Anna Lombroso per il Simplicissimus

Sia pure non sorpresi, ci siamo indignati per lo scherno osceno di tal Vito Giuseppe Giustino presidente del Cda della società cooperativa l’Internazionale,  intercettato nel corso della la nuova inchiesta della procura dell’Aquila sugli appalti per la   ricostruzione  nelle zone compite da sisma del 2016. Di lui il Gip scrive: “ ride  l’uomo, ai domiciliari, annuisce e ride parlando delle future commesse, in particolare ad Amatrice” mentre sta al cellulare  al telefono con  un compare, il geometra della sua stessa ditta, che gli riferisce del proficuo colloquio  con Lionello Piccinini, dipendente del Mibact Abruzzo, a sua volta ai domiciliari, dopo il terremoto di Amatrice. Sia pure non sorpresi ci siamo indignati per le conclusioni delle indagini preliminari nell’inchiesta sui crolli delle palazzine ex Iacp di piazza Sagnotti ad Amatrice dopo il terremoto della scorsa estate, che causarono la morte di 22 persone.  “Per come erano state realizzate sarebbero crollate con qualsiasi sisma”, ha detto il pm di Rieti Rocco Maruotti.  “Tutti i pilastri risultavano molto sottili, con spessore prevalente pari a 20 cm, e la loro armatura era esigua”.

E ecco che scopriamo che si sono indignati anche i vertici della regione Umbria targati Pd insieme alla Nestlè, che si sentono vittime di una campagna denigratoria a suon di  fake condotta dai soliti noti, quei disfattisti di professione che sanno solo azionare macchine del fango. Alcune associazioni e organizzazione di base, ma si sono associati anche   urbanisti – in odor di 5Stelle? –   professoroni molesti, parrucconi e gufi di quelli che stanno sempre a sollevare obiezioni e alzare ostacoli alla libera iniziativa avrebbero lanciato una petizione menzognera per fermare una iniziative lanciata appunto dalla regione, che in accordo con l’azienda si propone di realizzare una mega struttura nella piana di Castelluccio.  I fondi per l’avvio dell’opera, circa 200 mila euro sono frutto di generose donazione della Nestlè e altri benefattori. Al resto, circa 2 milioni, penserebbe la Protezione Civile con fondi pubblici da impegnare nella costruzione di un imponente falansterio, provvisorio a loro dire – e dio sa quanto questo termine  suoni inquietante quando si parla di terremoti da Messina in poi – destinato a “riavviare l’economia messa in ginocchia dal sisma, accreditandosi come polo d’attrazione per operatori dell’alimentazione e turisti”.

Ah sono proprio stizziti e risentiti  i partner dell’operazione. Hanno convocato la stampa per far sapere che a differenza di quanto denunciato dai diffamatori non si tratta di un centro commerciale. Magari viene da dire, macché, benedetto dall’immancabile archistar chiamata a coprire le magagne esonerata dal progettare il dopo fiera, il “cosa fare dopo” opera costosa come la realizzazione soprattutto dove i rottami e le macerie restano a futura e vergognosa memoria, quello che hanno in animo i promotori è l’edificazione di una specie di expo dell’alimentazione 2, con stand, capannoni e padiglioni tirati su nel bel mezzo della piana della lenticchia. Messi a disposizione di dinamici imprenditori della nutrizione, ristoratori, commercianti, dettaglianti, insomma quella tipologia di operatori che ha come figura leader il norcino dell’ex reuccio, quello che ha imperato in regime di monopolio al ballo excelsior di Milano. Che stavolta non chiameremo norcino, perché produttori e imprenditori locali saranno si invitati come d’altra parte quelli del resto d’Italia e magari anche di Europa, ma probabilmente sono condannati ad essere esclusi.  Perché a Castelluccio non ci arriva nessuna strada, il paese crollato è ancora invaso dalle maceria, non sono mai arrivate le famose casette di legno. Nel lungo inverno le bestie degli allevamenti sono morte di fame e freddo, le aziende hanno chiuso i battenti che gli addetti erano stati esiliati in alberghi, si sono rifugiati da parenti e hanno perso la speranza di un ritorno dall’esodo.

Ma come? Rintuzza la cordata dell’Expo del fu paradiso della lenticchia, cittadini . poco più di una decina, e operatori del settore sono stati informati e consultati sulle sorti della loro radiosa  e immaginifica pensata, pubblicizzata dalla ditta Nestlè e dalla regione con poche e sentite righette che magnificano le potenzialità della loro fiera delle vanità mangerecce e le ricadute per le sventurate popolazioni locali, che possiamo già figurarci nei panni di camerieri precari, kellerine, comparse a uso turistico nei tipici costumi mentre affettano e incartano rpodotti venuti da chissà dove mentre intorno c’è il vuoto di idee, case, attività, socialità e cittadinanza.

Non c’è da stupirsi, troppe volte in tanti abbiamo denunciato l’immondo programma di rivitalizzazione e rilancio delle zone colpite dal sisma, zone di scarso interesse elettorale perfino in tempi nei quali le elezioni sono retrocesse a pratica notarile di accettazione ubbidiente di decisioni prese in alto, condannate a diventare parco tematico per la rivendita di parmesan  e wurstel, circuito per il turismo religioso . una delle parole d’ordine largamente imposte è stata “prima le chiese”, anche delle casette sorteggiate e mai consegnate – così come si vuole diventino le città d’arte e il paesaggio, spopolato di cittadini e servito da manopera senza vocazione, talento, cultura e dignità. Come saranno i ragazzi che oggi possono essere indotti a osgliere l’occasione di qualche vaucher, di un volontariato formativo dietro ai banconi della Nestlè. Svenduti senza nemmeno un piatto di lenticchie, quando nulla è stato fatto per restituire loro un lavoro, la terra e le attività tradizionali che ha generato, le case, le strade e le piazze in cui incontrarsi e ragionare, insomma un domani ma anche un oggi che valga la pena di vivere, di restare o di tornare là, di riavere quello che è loro e nostro.