Anna Lombroso per il Simplicissimus
In questi giorni mi sorprendo a guardare quasi con indulgenza alla ministra Boschi, colpita da inattese e improvvise agnizioni. I primi segnali c’erano già stati quando era stata accusata di voler commissariare il governo quando era stata costretta a emanare un severa circolare per rammentare a colleghi riottosi che erano tenuti a rispettare l’obbligo di legge di far pervenire “in preventiva visione alla Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio, per il tramite del Segretario generale, ogni schema del provvedimento, destinato a essere adottato in forma di Decreto del presidente del Consiglio o Decreto del presidente della Repubblica ….. come anche gli schemi di atti amministrativi e per i documenti, di qualsiasi natura, da sottoporre alla deliberazione o all’esame del Consiglio dei ministri”, imposizione cui evidentemente si erano sottratti a conferma indiretta di averla considerata una suppellettile ereditata – come certi ritratti di zie zitelle – la cui collocazione sul controbuffet è tollerata a malincuore per uno di quei vincoli morali che tengono unite le famiglie unite da questioni di interesse.
Poi sarà stata lasciata di stucco quando le sue dolci pressioni sull’ influente ad di Unicredit perché valutasse l’acquisizione della banchetta di casa non sortirono alcun effetto: pare che Ghizzoni abbia pensato bene di trasmettere lo spinoso dossier alle sue intendenze e si può immaginare che abbia azionato sul cellulare il dispositivo di blocco al numero della vivace e impertinente forosetta al governo.
Immaginate che amara meraviglia abbia suscitato alla spericolata amazzone ancora in sella nella compagine governativa il cauto e pensoso silenzio che la circonda, del medesimo Ghizzoni trincerato dietro al rituale no comment, di colleghi di governo e di partito, di senonoraquandiste che non possono attribuire le indiscrezioni e le denunce tardive al maschilismo sempre tirato in ballo quando il bersaglio, anche doveroso, è una donna, comprese Lagarde, Fornero, Merkel, Lorenzin.
E me la figuro sconcertata come tutti i bugiardi abituali e coattivi quando qualcuno li smentisce, quando osano mettere in dubbio, carte alla mano, menzogne spudorate, quando viene smascherata una pretesa di innocenza, quando si svergogna la rivendicazione di custodire e tutelare l’interesse generale. Come si permettono, avrà pensato la squinzia istituzionale, questi svariati manovratori della macchina del fango di dubitare delle buone intenzioni che mi avrebbero spinta ad agire per aiutare con il salvataggio di istituzioni bancarie quel piccolo mondo antico di risparmiatori golosi che ha investito con leggerezza in illusioni vendute un tanto al chilo dai suoi familiari. E che erano obbligati moralmente, per appartenenza alla politica come si configura oggi, a dare la guazza alle piccole innocenti bugie proclamate in conferenze stampa senza contraddittorio, quando la vezzosa giovinetta ha sempre sostenuto di essersi giudiziosamente appartata in occasione di occasioni istituzionali e processi decisionali in materia di aiuti di stato al sistema finanziario, di essersi oculatamente ricoverata in stanze attigue, per non condizionare nemmeno con un battito di lunghe ciglia o un dardeggiare dei begli occhioni il civile confronto. Infatti, ci è dato di capire, la “lobbyna” delle banchette di paesello, si è data da fare secondo modi e sedi più domestiche, come in fondo si addice ai morigerati costumi di una ragazza di provincia, ben conscia dei suoi obblighi nei confronti della famiglia che l’ha fatto studiare e di quella allargata che ha premiato le sue ambizioni, se è vero come sembra che un piccolo Gotha bancario fu convocato in un summit d’urgenza informale nel salotto di villa Boschi, in provincia di Arezza, casualmente luogo d’eccellenza piduista, con lei a fare gli onori di casa.
Ecco, dico la verità, nutro un po’ di compassione per la ministra, come ne ho provata per qualche olgettina, per ragazze bellocce che dopo qualche comparsata in qualità di veline, avendo dimostrato di non possedere il necessario talento, sono finite nel migliore dei casi a propagandare materassi. Come finisco per sentirla nei confronti di chi ha pensato che con la cieca fedeltà o con lo sfrontato conformismo, attraverso la più impetuosa abnegazione e sottomissione ai comandi, si è conquistato un imperituro posto nel paradiso dei servi e privilegi e prebende inviolabili. C’è il rischio che ne abbia perfino per quelle che in barba a lotte per la conquista di autonomia e libertà, hanno scelto di convertire in beneficio personale l’abuso di pregiudizi e stereotipi di genere, esercitando addirittura quel potere che tira più di un carro di buoi, convertendo qualità e fragilità in armi micidiali, per tutti e soprattutto per le altre donne chiamate a condividere il prezzo del loro tradimento alla causa del riscatto. Ma non cedo alla tentazione, marioli e mariole che hanno trovato la strada per sconfinare dalle birichinate al crimine non meritano solo giustizia, si sono guadagnati anche la vendetta.
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio gestisce un centro di potere con una autonomia di spesa di 4 miliardi di euro all’anno, che può utilizzare con la più completa discrazionalità.
Mentre gli altri ministeri devono controllare le spese, il sottosegretariato controlla i 2 miliardi della protezione civile, spende 237 milioni per il personale di Palazzo Chigi e 150 milioni all’anno per “beni e servizi”.
Secondo Franco Bechis:
“A Palazzo Chigi quest’ anno si spendono circa 21,5 milioni di euro in più del 2016, e la lievitazione inattesa è tutta nelle spese correnti, che tornano a superare il miliardo di euro con un incremento di 36,3 milioni.
“Ma quel che fa comprendere la differenza fra i due governi è la notevole lievitazione delle spese del segretariato generale di palazzo Chigi, il cuore pulsante del potere del governo. Lo stanziamento in questo caso passa da 403,57 a 537,9 milioni di euro, con un incremento di 134 milioni.
“Aumentano addirittura del 40 per cento i costi del trattamento economico accessorio degli staff di Gentiloni e del sottosegretario Maria Elena Boschi, che passano rispetto a Renzi e al suo sottosegretario Claudio De Vincenti da 2,7 milioni a 3,76 milioni di euro annui. Mentre per i ministri senza portafoglio la crescita è più limitata, passando da 4,5 a 4,8 milioni di euro”.
L’attacco alla Boschi fa probabilmente parte della lotta dei piccoli “poteri forti” italiani per la gestione delle risorse pubbliche.
L’ha ribloggato su profumo di donna.
Di queste “sciocchine” raccomandate siamo in molti a non sopportare più nemmeno che sia nominato il loro nome. Le olgettine facevano pochissimi danni in confronto a questa provincialotta. Spero cadano in un tale dimenticatoio per cui non saranno utili nemmeno a vendere materassi.
E io me la immagino quando doveva far il giro dei Sepolcri televisivi ad illustrare una Schiforma né scritta né abbozzata da lei (un po’ da Cassese, un po’ dalla sua istitutrice di buone maniere Finocchiaro, un po’ da Verdini e con qualche aggiunta di questo e di quello), affannata a non farsi travolgere dalle “technihalità” della stessa, studiata affannosamente su un bigino preparato magari dal suo ex spin doctor, Luca Di Bonaventura, quello che suggeriva alla Gruber e a Bruno Vespa da che parte utilizzare l’illuminazione della telecamera per esaltare tutta la botticelliana beltà del sembiante della madonna da presepe vivente laterinense, tra buoi ed asini piddini, come fanno tutte le studentesse universitarie da riporto sugli appunti fotocopiati, segnati, sottolineati da evidenziatori di tutti i colori dell’iride. Adesso il suo nuovo esperto d’immagine, tal Gianluca Comin, gli ha suggerito di non farsi vedere troppo in giro per studi lacché-televisivi (gliel’aveva suggerito pure il suo mentore rignanese a un mese dal referenzum fine mondo, vista la sua impreparazione genetica su tutte le materie che sub-odorano lontanamente di Diritto Costituzionale). Meno la si vede, meno voti perde il partito di maggioranza abusiva. Ha la rara (in-)capacità di lasciare tracce fragranti di CHANEL n.5 e macchie vistose di ESTĒE LAUDER effetto shimmer su Decreti ministeriali o bozze di ddl (vedi depotenziamento dell’ANAC di quel Benino da presepe partenopeo che lo dirige, si fa per dire, o correzioni fantasmate su vari capitolati del DEF).
Po’ra figlia che s’ha da fa per ffa campà er papà.