C’è vita oltre la terra? Chi lo sa, nessuno ce lo può dire e men che meno, anche se può sembrare paradossale, scienziati interessati a mantenere posti accademici, fondi per la ricerca, giganteschi investimenti in nuovi strumenti spaziali o terrestri e che quindi sono portati a barare con se stessi diffondendo a piene mani ipotesi e brividi alieni, anche solo per la presenza di acqua, per creare un’atmosfera favorevole ai finanziamenti. Ora io sono lontanissimo da qualunque atteggiamento misoneista, ma i 20 miliardi spesi nell’ultimo decennio (spese di gestione e di contesto a parte) per sapere se su Marte è mai apparso un mezzo microbo o se ci sono in giro per la galassia altri pianeti simili alla terra, mi sembrano un po’ troppi, soprattutto perché questa massa di soldi potrebbe essere più efficacemente utilizzata per proteggere meglio la vita sulla terra e cercare di far restare abitabile il pianeta.
Ciò che sappiamo sulla nostra forma di vita è che ci ha messo 2 miliardi di anni per evolversi da uno stato di molecole autoreplicantesi a organismi in grado di ultilizzare la fotosintesi, un altro miliardo e mezzo per dar vita strutture complesse animali e vegetali, mentre ci sono voluti altri 700 milioni di anni perché uno di questi esseri acquisisse la coscienza razionale dell’essere, tanto per usare un gioco di parole. In quest’ultimo periodo sul quale ovviamente conosciamo di più, vi sono state numerose estinzioni di massa o l’innesco di condizioni planetarie sfavorevoli alla vita, cosicché il problema non è se ci sono i presupposti per la vita (i composti organici e pure l’acqua sono diffusi ovunque nell’universo) o se essa abbia avuto un qualche inizio, ma quante probabilità ci siano che essa attecchisca per tutto il tempo necessario a strutturarsi e a creare una diversa organizzazione che chiamiamo mente. Da un punto di vista statistico, abbiamo fatto pochissimi progressi perché mentre l’universo si è allargato, si sono complicate anche le condizioni per la nascita e il mantenimento della vita per così lunghi periodi e dunque anche per trovare pianeti realmente in grado di proporsi come gemelli, fratelli o cugini della terra che peraltro non siamo in grado di raggiungere. Non parliamo poi di intelligenze aliene che oltre ad essere sempre più improbabili in una porzione di spazio relativamente vicino hanno anche l’ostacolo temporale, ossia quello di poter essere sparse e isolate in eoni di tempo come isole alla deriva.
Così, visto che fra l’altro le tecnologie per scoprire esopianeti sono ormai alla portata di tasche amatoriali, almeno per quanto riguarda i nostri dintorni galattici, non si vede la ragione per uno sforzo così massiccio e così costoso come se potessimo andare a colonizzare altri pianeti la prossima settimana. Ma il fatto che questo tema sia divenuto così popolare e anche così mal -trattato a cominciare dagli stessi scienziati, pone anche il problema di una scienza divenuta una sorta di industria mondiale, la quale ogni giorno scopre qualcosa, ma è allo stesso tempo stagnante perché il suo allargamento elefantiaco favorisce la burocratizzazione accademica e finisce per sistemare tutto dentro i modelli standardizzati, senza mai metterne in discussione i principi. Cinquecento anni fa bastarono le osservazioni empiriche dei navigatori transoceanici, inspiegabili nel modello tolemaico e l’invenzione del telescopio per dare inizio a una rivoluzione intellettuale gigantesca. Oggi con tutti gli strumenti che abbiamo non facciamo un passo al di là della relatività e della meccanica quantistica, aggiustando, aggiungendo particelle, superando le difficoltà con l’introduzione di nuove ipotesi non esperibili come materia ed energia oscura.
Ad ogni modo non capisco perché si possano spendere cifre gigantesche a fondo perduto (semmai una qualche utilità è questione di parecchie migliaia di anni) per la ricerca degli esopianeti o della vita nel nostro sistema, mentre sembra impossibile spendere cifre assai più modeste, per esempio nello studio di malattie rare, trascurate anzi esorcizzate dalle aziende del farmaco perché contrarie all’etica del profitto. Oppure per mettere a punto e diffondere tecnologie pulite o per migliorare quelle le cure che spesso vengono orientate dalle possibilità speculative. O per altre migliaia di imprese scientifiche utili alla vita sulla terra, anche se mi rendo conto che la cosa ha meno fascino. Forse questo disturba il mercato e il profitto, introduce variabili indesiderate all’oligarchia mentre i soldi pubblici vengono incanalati verso settori senza alcuna possibilità di ritorno? Se gli alieni ci dovessero giudicare da questo ci considererebbero alienati.
chi vuole, legga:
https://comedonchisciotte.org/forum-cdc/#/discussion/97703/un-provvedimento-abnorme-che-riporta-litalia-ai-tempi-bui-dellinquisizione
chi vuole ,legga:
http://www.ildiariodellavoro.it/adon.pl?act=doc&doc=56899#.WSW1zR-YFph
chi vuole, legga:
https://comedonchisciotte.org/la-militarizzazione-farmaceutica-della-societa/
Le spese per l’industria spaziale sono come le spese per gli armamenti. Esattamente come non esiste alcun pianeta “fratello” o “sorella” sul quale poterci espandere, così non esiste alcun motivo per dilaniarci in guerre fratricide, con buona pace della geopolitica ancien règime la cui unica ragion d’essere è quella di inventare degli antagonismi inesistenti che giustifichino la continuazione degli eccidi. Le guerre, come si sa, sono invece necessarie per far fare ottimi affari all’industria delle armi di cui, per esempio, Trump è efficacissimo ambasciatore al punto che riporta dal suo viaggio in Arabia Saudita contratti per 100 milioni di dollari di armamenti e para-armamenti che si tradurranno anche in decine di migliaia di nuovi posti di lavoro. Ecco a cosa serve un presidente oggi!
L’industria aerospaziale, comunque, è un po’ la stessa cosa anche perché fa sostanzialmente parte dell’industria degli armamenti non solo in quanto ha strutturalmente a che fare con il controllo e l’annichilimento delle popolazioni mondiali (grazie a satelliti spia, droni, scudi spaziali e quant’altro) ma perché promette anche di sviluppare nuove tecnologie suscettibili di impiego immediato nel settore militare e, secondariamente, in ambito civile.
Del resto, quante volte abbiamo sentito la giustificazione “morale” della guerra e delle costosissime ricerche spaziali con le ricadute tecnologiche positive che sarebbero piovute su di noi! Argomentazione che si può tranquillamente neutralizzare facendo notare che i risultati ci sono solo grazie alla gigantesca massa di denaro che è servita a produrli! Se quelle stesse somme fossero state impiegate nel settore civile, all’interno di un progetto pacificamente condiviso fra tutte le nazioni esistenti, avremmo già ottenuto cento volte i risultati che la ricerca militare e spaziale ci hanno dato da un secolo a questa parte.
Alla fine non si può non notare che il capitalismo è rapina a tutti i livelli e che le tasse dei cittadini vengono, attraverso i parlamenti, sistematicamente deviate dagli usi benefici per le popolazioni e indirizzate a rimpinguare l’industria della guerra nei suoi vari avatar, che contemplano anche, appunto, la ricerca spaziale. Per chi poi avesse una particolare sensibilità verso i posti di lavoro che l’industria della guerra e dello spazio innegabilmente procurano, suggerisco in futuro di tener conto di un nuovo coefficiente che misuri quanti morti ammazzati ha indirettamente provocato ogni posto di lavoro creato in quel comparto. Giusto per assegnare le responsabilità a chi le merita.
Sono d accordo,gli alieni,preferisco i nostri vicini o meglio ancora i nostri fratelli,loro ci osservano,indignati per lo scempio che abbiamo fatto sulla nostra Madre Terra,loro non si curano dei nostri soldoni sperperati a finanziare obsolete ricerche,ma si chiedono per l appunto del perche vengono lasciati morire di fame bambini di questa terra,famiglie ridotte in miseria,ancora guerre e nefanda scienza per il potere supremo,sprechi di risorse inimmaginabili….Tutto questo è deprimente,e l entusiasmo per la scoperta di esopianeti è pura ipocrisia.
Che vengano pure a risvegliare Coscienza,che ne abbiamo bisogno.