Azerbaijan-Socar-and-BP-may-tap-Azeri-Chirag-Guneshli-fields-for-deep-gasA volte, anzi spesso, non c’è bisogno di ragionamenti complicati per arrivare al cuore di un problema e di una realtà, basta elencare i dati di fatto uno dietro l’altro per far emergere le cose nella loro limpidezza, cosa che ovviamente l’informazione mainstream si guarda bene dal fare sparpagliando  briciole qui è là per non far arrivare la pagnotta. Dunque vediamo i dati che sono in campo per la squallida vicenda della Tap in Salento: li esporrò  in un semplice elenco con qualche notazione perché sia in sostanza il lettore stesso a giudicare del significato e dell’utilità di quest’opera di devastazione ambientale.

  1. L’anno scorso i consumi di gas naturale in Italia sono stati di 70, 4 miliardi di metri cubi a fronte di una capacità degli attuali gasdotti di portarne quasi il doppio, ovvero oltre 130 miliardi di metri cubi. Dunque l’urgenza del gasdotto trans adriatico che ne porterebbe appena 9 miliardi in più dall”Azerbaigian risulta una assoluta stravaganza la quale diventa sfacciata menzogna quando si asserisce che esso sia di importanza strategica per il nostro Paese.
  2. Peraltro i consumi di gas sono diminuiti di 16 miliardi di tonnellate dal 2005  e solo dal 2015 hanno accennato a risalire per effetto di conversioni produttive e di una maggiore produzione di elettricità da gas a causa di alcune temporanee congiunture come il fermo tecnico di molti reattori nucleari francesi da cui l’Italia compra energia di notte (per un totale di circa l’ 1,5%)  visto che i reattori non si possono fermare anche quando la richiesta di energia è scarsa e quella produzione elettrica andrebbe semplicemente persa pur costituendo un costo. Una condizione che comunque costretto l’Italia non solo a tagliare l’importazione dalla Francia, ma ad esportarla nell’ Exagone per supportare il momentaneo deficit francese. In ogni caso i consumi sono altalenanti, seguono congiunture climatiche o produttive e, per esempio, a marzo di quest’anno sono calati dell’ 11,4% rispetto allo stesse mese dell’anno scorso, nulla che insomma costringa a nuovi approvigionamenti, nemmeno in prospettiva.
  3. L’opera è tanto strategica per l’Italia che il nostro Paese ha partecipazioni per appena il 20 per cento tramite la Snam, mentre il restante va spartito tra un 20% della Bp, un’altro 20% della Socar, società azera, il 19% della belga Fluxys, il 16% della Spagnola Enagas e il 5% della svizzera Axpo, tuti saldamente uniti nella Tap Aktiengesellschaft, con sede a Baar, discreto e insospettabile sobborgo agricolo – residenziale nei dintorni di Zurigo altrimenti noto per ospitare la villa del campione (insomma si fa per dire) di Formula 1 Kimi Raikkonen.
  4. Che fine hanno fatto i rigassificatori di Taranto e di Brindisi che sembravano assolutamente vitali e che avevano già superato l’esame?
  5. Il gas azero sarà comprato in via diretta, prima di essere immesso nel Tap, dalla Eon tedesca e dalla Gaz de Suez francese le quali hanno confermato l’obiettivo di far proseguire il gasdotto vero il nord Europa, cosa che rivela finalmente una verità: l’Italia non solo non ha bisogno di quel gas, ma ne utilizzerà poco o niente visto esso andrà in buona parte oltre confine. Lo scempio salentino si riduce semplicemente a creazione di un passaggio per ordini superiori con ritorni assolutamente marginali.

Ma da chi vengono questi ordini? E’ ben noto, anzi ufficialmente documentato e dichiarato, come Gli Usa, attraverso la Nato  e i governi a lei sottoposti abbiano intrapreso una battaglia per “liberare” l’Europa dal gas russo cercando di far arrivare le materie prime energetiche bypassandone il territorio. E il Tap che naturalmente è destinato a creare problemi ambientali anche sul Caspio da dove la Bp estrae la maggior parte del gas, è stato il progetto più seguito e appoggiato per diversi motivi: innanzitutto per compensare in qualche modo l’ordine dell’amministrazione americana di far saltare il famoro south Stream che che doveva portare gas dalla Russia a Trieste; poi per appoggiare il regime autoritario azero per farselo amico e sottrarlo all’influenza di Mosca; infine per sabotare a priori eventuali progetti di portare in Europa petrolio e gas dall’Iran, altro Paese con cui l’Azerbaigian confina.

Naturalmente il personale di cucina dell’informazione mainstream dice tutt’altro: ci ammorba con argomenti generici e privi di senso tipo che la concorrenza fa abbassare i prezzi facendo seguire a queste favole dei fratelli Grimm, la considerazione che la differenziazione delle fonti rende più sicuro l’approvvigionamento, tanto più che una considerevole parte del gas viene da regioni altamente instabili. Bene proprio per questo dovremmo aumentare le importazioni da Mosca, perché se esiste una regione instabile quella è proprio l’Azerbaigian: intanto c’è il conflitto con l’Armenia per il possesso del Nagorno Karabak che ogni tanto esplode in conflitti armati, poi c’è il fatto che i due terzi della popolazione azera vive in Iran, poi ci sono il Daghestan, la Cecenia, l’Ossezia, insomma tutto il mondo in fermento che viene chiamato Emirato del Causaso e infine c’è il rapporto ambiguo con la Turchia: è evidente come quel pugno di gas sia assolutamente essenziale a tenere buona la popolazione sottoposta a Baku e cercare di strappare il Paese all’influenza russa tutt’oggi fortissima e di fatto essenziale per la sopravvivenza stessa del Paese. Negli ultimi anni la produzione di idrocarburi è andata vistosamente calando mentre la flessione dei prezzi rischia di mettere in crisi un regime che si sostiene esclusivamente grazie a petrolio e gas. Dunque non è tanto urgente che questo gas arrivi, (il Paese dispone dello 0,6% delle risorse di gas globali, escludendo quelle da fracking)  quanto che esso venga venduto per sostenere il locale autocrate e le sue aperture filo occidentali.

E’ per questo che il Salento viene devastato: non per necessità, ma per servilismo.