484a72252cd059894a2000541172bfccDeludo subito chi nel titolo vuole scorgere esoterismi di qualche tipo o estrapolazioni fantastiche, perché mi riferisco al Pentagono come edificio, quello che ospita il quartier generale della difesa Usa: la sua sola presenza dovrebbe rendere piuttosto sospette e ingenue le vulgate sulla storia della seconda guerra mondiale e le successive concatenazioni di eventi o quanto indurre a qualche curiosità e a qualche domanda. In effetti quell’edificio, tutt’ora il più grande del mondo, ha qualcosa di magico perché il suo gigantismo esprime una verità evidente che tuttavia viene negata e appare insodanbile: esso testimonia del fatto che l’idea organica dell’impero sia nata molto prima del conflitto mondiale e non sia una sua fortuita conseguenza, che molto della retorica che accompagna l’intervento americano copre in realtà questo scopo dominante.

Stando alla narrazione ufficiale l’11 settembre 1941, data di inizio della costruzione del Pentagono, gli Usa erano una potenza pacifica, formalmente non coinvolta nel conflitto, ignara di ciò che i giapponesi stavano preparando a Pearl Harbor, ancora incerta se entrare in guerra o meno anche se le tendenze isolazioniste erano quelle di gran lunga più diffuse e superabili solo attraverso uno choc. Nonostante questo sin dall’anno precedente si era deciso di costruire un nuovo gigantesco centro nevralgico delle forze armate ( che peraltro pochi anni prima avevano già una loro nuova sede) del tutto sproporzionato rispetto alle ambizioni ufficialmente espresse e anche alle necessità poste dall’eventuale entrata nel conflitto, come se ci si aspettasse che quei seicentomila metri quadri, quei sessanta ettari di stanze, corridoi, sale e bagni per bianchi e per neri (la separazione era totale) dovessero servire a compiti più globali e impegnativi.

Quando la costruzionè venne avviata è probabile – visto che tutti gli indizi concordano – che Roosevelt e Hoover sapessero di un colpo di mano in progetto da parte del Giappone, peraltro un’ottima occasione per entrare in una guerra da cui la maggior parte degli americani voleva rimanere fuori, ma la decisione di costruire questo enorme falansterio della guerra risale a mesi prima e si concreta quando l’operazione Barbarossa contro l’Unione sovietica ottiene un succcesso folgorante, facendo temere che una Germania in grado di sfruttare le enormi risorse russe potesse oscurare il dominio anglosassone. E’ in quel momento che prende avvio concretamente il progetto i cui disegni vengono approntati appena prima della costruzione delle varie strutture per fare più in fretta. Praticamente in contemporanea con la decisione finale di entrare in qualche modo nel conflitto, persino a fianco del “pericolo comunista”: ideologicamente le elites Usa non potevano immaginare che un regime sovietico tra l’altro accreditato di sfavore popolare e di purghe che col passare degli anni hanno attinto cifre del tutto fuori controllo, potesse non solo resistere all’urto delle armate tedesche, ma passare al contrattacco e dopo la vittoria far loro concorrenza, diventare in pochi anni una superpotenza con cui dover fare i conti. Infatti due anni dopo, quando le armate sovietiche cominciarono ad avanzare su tutto l’immenso fronte, la preoccupazione cambiò totalmente di segno e l’incubo divenne quella di una Unione sovietica in grado di sfruttare la tecnologia e la scienza tedesche, un pericolo ancora peggiore per l’impero che impose un’accelerazione nelle operazioni belliche fino ad allora condotte con una certa flemma, magari sperando che i bombardamenti a tappeto inducessero un cambio di regime in Germania.

Ma insomma in quel 1941 la decisione di mettere in piedi un enorme centro nevralgico per la guerra, peraltro vulnerabile perché fu usato poco ferro in previsione delle necessità del conflitto, con un gigantismo pressoché inutile visto che i comandi reali e operativi erano altrove, ebbe un valore più che altro simbolico, quello di edificare una stele in pietra per significare una volontà di dominio globale. Infatti sebbene l’edificio possa ospitare 40 mila persone, mediamente ce ne lavora poco più della metà, molte delle quali appartenenti non alle forze armate propriamente dette, ma ai servizi e al personale diplomatico. Insomma un colosso simbolico per la gestione politica della forza che precede la guerra e progettato in vista del dopoguerra.