioni commissariali, si saldano perfettamente al quadro generale nel quale si collocano tali giudizi, tanto da costringere il portavoce ufficiale del governo continentale a tacere dopo aver letto la pappardella scritta davanti ai giornalisti che dopotutto sono in grandissima parte i loro giornalisti. Il quadro generale è quello secondo cui la vicenda catalana sarebbe un affare interno della Spagna, asserzione di per sé anodina, ma che in realtà contraddice tutto quanto l’Europa dice di essere.

Ma come, il bilancio, la moneta, l’economia, il fisco e persino le regole del lavoro di un Paese non sono più fatti interni e nemmeno le costituzioni tanto che in occasione della firma degli ultimi trattati è stato imposto, sotto minaccia finanziaria, di correggere le leggi fondamentale in maniera da rendere costituzionali i massacri sociali, mentre un referendum sull’indipendenza e la forma platealmente antidemocratica con cui lo si reprime, è invece un fatto interno?  No non ci siamo proprio: se l’Europa fosse lontamente simile all’immagine che vuole dare di sé già da tempo si sarebbe posta come mediatrice della questione, invece di appoggiare totalmente Rajoy, il franchista garante dell’ordine bamcario e finanziario per paura di dover ricontrattare sia con Madrid ed ebentualmente anche con Barcellona i termini dell’appartenenza al corpaccione continentale.

Sapete quelli che fanno più impressione sono i fan dell’ “altra Europa” spregiatori delle piccole patrie, ma adesso costretti a fra buon viso alla repressione in quanto “questione interna” . Come dice Vladimiro Giacchè “si è troppo spesso confuso l’internazionalismo con l’europeismo, e l’Europa con l’Unione Europea.  Per contro, si è data troppo poca importanza al tema della democrazia e a quello, connesso, della sovranità popolare: la verità è che l’Europa di Maastricht è profondamente antidemocratica. Lo è per essenza”.  Così ci si aggrappa a questa Europa come a un’ancora di salvezza non accorgendosi che è proprio lei a portarci a fondo.