Volevo assolutamente evitare di parlare di Manchester, ma il coro dei media maistream che ripropongono il medesimo copione di sempre come prefiche un tanto a lacrima, l’incapacità di porsi domande sensate, il rituale incrocio delle stesse e ambigue fonti, l’evidente ignoranza della storia sono ancora più insoppportabili che in altre occasioni. Insomma ti strappano le parole di bocca. Già perché l’attentato che Rita Katz ha attribuito all’Isis con marchio Dop, scocca cronometricamente dopo il viaggio di Trump in Medio Oriente con il quale cambiano le priorità operative del caos made in Usa, focalizzandosi sull’Iran e lasciando che siano la Russia e Assad ad occuparsi del terrorismo importato nell’area siriana a simulazione della guerra civile.
Questa nuova alleanza liberal – saudito- sionista non mancherà certo di finanziare e rifornire i cosiddetti ribelli, ma si concentrerà nel fomentare lo scontro fra i sunniti (Isis) e gli sciiti: far fuori Teheran prezioso alleato strategico della Russia e della Cina è divenuto l’obiettivo principe degli Usa. Un cambiamento di linea che era stato già propiziato qualche settimana fa dal New York Times e da una delle sue penne più note, Thomas Friedman: nell’articolo ci si chiedeva per quale motivo si dovrebbe sconfiggere l’Isis in Siria, visto che quest’ultimo è la minaccia più grande per l’ Iran, per la Russia, per Hezbollah e per tutte le milizie sciite. Perché dunque combattere lo stato islamico?” Non gratuitamente, non adesso” conclude l’editoriale che ha anticipato la nuova linea trumpiana. Questo naturalmente mette in crisi le strategie basate sul jiahdismo di cui Londra è uno dei maggiori snodi, oltre a raggelare le mire inglesi sullla Siria. A me viene da ridere quando i giornali nostrani si chiedono allarmati come mai ci siano a Manchester tante persone magari di seconda o terza generazione legate alla Jihad. Forse non sanno che sono stati proprio i britannici a rifondare nel 1951 i Fratelli mussulmani, in precedenza disciolti, incarcerati e impiccati, per poter avere un retroterra con il quale combattere i regimi laici, anticolonialisti e socialisti che si annunciavano nel mondo islamico, in primis Nagib e Nasser.
L’islamismo politico, padre del jihadismo è da quasi 70 anni una delle leve di cui si è servita la Gran Bretagna, sia pure in funzione sulbalterna all’impero americano: più che naturale che ve ne siano i reperti, molti dei quali gestiti dai servizi di sua maestà. Il problema vero si è creato molti anni dopo, agli inzi degli anni 80, quando gli Usa favorirono la nascita del fondamentalismo islamico, in funzione anti sovietica, facendo con questo detonare il terrorismo. Di fatto la connesione tra la cultura dell’ islamismo politico e fondamentalismo è la miscela che si è concretizzata nell’avventura dell’Isis. E’ facile vedere come la nuova dottrina Trump (ma sarebbe meglio dire Horowitz, ispiratore della teoria del “Grande satana” di Teheran, maestro del neo-con Stephen Miller, quello che ha scritto i discorsi del neo presidente in Medio Oriente) , non può certamente piacere a Londra la quale vede il declino delle sue leve e delle sue mire come valvassino di Washington. La nuova strage degli innocenti richiama di nuovo lo sdegno sull’Isis e sulla sua pericolosità, ma non si vede perché il califfato avrebbe dovuto ordinarla nel momento in cui la pressione su di esso come nemico principlae viene allentata.
Tirare conclusioni su questo complicato mondo sarebbe azzardato, ma lo è di più bersi cronache che trascurano completamente il contesto degli eventi. Del resto intere generazioni allevate nel malgusto e nella popstarizzazione della mente, non chiedono altro che di essere esentate dalla fatica di comprendere la narrazione nella quale sono tragicamente coinvolte, vittime innocenti solo perché inconsapevoli.
Salman Abadi Labidi, presunto attentatore suicida di Manchester, non era un profugo, ma aveva beneficiato di uno dei tanti programmi speciali di protezione dei servizi segreti inglesi. Salman era nato da genitori libici a Manchester nel 1994. Suo padre, Ramadan Abadi, era un ufficiale dei servizi segreti libici, prima di essere reclutato dagli inglesi.
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La capacità di manipolare i fanatici musulmani a distanza deriva da una catena di comando perfettamente organizzata.
Tra la cupola (il direttivo del RIIA a Londra, il CFR a New York e i dipartimenti di Islamistica di Cambridge e Oxford) e le masse per le strade del Cairo, di Teheran, Tripoli, Bengasi, Baghdad e Kabul c’è un’intricata rete a più livelli.
Subito sotto l’oligarchia angloeuropea e americana, che formula le politiche, c’è lo strato degli avvocati, orientalisti e altri professionisti con il compito di attuarle.
Sotto di loro, e ben più numerosi, stanno gli intermediari diretti tra i leader arabi e i consiglieri della cupola: sono questi intermediari a patrocinare i seminari e a dirigere gli enti, sono loro a dispiegare sul campo gli agenti del livello inferiore.
Ancora più in basso troviamo i comandanti sul campo dei Fratelli musulmani, i talebani, il ramo libico dell’ISIS, l’Esercito siriano libero, vale a dire il personale generale.
Organizzati in cerchi concentrici, hanno la responsabilità diretta di organizzare le forze d’assalto e i capi religiosi secondo i principi metodologici che uniscono i Fratelli musulmani.
Agiscono sempre con la protezione e il tacito appoggio di militari, governi e servizi segreti di ciascun Paese musulmano. Infine, per strada, ci sono i peones.
La massa di povere anime manipolate, la carne da cannone del Grande Gioco.
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