Anna Lombroso per il Simplicissimus
Altro che vita spericolata, Vasco Rossi e i suoi fan vengono esibiti come modelli da imitare, replicare e esportare in piazze e arene, fulgidi esempi del rispetto del decoro e della decenza e dell’osservanza delle regole che disciplinano ordine, compostezza e civile contegno. È destino comune nascere incendiari e finire pompieri: con le rughe e i capelli incanutiti l’indole trasgressiva e anticonformista viene addomesticata, pena il ridicolo, l’insubordinazione e la disubbidienza scendono a patti col conto in banca. E se è invecchiata l’icona è capitato lo stesso alle sue cheerleader e ai suoi ammiratori anche se non dismettono i chiodi di pelle e si presentano all’evento in moto.
C’erano tanti giovani a Modena, ma si sa, per dar ragione a Tolstoj, che i giovani sono per natura conservatori e la nostra contemporaneità dimostrerebbe che alla protesta preferiscono la cagnara, Erasmus all’avventura, la paghetta all’indipendenza.
E per fare ancora un po’ di antropologia e di relativismo culturale un tanto al metro, basta leggere i commenti sui social network che mettono a confronto la piazza irrazionale di Torino che si fa prendere dal panico e tutto travolge in una fuga scomposta come alla Mecca, con la moderata festosità dei coretti di Albachiara, da una parte il popolino irragionevole e insensato delle tifoserie, dall’altro il mondo migliore del rock, o, perché no?, da una parte i malmostosi con insufficiente dotazione di senso civico che votano 5Stelle e dall’altra un “mondo migliore” forte dell’antica retorica delle geografie rosse, con le loro sezioni, i loro servizi d’ordine, le loro pacifiche ma potenti manifestazioni di popolo … e dire che basterebbe perfino leggersi un po’ di psicologia delle folle tramite Wikipedia per sapere che sono fatte più di materiali organici che della sostanza dei sogni.
Il fatto è che non c’è granché da aspettarsi da un posto sulla terra dove i leader politici guardano indiscriminatamente a un pantheon di ispiratori tra Dylan Dogg e Jovanotti, Madre Teresa e Edwige Fenech, i Righeira e Dossetti, Mandela ma pure Fanfani, caro alla cerchia renziana anche per contiguità geografica. O dove un bel po’ di gente si riconosce nei cinici e mediocri arrivisti di Sordi vigile, negli impauriti impiegati di Villaggio soggiogati, frustrati e incattiviti, nei borghesi piccoli piccoli che affiorano dalla mota della mediocrità grazie a vendicativi dolori, o negli avventori dei Roxy bar urbani o di paese, un popolo di individualismi che hanno paura e diffidano degli altri e si riconoscono e ritrovano scandendo il nome della squadra del cuore o cantando in coro una canzone sotto le stelle immaginando che stanno vivendo alla grande.
Ma d’altra parte quello a godersi i circenses pare sia l’ultimo beneficio erogato come una elargizione quando i diritti, quelli veri, e le libertà, quelle doc, sono negate. E quando lo è diventato, un diritto, anche la “sicurezza”, limitata magari all’apericena nei dehor delle enoteche e delle bettole con cucina fusion, al concertone delle star delle ragazzine, alla partitona vista dagli spalti finalmente aperti pure alle tifoserie nere e razziste che ricattano club e giocatori. E come si incazzano con i sindaci che non glielo garantiscono quell’ordine pubblico attrezzando ghisa e piazzardoni, con la polizia che ai loro occhi deve tutelarci dalla presenza molesta e ingombrante di forestieri, accattoni, stranieri e non, lavavetri, rom, mendicanti, fiorai, che turbano il loro decoro ma non la loro coscienza, purché però la sbirraglia sia invisibile, meni e sanzioni altri invisibili senza disturbare il passeggio o il fresco sui lungarni, sui lungotevere, sui navigli. Pronti all’abiura e alla rinuncia di larghi segmenti di prerogative, libertà, desideri, speranze offerte come necessario sacrificio per essere protetti da nuovi mostri, primo tra tutti quel terrorismo che fa sospendere perfino le gare di offshore a Brindisi nel timore che un lupo solitario diriga l’imbarcazione sulla folla festante degli appassionati, o l’invasione inquietante di altri da noi che compromettono il domestico e irrinunciabile godimento del maxischermo, della birra a garganella, dei centri cittadini retrocessi a luna park.
Viene da pensare che ci hanno talmente abituati alla delega a cominciare dalle urne, che siamo così addestrati all’irresponsabilità da aver bisogno di guardiani, controllori, vigilantes che tengano a freno i nostri istinti. E da considerare inevitabili restrizioni, intimidazioni, repressioni, limitazioni di movimenti, azioni, aspirazioni. Di una in particolare, sopita, repressa, vissuta con senso di colpa, quella alla libertà.
chi vuole, legga:
http://ilpedante.org/post/migrazioni-terapeutiche-o-i-pericoli-delle-fiabe
Scrive anonimo, gli extracomunitari col telefono cellulare… !
Ma che extralusso, roba da Warren Buffet o Geoge Soros……
Ho appena comprato un modello pagato 11 euro perchè non spreco il mio tempo a leggere istruzioni ed imparare ad usare funzioni e stronzate varie
Sono sicuro che adesso Anonimo dirà di aver visto extracomunitari che girano con l’ultimo smart-phone di Cupertino, ed a seguire con una mercedes extralusso…
Se lei Jorge, di quel che scrivo, vuol capire fischi per fischi, senza seguire il senso del discorso, lo faccia pure.
Il il suo discorso lo ho seguito con estrema attenzione, lo si vede dalla tanta risposta argomentata (che la condivida o meno).
Mi è sembrato però che lei ripetesse degli stereotipi sugli extracomunitari, osservare con raccapriccio il loro cellulare forse era sensato intorno al 1988-89 quando questo era quasi da upper-class (non lo avevano, ma qualcuno lo sosteneva)
Che lei sgomenti oggi per il cellulare degli extracomunitari inocula in tutti noi la preoccupazione che le sue analisi sugli extracomunitari non siano state fatte da lei con il suo consueto approfondimento. Rispettosamente.
il cellulare quando è una fissazione è una forma di isolamento dalla realtà che li circonda, sicuramente dalla nazione che li circonda, se aspettiamo questi personaggi da stranieri da cellulare per un cambiamento che tuteli i diritti delle classi subalterne e disagiate, STIAMO FRESCHI ( sti signori con i celluare fisso , sono equiparabili al popolo beota o ai bimbi minkia…)!
per cellulare fisso intendo la fissa per il cellulare, che è il sostituto della fissa per la tivvù, per il calcio, per il circensens…
“inocula in tutti noi la preoccupazione che le sue analisi sugli extracomunitari non siano state fatte da lei con il suo consueto approfondimento. ”
Io invece inizio a preoccuparmi quando qualcuno inizia ad usare il plurale maiestais…
un esempio di collaborazione italiani.stranieri nelle lotte sindacali… sembra che si parlino lingue diverse… di chi è la colpa ?
Tutta degli italiani ?
Degli stranieri ?
Gli stranieri danneggiano i posti di lavoro degli italiani ?
Li danneggino i prenditori italiani ?
Gli stranieri sono mai andati a Roma per protestare contro l’abolizione dell’art. 18, contro la costituzione oligopolistica della triplice sindacale, contro lo scassamento economico italiano indotto dalla zona euro ?
Con chi se la prendono gli stranieri, con altri lavoratori italiani ?
http://www.lastampa.it/2017/06/30/italia/cronache/operai-precari-contro-i-garantiti-in-fabbrica-la-guerra-tra-poveri-oZnJbTFyLHg3USi1jyPWsO/pagina.html
l’articolo ha solo riportato il parere di un lavoratore su 200, inoltre l’essere immigrati non c’entra, eventualmente sono gli effetti della segmentazione, fatta con la differenziazione contrattuale e le esternalizzazioni .
La stampa, il giornale della Fiat…. che altro poteva dire… in effetti non ha detto niente Ccmunque il trend degli ultimi anni è quello di cui le ho parlato e proprio per questo i giornali come la stampa fanno un articolo del genere, le lotte dei facchini hanno riguardato tutto il nord e messo in moto anche gli italiani, chi vuole si informi…
Viene da pensare che ci hanno talmente abituati alla delega a cominciare dalle urne, che siamo così addestrati all’irresponsabilità da aver bisogno di guardiani, controllori, vigilantes che tengano a freno i nostri istinti. E da considerare inevitabili restrizioni, intimidazioni, repressioni, limitazioni di movimenti, azioni, aspirazioni. Di una in particolare, sopita, repressa, vissuta con senso di colpa, quella alla libertà.
vigilantes che tengano a freno i nostri istinti…. una sorta di super-io giustapposto…..
immaginifica come sempre, chissà se condiovide la critica alla soggettivita esplosa col sessantotto in cui si è profuso il suo collega…