banksterNell’era del neo liberismo lo Stato serve principalmente a questo: a sollevare i ricchi privati dalle loro responsabilità e ad evitare che paghino per gli errori, le manipolazioni, i giochi irresponsabili, le grassazioni  che hanno compiuto. Ed è quanto sta accadendo anche con la generosa offerta di Banca Intesa di comprare per un euro la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, soffocate ormai dalle conseguenze di gestioni opache: detto così, come del resto viene comunicato dai canali televisivi, sembrerebbe un atto di generosità mentre al contrario si tratta di una vera e propria truffa nei confronti dei cittadini, uno di quei giochi che l’elite è ormai libera di fare avendo in mano l’informazione e tenendo in tasca la politica.

Banca Intesa infatti vuole affrontare la spesa di un euro, ma solo per la parte buona dei due istituti di credito, ovvero gli sportelli, i beni patrimoniali, i titoli di stato posseduti e i crediti esigibili, ovvero quelli in massima parte detenuti dai poveracci col mutuo o con il micro prestito , mentre lascerà i titoli tossici, i crediti inesigibili o che non si vogliono esigere, le partecipazioni azionarie fallimentari alla creanda “cattiva banca” (in italiano si esce fuori dagli eufemismi anglofoni) che in sostanza si accollerà tutti i debiti e che ovviamente verrà finanziata dallo stato oltre che dai piccoli risparmiatori con in mano le obbligazioni subordinate. Il mondo della politica ringrazia perché questa generosa offerta gli evita di perdere la faccia nel caso di una bancarotta che prevederebbe anche la mattanza dei conti sopra i centomila euro, secondo gli accordi che loro stessi hanno firmato. Conti che prevalentemente sono quelli di chi per vocazione o necessità fa affari con la politica e che si vendicherebbero.

Banca Intesa sa bene come sfruttare questa gratitudine estorta al prezzo di un euro: per ora si accontenta appena di chiedere la messa in mora della democrazia, della giustizia e della stessa Costituzione, esigendo per portare a termine l’operazione una serie di norme che la sollevino da tutte le pendenze legali presenti, future o semplicemente possibili che riguardano gli istituti incamerati. Insomma lo Stato, ovvero tutti noi, non è altro che un donatore di sangue affinché i ricchi possano fare affari estorcendo di fatto prestiti a fondo perduto per ripianare le voragini create dagli errori e dagli inganni. Nulla viene dato in cambio, non c’è alcuna contropartita in denaro e nemmeno alcuna nazionalizzazione che dovrebbe essere quanto meno doverosa in questi casi, ma solo debito pubblico che i cittadini dovranno ripagare in corpore vili e arricchimento privato: una delle ragioni per cui l’Europa canaglia chiude un occhio sugli sforamenti su questo capitolo e su quello di Monte Paschi.

Quanto all’arricchimento privato non c’è alcun dubbio: i soli prestiti personali e al consumo ( senza contare i mutui casa) ammontano ormai a quasi 260 miliardi di euro e con un interesse medio del 9 per cento l’anno, significa per il sistema bancario un trasferimento di circa 24 miliardi l’anno. E così Banca Intesa che già fa la parte del leone in questo campo si approprierà di molte posizioni sul microcredito al consumo sui quali potrà ampiamente lucrare. Del resto questo è il nuovo territorio di caccia delle banche dal momento che una parte notevole di questi prestiti avviene direttamente con la cessione del quinto dello stipendio (parliamo in gran parte dell’impiego pubblico a quello privato o precario ci pensano le finanziarie) realizzando un corto circuito tra lavoro e rapina. Parlo di rapina perché in realtà le operazioni di prestito delle banche non corrispondono a nulla se non alla digitazione di cifre su una tastiera, sono operazioni fittizie che trasferiscono il valore reale del lavoro in un debito senza alcun corrispettivo o con corrispettivo minimo, mai più alto del 5% del valore nominale complessivo.

Tutto questo ovviamente sta creando una bolla italiana che si aggiunge a quella in preparazione al di là dell’atlantico: per ora fa pil, anche se in misura molto modesta visto che il credito al consumo finisce per gran parte su prodotti importati e dunque realizzati altrove, ma si prepara a fare boom in un futuro probabilmente più prossimo di quanto non si pensi. L’unica soddisfazione sarà almeno di veder travolto un governo indecoroso e un ceto politico che azzanna democrazia per sopravvivere.