Anna Lombroso per il Simplicissimus

Pochi potranno chiamarsi fuori, pochi potranno rivendicare innocenza:  quella che sta andando in scena è la rappresentazioni realistica dell’ipocrisia.

A cominciare dagli spettatori “italiani brava gente” che ha tollerato e magari si è anche compiaciuta ed ha approfittato di due ondate di leggi razziali, quelle leggi che vengono buone quando bisogna offrire in sacrificio alla plebe maltrattata e impoverita dei capri espiatori su cui sfogare malumore, collera e risentimento, quella maggioranza indifferente che se è costretta a sopportare presenze estranee e minacciosa di attentare a beni e sicurezza, allora è ben contenta di relegarle tra altri reietti, nelle diseredate periferie di città o del feudo dell’impero, sia  Tor Bella Monaca o Lampedusa, con l’auspicio che diventino invisibili e patiscano fame ed emarginazione silenziosamente o che si compia fuori dalla visuale il prevedibile e salutare massacro di poveri a opera di altri poveri. Quel popolo che si mostra incline a armarsi all’idea che qualcuno gli rubi il rolex dal comodino, che si lamenta perché le forze dell’ordine sono assenti i inadeguate ma trova normale che 1500 agenti e militari per un mese inseguano invano un matto feroce promosso a epico pericolo pubblico, o che i militari vengano chiamati a ostacolare i misfatti di lavavetri e vucumprà che oltraggiano il pubblico decoro, o che  1000 poliziotti debbano far la guardia a una partita di calcio dopo che, per appagare società miliardarie e ultrà parafascisti si sono abbattute le salutari barriere. O quello che, per carità,  non è xenofobo o razzista, i cui migliori amici sono stilisti e  coiffeur onmosessuali, neri da cortile per dirla con Malcom X, si……però i rom, però i gay che si baciano e vogliono adottare, però  gli ebrei banchieri e strozzini, si però quella puzza di curry per la scale, so però quelle bottegucce di kebab…

Che poi è la stessa brava gente alla quale, soprattutto nelle frange più affette da disillusione vagamente ribellista,  si addice che, nella latitanza di governi impotenti, incapaci e asserviti – che magari ha votato e vota – sia il volontariato a fare, a agire, a assumersi responsabilità e oneri. Sorprendendosi che – in virtù dell’ideologia corrente, che ammaestra con la pedagogia della competitività, del profitto, dell’arrivismo e perfino con la narrazione di un’offerta di lavoro retrocesso a elargizione di contratti e buoni premio, quando non di prestazione gratuita a scopo formativo per la schiavitù –  ci siano cooperative che se ne approfittano, onlus che raccolgono fondi per garantirsi la sopravvivenza, stipendi e liquidazioni, insomma stupendosi che ci sia anche qualche mela venuta su col concime della cultura imperante anche nel cestino  della bontà e della carità, sostitute contemporanee della solidarietà. E come se non ci fosse da sempre una gran varietà di sfruttatori e schiavisti anche tra insospettabili, che vivono grazie al commercio di corpi e vite nude e indifese, mantenendole in stato di soggezione con molteplici pratiche criminali per fare cassa, non diversamente malavitosi e educati e in vista nel mondo di impresa, cui si sono aggiunti anche innovative sanguisughe che succhiano risparmi, garanzie, certezze, ben protette da difensori di Banca Etruria oggi impegnati in gazebi elettorali

Gli attori sul palcoscenico poi,  sono come al solito gli abituali guitti di questa infame commedia dell’arte, quelli ancora stupefatti che osino arrivare fiumane di straccioni che scappano da guerre che hanno dichiarato e condotto, ormai più per alimentare un padrone avido e sanguinario che per diretti interessi, retrogradati a attendenti poco influenti, a mercenari a prezzo di liquidazione, a tenutari di basi e trampolini di lancio, ma condannati a comprarci armi tarocche e a elevare i contributi per l’appartenenza gregaria e subalterna alla società dei Grandi magnaccioni.  Sono quelli che hanno dimostrato di essere efficienti manager nel marketing della speculazione sulla crisi, anche quella inaspettata,  e sulle emergenze, portatrici di formidabili ricadute e strabilianti guadagni nella monete corrente della corruzione, dell’autoritarismo,   della dissipazione di risorse, della distrazione di massa e   dell’ingiustizia, officiata perfino da qualche magistrato desideroso di partecipare alla liturgia mediatica. Sono gli stessi che in presenza di una piaga – d’Egitto, di Libia, di Siria, etc etc – ampiamente procurata, perseverano nell’aberrante uso di stringere sodalizi con tiranni feroci per di realizzare una “cooperazione” per aiutare le vittime a casa loro, respingendole nelle terre del massacro e della repressione esercitata da despoti sanguinari, in modo da aggiornare i sistemi di rapina e saccheggio coloniale. E che probabilmente hanno chiuso un occhio e le orecchie su quello che succedeva nel cimitero marino cui è ridotto il Mediterraneo, comprensivo di contati opachi tra trafficanti e Ong, magari quelle europee, magari quelle più influenti che hanno messo in secondo piano la “enne” dell’acronimo, preferendo stare al coperto grazie a altisonanti protezioni governative.

Tutte comunque indispensabili sullo  scenario  della tragedia, volenti o nolenti nel ruolo di surrogati e succedanei della politica e – forse – dell’umanità in ombra, impotente, dimissionaria.