1503057854_819526_1503058670_noticia_fotogramaSe fossimo uomini e non caporali, più che ostentare uno sciocco compiacimento ci saremmo sentiti offesi dall’uscita di Massimo Giannini, ennesimo uomo qualunque inferto al Paese come se quel nome fosse un marchio di fabbrica, che in sostanza riduce la nostra civiltà al fard e al rossetto che vanno eroicamente mostrati al nemico terrorista quando si va all’Erasmus. La normalità più modesta e ordinaria è dunque la bandiera dei nostri supremi valori che garrisce al vento. Tutte cose dette molto meglio nel post di Anna Lombroso (qui). Purtroppo al contrario del continuo mensongement del giornale di cui cura le pagine economiche e di Ballarò, si sentiva che il pistolotto d’occasione soffriva di una narcisistica sincerità di fondo, essendo espressione dell’insostenibile leggerezza dell’essere raggiunta in Occidente per cui anche l’oggettistica più comune, il consumismo più ovvio acquista un significato simbolico, è un’arma da guerra di civiltà. Erasmizzatevi atevi e partite, siate cosmopoliti da discoteca o da innominabile turismo intelligente, più potreste fare orrore ai padri del pensiero, più sarete orgogliosi e in qualche modo tracotanti assertori della miseria del pensiero unico.

 

Del resto in questo stessi giorni abbiamo assistito all’eccentrica e insensata  teoria delle fioriere nella quale si è esercitato il meglio della stupidità reperibile nei cachet televisivi: se sulle ramblas ci fossero state barriere di vasi da fiori l’attentato non ci sarebbe stato. Ma forse anche cospargendo i viali di fard o magari stordendo i fanatici con lo chanel numero cinque a cui non sono abituati. A chiunque abbia conservato una qualche facoltà di pensiero è del tutto evidente che un attentato si fa dove si può e con i mezzi adatti: se sulle ramblas di Barcellona ci fossero state le fioriere l’attacco sarebbe stato fatto in altre strade o utilizzando diversi sistemi. Ma sapete tutti questi discorsi degli improvvisati strateghi fiorai sono vaniloqui ingannevoli: la lotta al terrorismo non viene davvero combattuta con i mezzi che davvero occorrerebbero ovvero una reale sorveglianza dei soggetti ritenuti a rischio e reparti speciali addestrati a intervenire e di certo non facilmente identificabili. Non servirebbe a molto perché è il terrorista che sceglie il campo, il tempo e gli strumenti, ma almeno avrebbe una qualche probabilità di dissuasione, specie se i soggetti, come quelli di Barcellona, non paiono volersi immolare in ogni caso. Le difese fisse e  l’ostentata presenza di schieramenti in forza, servono a ben poco contro il terrorismo, ma hanno invece un altro scopo: da una parte quello di rendere più palpabile la paura, dall’altra quella di asseverare la volontà del potere di garantire la sicurezza e l’incauto affidamento ad esso anche quando ci priva di libertà e di diritti. Del resto se davvero si volessero difendere i cittadini bisognerebbe in primo luogo evitare il carnaio medio orientale e africano dove invece i governi occidentali hanno mani e piedi in pasta e in seconda istanza fare di tutto per catturare vivi i terroristi, per capire meglio intenzioni, moventi, reti, conplicità provenienze, centrali di comando: al contrario i terroristi vengono uccisi anche senza alcuna necessità, come è accaduto platealmente a Barcellona.

Ora non voglio pensare che questo sia dovuto al fatto che si voglia proprio evitare che questi parlino e sollevino un verminaio su verità inconfessabili, sugli arcana imperii, metttiamo da parte per un momento questa spada di Damocle che pesa sulle narrazioni ufficiali e diciamo che una simile strategia di azione risponde invece al desiderio che così come gli inutili spiegamenti di forza, anche la disumanizzazione del terrorista che rimane sempre una sorta di maligna astrazione, il mostro colpito nel videogioco, abbia maggiore efficacia simbolica e rimanga privo di riferimenti reali. Anche questa insomma è immagine è l’insostenibile leggerezza del terrorista che assolutamente non può rivelarsi più consistente del nulla consumistico al quale siamo inchiodati e che d’altronde è il cotè antropologico del neo liberismo.