images (2)Ieri sera ho infilato la magica chiavetta usb nel televisore e mi sono rivisto un film di quasi dieci anni fa, Green Zone, un buon film tra azione e denuncia anche se uno di quelli che come i pater noster e le ave maria di penitenza sono volti a scaricare la coscienza dell’impero, dopo gli orribili peccati: si abbiamo distrutto un Paese, fatto decine di migliaia di morti civili in via diretta e chissà quanti in via indiretta, tra cui mezzo milione di bambini come prezzo che vale la pena pagare come disse la Allbright, ma vedete noi siamo tanto democratici che lo diciamo coram orbe terraqueo. Ed è così ogni volta.

In questo caso però lo spettatore non è sottoposto solo al rituale confiteor hollywoodiano, al soldato che non sa, al generico e ambiguo discorso contro la guerra che arriva dopo due ore di guerra spettacolarizzata e dunque falsa, ma si trova di fronte al soldato che vuole sapere e che scopre come siano stati i servizi segreti o parte di essi a confezionare, interpretando una volontà politica,  la balla della armi di distruzione di massa di Saddam, a far comparire dal nulla il pretesto per la dissoluzione progressiva dell’ Irak oltre a tutte le successive e tragiche conseguenze. Per di più la solita redenzione finale sul filone de L’ultima minaccia, “questa è la stampa e non la puoi fermare” è abbastanza debole, giusto un contentino  e comunque mostra un’informazione internazionale completamente subornata dagli uomini dei servizi di cui si fa megafono, senza avere la possibilità e nemmeno la voglia di andare a scovare un qualche brandello di verità. Che vive nella “zona di smeraldo” (così si chiamava il quartier generale americano a Damasco nel libro a cui si è ispirato il film) tra piscine cocktail, generali, portavoce, spioni e finti dossier, insomma dentro un mondo illusorio senza che il lettore o lo spettatore abbia la percezione di questo corto circuito. E senza che sia data la speranza, l’indizio che questo di cose possa cambiare.

Al tempo in cui il fim è stato realizzato le menzogne sulle armi di Saddam erano già ben note, così come era noto il ruolo avuto dai media nel diffonderle senza alcun controllo e la lunga catena di bugie e di depistaggi, cui collaborarono attivamente i “nostri” servizi ( metto nostri tra virgolette non essendo ormai altro che estensioni dell’intelligence americana) e venne alla fine fuori non certo per la voglia  dei “cani da guardia della democrazia” di vederci chiaro, visto che ormai amano le polpette bugiarde, ma a causa della furibonda rissa interna tra i potentati e i palazzi del potere Usa, tra il Pentagono di  Rumsfeld e di Wolfowitz, la Casa Bianca di Dick Cheney, il Dipartimento di Stato di Powell e la Cia di Tenet: alla fine fu quest’ultimo a vuotare il sacco, una volta pensionato.

Vedendo Green Zone mi sono chiesto come sia possibile, che dopo quanto è accaduto e le evidenze che bugie sostanziali sia state dette in qualunque occasione, dalla Jugoslavia, all’Ucraina, dalla Georgia alla Siria, ci sia ancora tanta gente disposta a dare un credito illimitato alle informazioni che arrivano dai servizi segreti, vale a dire nel caso del medioriente o degli attentati ispirati dalle guerre occidentali in quell’area del mondo, le uniche informazioni disponibili. Già di fondo un servizio segreto è quasi istituzionalmente tenuto per sua stessa natura al silenzio o alla menzogna nel caso in cui parli e aspettarsi lumi da questi ultimi è come sperare in bassi interessi da un cravattaro, ma la fede nelle loro parole sfiora davvero l’assurdo nel momento in cui si sa che l’intelligence è per molti versi autoreferenziale, ossia agisce non solo su direttiva politica, ma fa anche una propria politica e quando le tesi propalate risultano lacunose, incerte e contraddittorie, sospette. Tuttavia esse sono accolte come fossero vangeli nonostante l’esperienza pregressa e nonostante che sia abbastanza facile seguire il percorso degli eventi, delle piste sulle quali si lasciano tracce vistose e persino delle armi di cui, ad esempio, si serve il terrorismo: è come se ogni volta si dovesse ricominciare da capo nella narrazione per poi giungere alle stesse delusioni.  Non c’è praticamente area del mondo o problema aperto in cui l’informazione occidentale non sia subalterna alle centrali di intelligence e alle loro vaste reti di fiancheggiamento che per prima cosa ” infiltrano” l’informazione sia dal basso che dall’alto fino a creare verità inesistenti e flussi di opinione che ne appoggiano i disegni, sia in loco che in campo internazionale. L’ultimo in ordine di tempo è il Venezuela che ha affrontato 21 tornate elettorali di vari livelli in 18 anni, ma viene considerato, persino dai rimasugli di sinistra, come non democratico, mentre l’imboscamento dei beni di consumo e la vera lotta armata dei ricchi contro i poveri ha avuto come centrali comitati, enti, organizzazioni residenti a Washington e inequivocabilmente gestiti dai servizi. Il fatto è che gli errori di Maduro che pure esistono hanno una natura puramente formale, niente a che vedere con il fatto sostanziale – faccio solo un esempio –  che un Paese come il nostro venga governato da un Parlamento sostanzialmente illegittimo. Ecco qualcosa su cui riflettere per chi ha il feticismo delle forme.

Ma questo non lo dicono i servizi segreti e dunque sono opinioni. Però bisogna essere davvero sciocchi per credere a occhi chiusi nell’intelligence, anche se è comprensibile fare affidamento su qualcosa che non si ha.