Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non sappiamo quanto siamo fortunati a essere cresciuti in tempi e luoghi dove non ci è toccato il destino di non essere voluti, di essere guardati con sospetto e diffidenza, di essere così molesti da farci desiderare di essere invisibili, di stare acquattati e nascosti in anfratti bui come i sorci, di essere dannati a non avere documenti, leggi, nazionalità e nemmeno nome, ma, nel migliore dei casi, un numeri sotto le  impronte digitali.

A qualcuno malamente sorteggiato dalla lotteria naturale invece è successo e succede, così come in tempi passati è accaduto a generazioni prima delle nostre  e come è probabile possa accadere ai nostri figli, se non ne difendiamo i diritti come qualcosa che ci è stato concesso in prestito con l’impegno a tutelarlo per altri dopo di noi. E anche per noi stessi, persuasi malignamente che si possano scambiare contro garanzie e sicurezze sempre più labili e discutibili.

Ve ne sarete accorti, subito a ridosso dei dati elettorali una ‘pletora di commentatori e opinionisti, di quelli che misurano il sentiment popolare monitorando ristoranti e aerei pieni, ha ventilato l’ipotesi che il voto abbia dimostrato che il cosiddetto buonismo dell’altrettanto cosiddetta sinistra di governo non paghi, che i sindaci che hanno promosso un’accoglienza più o meno caritatevole, siano stati penalizzati dalle urne, rei di non aver saputi interpretare gli umori degli italiani brava gente stufi marci di tollerare l’invasione di quelli che ci espropriano di beni e servizi, venendo prima di noi negli asili, nelle graduatorie di assegnazione degli alloggi, nei pronti soccorsi, costringendoci a ricorrere alle strutture private e poi nei target dei beneficati dai caporali, nelle more del lavoro nero dentro a capannoni h 24 lavoro e alloggio, o dentro le case a cambiare pannoloni e pannolini, su impalcature a rischio e pure in quei centri simili a lager per l’oltraggio dei più elementari requisiti di umanità, e perfino sopra e sotto le acque del Mediterraneo, da dove minacciano di rovinarci i bagni e le gite in pedalò.

Non l’avessero mai fatto: una politica che mai stanca di suscitare, portare e a galla, e dare voce ai peggiori istinti per legalizzare e legittimare repressione, riduzione delle prerogative e della libertà, per convincere che è necessario sottomettersi a intimidazioni, ricatti, paura, si è sentita finalmente autorizzata a muovere guerra agli ultimi della graduatoria, nella speranza che sia la strada per andare su su fino ai penultimi, a quelle file dietro dove si sono i poveracci nati qua e che si devono arrendere alla condizione di schiavi locali, a disposizione delle localizzazioni legali degli scafisti in doppiopetto.

E se per Salvini è stato il doveroso riconoscimento della sua lungimiranza e della sua attitudine all’ascolto di borborigmi e e altri suoni velenosi provenienti dalle pance dei concittadini, se per il Pd che se la gode delle sconfitte nemiche come fossero le sue vittorie, è stata l’ammissione che la sua mai ammessa débacle, se c’è,  è figlia di comportamenti virtuosi e di valori civili e democratici: quelli che sovrintendono alle sue riforme?, se per Forza Italia è una testimonianza in più in favore delle leggi razziali del governo del Cavaliere e dell’ideologia alla Santanchè, per i 5Stelle è l’occasione per estrarre da dentro il movimento quei veleni che hanno sempre circolato ma che erano stati messi a tacere per ragioni di opportunismo.  A intrepretarli con inedito fervore istituzionale è la sindaca Raggi che su mandato dell’indiscusso leader, realizza i programmi  – non compiutamente realizzati – del respingimento e dell’esclusione di indimenticati predecessori: Alemanno, certo, ma pure il Veltroni dei pogrom amministrativi e non solo contro i rom, diversamente cittadini anche se nativi italiani da generazioni.

Altro che riforma elettorale, altro che scaramucce tra bulli che fingono soltanto di menar colpi, fendenti, ma sotto sotto sono d’accordo nel dividersi il bottino del racket, ormai il partito unico dimostra di essere ispirato da una ideologia unica, quella stessa che impone l’ubbidienza a un impero che colpisce i poveri, sale della terra, nelle loro geografie e anche in quelle dove cercano riparo, che predica inimicizia divisiva per meglio comandare, che aggiorna razzismo e xenofobia in modo da declinarli anche tra gli apparentemente uguali per pelle, colore, religione.

E non è da dire che succeda per motivi elettoralistici. Per il partito unico il voto deve essere sempre di più una formalità notarile, nemmeno per il consenso cui si preferiscono persuasione violenta e ricattatoria,  repressione anche tramite Daspo urbano, suggestione attraverso contentini e mancette umilianti. Questo ormai è un regime di guerra che spinge il presidente francese a dichiarare la fin dell’eccezionalità delle leggi speciali, perché ne sia sancita l’aberrante normalità, che raccomanda al governo e ai sindaci di mostrare il pugno di ferro senza più guanto di velluto, in modo da armare poveracci contro poveracci, disperati contro chi sta peggio, che ispira la stampa a propagandare minacce senza informazione, allarmi senza cifre, esodi e piaghe senza bibbie. E che ha il compito esplicito di giustificare ingiustizie, inefficienze, incapacità, inadeguatezza sguainate come spade contro gli stranieri e gli stranieri in casa loro: servizi cancellati, assistenza demolita, case negate a fronte di immensi patrimoni immobiliari abbandonati, lavoro interdetto quando le opere pubbliche e l’occupazione indotta servono a azionare i motori della corruzione e del clientelismo  invece che a salvaguardare i beni comuni.

Si salvi chi può adesso che la storia è uscita dal nostro presente senza insegnarci niente. E anche il futuro ci sta lasciando soli.