Anna Lombroso per il Simplicissimus

Lo so già che qualcuno avrà da dire: con quello che succede in giro per il mondo vai a occuparti di faide tra poteri … E invece non bisogna stancarsi di ripetere che esiste non un complotto: oramai quasi tutti avviene in modo esplicito e dimostrativo,  bensì un disegno di destabilizzazione che passa per terrore e morte seminati da gruppi e individui, cupole e clan, apparati deviati ma anche stati assimilabili a organizzazioni criminali grazie al dispiegarsi di eserciti, militari, amministrativi, governativi, o burocrazie variamente addette a stabilire l’egemonia di pochi che hanno tutto diritti compresi, e i più, sempre più immiseriti e depauperati di prerogative  e libertà.  È quel totalitarismo, la cui nozione  si aggiunge a quelle di due fenomeni già diagnosticati per suffragare surrettiziamente le affinità di nazismo e comunismo, dimenticando  che all’origine di regimi ed esercizi del dispotismo nazista ci sono poi gli stessi manovratori che aspirano in ogni tempo al dominio totale delle persone attraverso il possesso dei mezzi di produzione, al governo assoluto dell’economia, sicché l’assetto politico e istituzionale devono mettersi al servizio dell’ordine padronale e finanziario vigente.

E infatti il fil rouge della paura corre, l’intimidazione e il ricatto vanno di pari passo con bombe “intelligenti “e tir sulla folla, convertita in possibile vittima di inevitabili effetti collaterali, attraverso violenza ferina ma organizzata, un linguaggio e una comunicazione assoggettati che stravolgono la realtà cancellando ogni distinzione tra vero e falso, e, soprattutto, grazie a uno strapotere inostacolato, impunito e che si rende autoimmune a critica, regole e leggi e che proclama guerra contro i tribunali, i controllori, gli organi di vigilanza per affermare il primato di una ingiustizia su misura di interessi, profitto, avidità, sopraffazione e disuguaglianze

Perfino i più piccoli ci provano sempre, dittatorelli e valvassori dell’impero. Uno, per esempio, mai stato eletto in parlamento e non più premier, ha intrapreso sulle orme di un suo leader di riferimento, dopo aver più volte manifestato il suo fastidio per parrucconi in veste di costituzionalisti, sorveglianti nelle vesti di sovrintendenti, sapientoni nelle vesti di chiunque abbia fatto buon uso di letture e studi, dopo aver esibito garantismo a intermittenza: giudici si giudici no a seconda dell’aria che tira “pro o contro” indagati e inquisiti appartenenti alla sua azienda di “famiglia”, ha proclamato di voler “riformare” i Tar, per liberare il paese e la democrazia che tanto gli sta a cuore dal giogo iniquo di cavilli e ricorsi. L’occasione è la vituperata  sentenza dei giudici amministrativi del Lazio in merito alla nomina discutibile di alcuni direttori di prestigiose istituzioni culturali che gli ha fatto dire con incollerito sprezzo: non abbiamo sbagliato a riformare i musei, abbiamo sbagliato a non riformare i Tar (ne ho parlato qui: https://ilsimplicissimus2.com/2017/05/26/grazie-tar-fuori-i-mercanti-dai-musei/) . Anche se sospettiamo  che il suo intento innovatore non si voglia esprimere nei confronti di tutti i Tribunali amministrativi, salvando quello che provvidenzialmente  respinse i ricorsi mossi contro di lui in merito a irregolarità commesse durante la sua brillante carriera di amministratore locale.

Perché proprio come per il suo padrino, tribunali, amministrazione giudiziaria, magistratura, organismi di controllo sono molesti fino a diventare potenzialmente eversivi quando vanno a rompere le uova nel paniere dei suoi traffici, della sua subalternità festosa  a intrallazzatori, corruttori e corrotti, multinazionali criminali che non sono paghi di una giustizia incline a assolverli e prescriverli, di misure che i loro studi legali dettano a parlamenti supini, ma esigono atti dimostrativi da consumare per convincere i cittadini che non c’è più spazio per uguaglianza e libertà.

«Attualmente chiunque può presentare un ricorso e bloccare l’attività di un’azienda. Questo sistema senza certezze per chi lavora va assolutamente cambiato»,  ha sibilato uno dei consigliori di Renzi, a riprova che ormai l’interpretazione del termine “lavoro” è arbitraria e discrezionali, riferibile unicamente a manager, imprenditori, pure quelli assassini dell’Ilva, della Thyssen, e pure a uffici legislativi di ministeri. Perché quello che “rode” a lui e pure al governo fantoccio che ci ha lasciato in eredità sono le bocciature ripetute delle sue riforme e dei sui provvedimenti, da quelli meno “vistosi” ma non meno illegittimi e iniqui come il suo  sistema di calcolo dell’Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalente), utilizzato come parametro per l’accesso ai servizi assistenziali che penalizzava i disabili, alla riforma della Banche Popolari, nel mirino del Consiglio di Stato, lo stesso che gli era stato utile quando l’aveva giudicato “incapace di percepire l’illegittimità del suo operato” in merito a una discutibile assunzione di consulenti eccellenti, dalla Legge Madia, alle leggi mandate alla firma del Colle senza la bollinatura della copertura finanziaria, al decreto truffa con il quale aveva scippato 300 milioni ai comuni sardi.

Sotto sotto, ma non poi tanto, l’irriducibile trombato vorrebbe soprattutto cancellari poteri e competenze del tribunale che odia di più, colpevole di avergli detto sonoramente di No, quello del popolo.