Ve lo dico all’inizio dell’estate così che l’autunno non colga nessun impreparato: si sta preparando una nuova stangata sulle pensioni come dimostrano i ben due disegni di legge costituzionale a firma di una cinquantina di deputati che vanno dal Pd (capofila Mazziotti di Cl) a Fratelli d’Italia in un abbraccio corale della destra reazionaria, sotto qualunque etichetta vera o fasulla militi. Dentro questo sciocchezzaio legislativo troviamo tutte le deprimenti considerazioni del liberismo più ottuso, riprese a pappagallo da gente che non sa quello che dice, ma sa benissimo quello che fa. In poche parole le pensioni per via costituzionale dovrebbero essere improntate a criteri “di equità, ragionevolezza e non discriminazione tra le generazioni”, una frasetta che forse all’uomo della strada potrà apparire innocua e persino di buon senso, ma che in sostanza annuncia una stagione di totale arbitrio sulla consistenza dei trattamenti pensionistici, sugli anni necessari a conseguirli e infine sull’età a partire dalle quali potranno essere erogati.
Siccome siamo nel campo della pura trascrizione di ordini fatta da amanuensi subalterni alla ricerca di assoluzioni, di alibi e di mascheramenti, non manca il ridicolo e demenziale elemento della discriminazione generazionale che oltre ad essere un assurdo, non viene presa in considerazione da nessun documento economico ed è persino snobbato dal presidente dell’Inps Boeri che invece rivela, sulla scorta dell’ Ocse, che il vero problema è un altro e precisamente la precarietà del lavoro: “è forte il rischio che i lavoratori più esposti al rischio di una carriera instabile, a una bassa remunerazione in lavori precari non riescano a maturare i requisiti minimi per la pensione contributiva anche dopo anni di contributi elevati. Più semplicemente i trentenni potrebbero essere costretti ad andare in pensione a 75 anni per ricevere, se matureranno i requisiti, una pensione inferiore del 25 per cento rispetto a quanto ricevono i pensionati di oggi.”
Insomma né l’Ocse, né Boeri collegano il problema delle pensioni future con presunti eccessi di quelle precedenti ( spesso pagate con sacrifici , leggi contributi che superano in valore reale i benefici), ma invece con il combinato disposto di precarietà e bassi salari, il tutto in qualche modo giustificato con ipotesi sull’aumento aspettativa di vita che al contrario sembra in via di arretramento. Ma l’indegna sinistrucola di governo italiana, invece di porre rimedio ai guasti da lei stessa provocati al mondo del lavoro, preferisce acchiappare citrulli con la suggestiva cavolata delle disuguaglianze generazionali che pare meno carognesca del deprecare l’eccessiva durata della vita come fa la signora Lagarde. Naturalmente entrambi i disegni di legge che si propongono di modificare l’articolo 38 della Costituzione prendono a pretesto le difficoltà del sistema previdenziale italiano e le pressioni europee per porre rimedio a questa situazione.
Però come in tante altre occasioni anche in questo caso siamo di fronte a una colossale balla che viene messa in piedi grazie a una lettura strumentale e bruta dei dati che nel caso specifico indicano una spesa pensionistica Italiana attorno al 18,8 % del Pil contro il 16,5 della Francia e il 13,5 della Germania o il 15,1 della media Ue. Tuttavia si tratta di calcoli del tutto disomogenei perché nella spesa pensionistica italiana figura anche la liquidazione che non è affatto una prestazione pensionistica, ma un prestito forzoso dei lavoratori e questo incide per l’ 1,7% del pil. C’è poi il fatto che la spesa pensionistica italiana viene considerata al lordo delle ritenute fiscali che in altri Paesi come la Germania nemmeno esistono o sono molto basse, mentre da noi le aliquote fiscali sono le stesse di quelle applicate ai redditi da lavoro. Questo “aggiunge” un altro 2,5% sul pil. Allora vediamo un po’: 18,8 meno 4,2 (ossia la somma delle due sovrastime principali) fa 14,6 ovvero un incidenza della spesa pensionistica inferiore alla media europea. Oltretutto fin dal 1998 il saldo fra le entrate dei contributi e le uscite delle prestazioni previdenziali al netto è sempre stato attivo e l’ultimo dato non stimato , ma certo che risale 2011 parla di 24 miliardi attivo. Quindi il sistema pensionistico non solo non grava sui bilanci ma li migliora. Una realtà che nasce dai numeri , ma che viene pervicacemente negata da una classe di informatori sempre più cialtrona e servile e resa vera da legislatori ancora peggio dei loro megafoni.
Che poi l’Inps sia in difficoltà perché si deve accollare spese assistenziali che niente hanno a che vedere con le pensioni è un altro discorso, che un attivo così importante sia per metà merito dei lavorati immigrati, non toglie che viviamo in un tempo in cui la voglia di disuguaglianza e di sfruttamento delle elites è tale da travolgere ogni realtà. Siamo in una sorta di Cambogia di Pol Pot dove il contrario del vero è continuamente ripetuto affinché le vittime ( in questo caso i più giovani) collaborino alla loro stessa rovina o come perdenti fatti e finiti se la prendano con i vecchi e non con la loro incapacità di azione politica.
@ post del simplicissimus sul turismo a berlino
A Rostock (ex DDR), esiste un quartiere bellissimo, direttamente sul mare ed in sintonia con l’ambiente e la natura. L’ architettura richiama in qualche modo la vecchia architettura tedesca del centro storico, ma più funzionale, ed i colori sono senza soluzione di continuita con il paesaggio marino.
Ma non è opera del ritrovato capitalismo, il quartiere fu costruito dal governo comunista, ora è abitato dalla elite cittadina fatta di personale amministrativo, scientifico , che ha sostituito quello locale, brutalmete sostituito per volere del governo di kohl
Alberghi bellissimi e costosi, che qualcuno penserebbe costruiti grazie al passaggio al capitalismo sono anche essi un lascito del comunismo, comprati al costo di un euro simbolico da assicurazioni e konzerne dell’ovest. Un vecchio, giardiniere di un grande albergo, mi diceva che egli era uso prenotare un soggiorno in quello stesso albergo, e aveva diritto gratuitamente al soggiorno, l’albergo era di proprietà dei sindacati, quelli del vecchio regime. Oggi ci doveva lavorare per non arrivare neanche alla fine del mese, affermava con malinconia
Quando Kohl promise il cambio del marco est alla pari con quello nuovo ovest, molti anche ad est gioirono, avevano improvvisamente piu potere di acquisto), ma per poi scoprire che si trattava di un frutto avvelenato. I prodotti industriali dell’est si rivalutarono del 300 % costringendo le fabbriche dell’est alla chiusura. La società Treuerhandanstalt fu quindi incaricata di vendere le industrie DDR, lo fece a prezzi simbolici, ma i konzerne occidentali che ne beneficiarino poterono ricavarne grandi vantaggi. Le industrie DDR fino ad un momento prima erano capaci di esportare ampiamente in tutta l’europa occidentale, i beni immobili svenduti erano di eccellente qualità, ho conservato fino a pochi anni fa una wartburg regalatami da un amico tedesco e posso garantire che era una automobile eccellente superiore di molto alle Fiat coeve (la propaganda ridicolizza le trabant volutamente economiche dimenticandosi delle ottime wartburg)
Si volle scientemente distruggere l’economia della germania dell’est (della fruttuosa esperienza si uso il know-how per fare la stessa cosa con l’europa). Si vollero inoltre sostituire per legge insegnanti, ranghi elevati e medi di ogni settore, con gente venuta da ovest umiliando le ottime professionalità della DDR in tutto il mondo stimate. Vi furono storici, scienziati, licenziati tutto ad un tratto delle università dell’est, per far posto a polli in batteria educati secondo le ideologie occidentali, mentre gli studiosi licenziati avevano scritto libri e fatto studi che si ponevano all’avanguardia della cultura mondiale. E’ morto da poco in miseria Erich Petzold,uno storico del fascismo e del nazismo di livello stratosferico, egli fu licenziato in tronco insieme al suo collega di berlino Gerhard Feldbauer, che oggi scrive su junge welt articoli censurati in italia perche denunciano la deriva autoritaria del nostro paese
L’anschluss, non riunificazione, perpetrata dalla Bundes Republik Deutschland ai danni dello stato di ulbricht ed honecher, è stata la palestra che ha poi consentito alle borghesia tedesca (la più produttiva del mondo), di riproporre lo stesso schema verso l’europa intera. E’ questo che spiega il declino di alcuni paesi europei, la cui industria per il mezzo dell’euro, è stata sostituita da quella tedesca. Vendere in euro a paesi esterni alla moneta unica, comporta un grande svantaggio competitivo, a causa del tasso cambio molto elevato che è pertinente all’euro in quanto moneta forte. Per la Germania nulla cambia, l’euro ha stessa forza del marco e per tale nazione il problema non si pone, (ancora una volta la finanza come fenomeno isolato non c’entra un cazzo, come si vede l’euro è funzionale alle esigenze ad all’export delle merci Deutsche Produktion)
Bisogna anche dire che senza l’euro la lira ed altre monete simili sarebbero state distrutte dalla speculazione finanziaria, si sarebbero ripetuti gli attacchi alla lira che imposero nel 1993 la manovra Amato da 90.000 miliardi. Vale a dire, il pesce grande mangia necessariamente il pesce piccolo (italia, grecia, etc), un morso te lo dà la finanza, l’altro te lo da il capitale produttivo, ma scampo non c’è fin quando si rimane nel capitalismo che è ad un tempo finanza produzione e rendita (smith, ricardo, marx)
Sempre a Rostock, nella vicina Schwerin, funziona ancora la importazione del caffè dalle zone più povere dell’africa (politica di honecker), un caffè che al consumatore costa un terzo di quello ovest ed è molte volte migliore di questo ed anche di quelli italiani. Per non parlare delle lavatrici della ex DDR, di cui è pienala corea del nord, ormai non vi sono più i ricambi dai primi anni 90 (treuhandanstalt), ma esse continuano a funzionare senza mai rompersi per il vantaggio della corea del nord che le acquistò. Quanti sanno che il primo microchip fu messo a punto nella DDR e dalla sua scienza ?
se non fosse stato sufficientemente chiaro, la conversione alla pari del marco dell’est con quello dell’ovest distrusse l’industria e l’economia dell’est, le produzioni dell’est improvvisamente si rivalutarono del 300% e furono sostituite da quelle occidentali
Questa esperienza forni alla borghesia tedesca il know-how per rifare successivamente la stessa cosa con i paesi dell’unione europea, questa volta attraverso l’euro (virtu di tutte le unificazioni monetarie)
L’acquisto da parte dei capitali tedesco-occidentali delle pregiate industrie dell’est a prezzi ridicolmente bassi, ha un corrispettivo nella svendita fatta dalla grecia dei propri aereoporti, e proprio ai maggiori operatori tedeschi ( ci sarebbero tanti esempi)
molto molto interessante
È importantissimo parlare e scrivere di queste esperienze. La ringrazio per questa testimonianza interessante.
In fondo negli ultimi 25 anni si è solo fatta propaganda contro il socialismo reale, deformandone i lineamenti fino a renderlo irriconoscibile a chi lo ha conosciuto, previo poi assolvere il “capitalismo reale”, qualunque ne fossero gli eccessi, i limiti, i fallimenti.
Ovviamente si “mostrificano” a tutt’oggi altre esperienze, come quella cinese, che invece è piena di lati interessanti, aspetti positivi. Insomma non il “grigio piatto” di una dittatura repressiva, come vorrebbero farci credere, è una fesseria che sta solo nella testa dei propagandisti.
La storia renderà giustizia di queste bugie e dei quadri a tinte cupe. Ma forse, con un po’ di lavoro e buona volontà, non bisognerà aspettare altri 50 anni prima che succeda.
L’ha ribloggato su bondenocome ha commentato:
Tuttavia si tratta di calcoli del tutto disomogenei perché nella spesa pensionistica italiana figura anche la liquidazione che non è affatto una prestazione pensionistica, ma un prestito forzoso dei lavoratori e questo incide per l’ 1,7% del pil. C’è poi il fatto che la spesa pensionistica italiana viene considerata al lordo delle ritenute fiscali che in altri Paesi come la Germania nemmeno esistono o sono molto basse, mentre da noi le aliquote fiscali sono le stesse di quelle applicate ai redditi da lavoro. Questo “aggiunge” un altro 2,5% sul pil. Allora vediamo un po’: 18,8 meno 4,2 (ossia la somma delle due sovrastime principali) fa 14,6 ovvero un incidenza della spesa pensionistica inferiore alla media europea. Oltretutto fin dal 1998 il saldo fra le entrate dei contributi e le uscite delle prestazioni previdenziali al netto è sempre stato attivo e l’ultimo dato non stimato , ma certo che risale 2011 parla di 24 miliardi attivo.
o
se conosce altre cose simili, ce la racconti Jorge