Matteo Renzi e Giuseppe SalaLa cosa che meno mi potrebbe stupire al mondo è che il sindaco di Milano ed ex commissario straordinario all’Expo, abbia ricevuto nuovi avvisi di garanzia per turbativa d’asta in merito all’assegnazione di alcuni appalti della mega kermesse. Tanto più che secondo quanto si apprende essa riguardava la Mantovani, impresa implicata anche nella variante di valico e nel Mose veneziano, opera già decotta prima ancora di essere finita, e dunque al centro del sistema collusivo nazionale.  Questa volta però il primo cittadino della ex capitale morale non ha messo in piedi lo squallido teatrino dell’ auto sospensione cessata dopo quattro giorni, come avvenne al tempo del primo avviso, ma ha afferrato a pieno lo spirito marcio del tempo e nelle sue “amareggiate” repliche per essere stato coinvolto in vicende opache rivendica lo sforzo intrapreso per “poter fare di Expo un grande successo per l’Italia e per Milano”.

Ora è davvero intollerabile che vengano tuttora diffuse balle su quel mega ristorante del magna magna che ha causato una perdita di un miliardo e mezzo di soldi pubblici e di 200 milioni se si tiene conto di tutto il giro di affari sviluppatosi attorno alla manifestazione, com’è ovvio che sia se si considera che il 38 per cento dei visitatori proveniva dalla stessa Lombardia, il 46% dal resto dell’Italia e solo il 16 per cento da altri Paesi , quasi tutti da Francia e Gran Bretagna, in genere turisti comunque in vacanza da noi e che hanno fatto una puntata a Milano. Insomma una delusione totale anche sul piano dell’immagine che tuttavia è ormai diventata una bugia di stato corroborata anche da altre “chicche” sinergiche come il presunto superamento di Roma quale meta turistica annunciata dallo stesso affidabilissimo Sala sui dati unicamente di mastercard. Questa volta però il primo cittadino è andato oltre: ha fatto capire fra le righe e nemmeno tanto che le pratiche poco lecite sono dei mali minori a confronto dei guadagni permessi dall’Expo, dunque meriterebbero una sorta di franchigia.

E’ esattamente la filosofia del berlusconismo perfezionata per così dire dal renzismo che ne è il succedaneo: cosa volete che sia un po’ di corruzione, l’avvantaggiare gli amici e gli amici degli amici (opera buona non gratuita evidentemente) se poi tutti ci guadagnano?  A questo punto è chiaro che il presunto successo della manifestazione milanese non è più un dato economico, è una sorta di deforme pilastro etico a cui aggrapparsi ad ogni costo: tutti si rendono conto che esiste una fetta speculativa e corruttiva che non va alla città o al Paese, ma semplicemente a lor signori,  però finché alla fine i conti sembrano tornare, almeno nel bilancio dai media e non su quello vero, si può fare ingoiare ai cittadini anche la più nefasta infedeltà alle regole del buon governo . Quindi è imperativo nascondere il disastro globale, presentarsi come il deus ex machina di un successo, per cancellare le macchie che deturpano il radioso panorama. Non c’è da illudersi, molti ci cascano, non pensano che alla fine ciò che viene rubato viene rubato a loro e ai loro figli. Non magari direttamente, ma creando un Paese marcio dove solo le pantegane del regime sguazzano e hanno un qualche futuro. Un Paese dove s’installano anche le mafie straniere vista la corrività del sistema.

Infatti l’Expo e il suo corteo di opacità ha rappresentato plasticamente questa situazione inaugurando per la prima volta ufficialmente il lavoro gratuito e totalmente precario, pagato con buoni pasto, come esperimento preparatorio all’epoca dei voucher, qualcosa che ha fatto esultare Poletti un territorio questo inquietante per molti versi visto che se volevi lavorare, magari nel miraggio di essere poi assunto da qualche parte, dovevi firmare un’impegnativa al silenzio che è al di fuori di ogni regola di lavoro e probabilmente anche della Costituzione. Ma di certo Sala non si amareggia per questo.