C_2_fotogallery_3011467_5_imageLe presidenziali francesi hanno almeno qualcosa di buono: mettere in luce i meccanismi mediatici del consenso che in pochi mesi hanno portato uno sconosciuto prodotto bancario, un sub prime della politica venduto ai francesi come scommessa sull’Eliseo. Un personaggio anche pieno di ombre per i suoi rapporti con l’ultra destra economica verificabili grazie al suo gruppo En Marche e tra l’altro portatore di una storia personale dai banchi del liceo in poi che di solito viene stigmatizzata dal medesimo complesso mediatico subalterno e benpensante che lo sostiene, mette in allarme le procure, aizza genitori, distribuisce condanne e lapidazioni, ma che in questo caso viene spacciata per distillato di romanticismo e non come sarebbe più appropriato come patologia edipica (vedi nota). Perfetta rappresentazione di come le elites si considerino al di sopra persino del moralismo comune che impongono agli altri come controllo sociale.

Ad ogni modo questa battaglia francese, combattuta senza esclusione di colpi, anche di quelli veri, ha il grande vantaggio di smascherare la falsa sinistra del meno peggio che chiacchiera, discute, sferza, sembra voler prefigurare un’ alternativa, fa l’occhiolino alle opposizioni, ma al momento delle scelte concrete si tira indietro e si  schiera sempre con il potere finanziario e oligarchico. Anche perché spesso la platea di cui gode è interamente pagata e apprestata proprio dal mondo che viene biasimato con la finalità evidente di neutralizzare  quando conta, ovvero quando si passa dalle chiacchiere al voto, l’area più critica. La scelta di Macron come meno peggio operata da Micromega è un esempio di scuola nella quale convergono interessi, quieto vivere editoriale, reperti ideologici mischiati a confusione in una sorta di materia plasmatica diretta al tubo digerente .

Perlomeno un’altra parte della sinistra, quella priva delle importanti zattere editoriali arriva a dire l’inosabile per i cattivi maestri di subordinazione di questi anni: ad esprimere una sorta di neutralità tra due forme di fascismo sintetizzati nello slogan né banchieri, né  razzisti. Si tratta di un importante passo in avanti rispetto al passato anche recente, l’indizio di una rottura con gli orrori del post moderno con cui si è civettato fin troppo a lungo senza comprenderne la natura profonda di veleno decostruttivo, ma sul piano concreto  la consapevolezza che entrambi i candidati sono il peggio e dunque la scelta di astenersi, ottiene il medesimo effetto cercato dai menopeggisti in servizio permanente attivo, ovvero l’astensione e l’elezione di Macron.

Mi permetto di dire che è altrettanto importante misurare la pericolosità dei due avversari, capire quali dei due una volta eletto lasci maggiori spazi di manovra e di crescita all’opposizione. E qui non c’è dubbio che Macron appoggiato dai media a senso unico e dalla finanza globalista, dall’Europa e dalla Nato oltre che da da un parlamento subalterno potrà essere in grado di procedere velocemente alla decostruzione dello stato e alla sua sostituzione con poteri non elettivi, oltre che, ovviamente, ai massacri sociali che del resto ha già prefigurato. La Le Pen invece, anche da presidente sarebbe comunque molto debole dal punto di vista dell’organizzazione del consenso e avrebbe per giunta il merito di mettere in discussione quei meccanismi europei che nei prossimi mesi – un po’ di cronaca non guasta – ci travolgeranno insediando la troika anche a Roma. Giorni fa ho mostrato  con l’esempio concreto della socialdemocrazia tedesca d’anteguerra come il meno peggio porti sempre al peggio e anche in questo caso un Macron all’Eliseo avrebbe il potere o di vanificare ogni seria opposizione o di far nascere antagonismi che invece di spostarsi un po’ verso il centro finiscono verso una pericolosa radicalità identitaria.

Nota  A scanso di equivoci non mi scandalizza certo la differenza di età attuale tra Macron e la sua professoressa – banchiera. Invaghirsi di qualche “maestra” sui banchi del liceo è normale e che questo si concretizzi in qualche tipo di rapporto è probabilmente molto più frequente di quanto non si pensi, benché tutto questo sia motivo di scandalo e indignazione genitoriale. Ma poi si cresce e si ha voglia di confrontarsi con i coetanei , con la vita, con rapporti più complessi e difficili, magari con la crescita di figli: persino gli enfant gaté nati con pappa fatta e destinati a rapide carriere cercano di misurarsi almeno con questo. Il fatto di vivere con la propria professoressa fino ai 40 anni mi sa che non sia precisamente un segno di maturità.