La narrazione politica del potere non conosce confini di stupidità, né limiti alle bugie o all’ipocrisia e nemmeno alla pura e semplice ignoranza indotta dalla ripetitività del pensiero unico. Così oggi, dopo la pubblicazione di uno studio Ocse abbiamo un’ ode da film luce alla scuola italiana che si posiziona ai primi posti e nella quale si è inserito persino l’asinello Renzi, per non parlare della ministra Fedeli che parla giusto per l’improvvida presenza di una laringe, facendo intendere che il risultato sarebbe dovuto alla sua buona scuola. In realtà come vedremo ben poco di tutto questo è corretto, molto viene equivocato e l’essenziale taciuto.
La ricerca Ocse, per dirla in poche parole, si prefiggeva di misurare l’influsso del ceto sociale sulle prestazioni degli studenti, insomma il gap tra chi nasce in un ambiente povero e chi invece ha la fortuna di avere famiglie benestanti per poi confrontare gli indici ottenuti con lo status sociale degli stessi gruppi di persone dieci anni dopo il conseguimento del diploma o analogo titolo. Ed è risultato che la scuola italiana è quella che più di altre riesce a contenere il divario fra svantaggiati e avvantaggiati. Bene, ottimo, meraviglioso, anche se questo effetto può essere dovuto a fattori estranei alla qualità dello studio stesso, anzi teoricamente potrebbe essere favorito dal suo contrario, dalla minore selettività o da molti altri fattori: il fatto è che la sostanza dello studio Ocse, sul quale nessuno titola, è che questa maggiore inclusività, per così dire, sui banchi di scuola viene dilapidata successivamente: a 27 anni il divario tra avvantaggiati e svantaggiati aumenta in maniera esponenziale tanto da essere molto superiore alla media dei Paesi presi in esame. Però invece invece di titolare sul male oscuro della società italiana, di cui tutto questo è un sintomo, ci si sofferma solo sulla prima parte e sulla “medaglia” scolastica.
Tuttavia ci sono molte cose non dette e alcune da dire, a partire dalla scarsissima credibilità e valore euristico di queste ricerche che vengono condotte con criteri standard, immancabilmente americani, su realtà profondamente diverse sotto molti di punti di vista, compresa la percentuale tra scuola pubblica e privata: il tentativo di avere di avere dati comparabili tra diverse realtà si arena su uno schematismo rigido per non dire ottuso che denuncia più che altro le spinte di un’ideologia che nega ogni diversità per affermare l’omologazione sui criteri liberisti. Detto questo però non mi pare di aver letto da nessuna parte una cosa assolutamente essenziale, ossia che i dati sulla scuola, com’è ovvio per una ricerca che poi deve confrontare i risultati con quelli di 10 anni dopo, si riferisce al 2000.. Non stiamo parlando della scuola di oggi che ha subito tre lustri di massacri di ogni tipo, ma di quella precedente, forse anche precedente alla riforma Berlinguer attuata solo in minima parte, praticamente solo per l’esame di maturità e abrogata dalla Moratti la prima a mostrare con chiarezza damazzo – salottiera di volerla trasformare di luogo di addestramento per il lavoro servile, compito poi concluso da Renzi. Insomma ci si compiace di una scuola più inclusiva che si è fatto di tutto per distruggere al fine di adeguarsi ad altri modelli, compresa la privatizzazione, di una scuola che non esiste più.
Insomma se la vecchia scuola italiana e non quella di oggi, riusciva in qualche modo a stemperare le differenze tra classi sociali, che vengono invece esaltate dai passaggi successivi molto più che altrove e in modo catastrofico rispetto alla Germania, non è affatto detto che questo accada oggi, dopo aver inseguito disperatamente e stupidamente le suggestioni che vengono da percorsi assai meno inclusivi e che oggi mostrano la corda. Eppure invece di riflettere sulla grottesca e stupida dissipazione di un patrimonio e un modo di essere, invece di lamentarsi per la perdita ci si appunta una finta medaglia di cartone, facendo finta che la ricerca dell’Ocse riguardi l’oggi. Che dire: forse i primi risultati degli ultimi 17 anni si vedono da un’ informazione strumentale e infingarda oltre la decenza le cui magagne spesso finiscono per rimanere impunite da un’opinione pubblica smarrita e distratta, da un Paese intyero che ha perso la bussola.
A parte i problemi di perequazione al ribasso tra pü bravi e meno bravi (Pelanzona), resta il fatto che nel suo insieme la scuola pubblica italiana era tra le migliori al mondo
Solo nei paesi dell´est c´era qualcosa di meglio, lasciamo stare il giudizi su quei sistemi, ma nella scuola investivano e consentivano a tutti di svilupparsi al meglio, perche non un talento doveva andatre perso nel confronto con l´occidente che ere piu avanzato. Infatti, provate a parlare cin immigrati di quei paesi, mediamente, sono piu colti della media degli italiani, parlano le lingue, conoscono la musica leggendo le note, e tante altre cose..
Ad esempio, gli istituti tecnici italiani prevedevano lo studio della letteratura, delle materie umanistiche, che formano il cittadino e non la bestia da soma. Davano una formazione scientifica e non solo tecnica, per cui i diplomati avevano gli strumenti culturali per aggiornarsi col mutare delle tecnologie (tutto questo deperisce velocemente)
Per capire bisogna fare il confronto con gli istituti tecnici inglesi o tedeschi, che danno una formazione solo tecnica destinata ad invecchiare in poco tempo, e formano quei cittadini che leggono la bild zeitung o i giornali inglesi per la classe under dog. Il beneficio e tutto per le classi dominanti di quei paesi, li la politica e intesa come delega piu che come era da noi e i lavoratori di quei paesi quasi mai sono passati dalla rivendicazione sindacale al livello politico, quello che mette in discussione gli assetti di fondo. In questi paesi presunti piu avanzati, come negli Usa, la cultura e apüpannaggio solo delle classi dominanti, che ne fanno uno strumentop di potere. Secondo me il Simplicissimus coglie láspetto di fondo, la scuola non solo riflette, ma anche implementa, i rapporti di classe che vigono nella societä, ed oggi sappiamo quali prevalgono. Non ci si puö limitare ad usare un metro strettamente tecnico o docimologico, significherebbe cadere nella trappola.
PS. Trump mette i dazi sulla Vespa italiana, sulle moto svedesi, e sui formaggi francesi: Evidentemente chi come Trump, vuole rafforzare la produzione a scapito della finanza, non rappresenta una alternativa al mondo invivibile degli ultimi decenni
L Europa si appresta a rispondere con ulteriori dazi, le guerre commerciali le pagano i lavoratori costretti ad ulteriori sacrifici, a prima o poi degenerano in guerre vere. In tutta evidenza, il buon capitalismo produttivo e leggermente keynesiano, non da´ nessuna alternativa valida a quello finanziarizzato, anche perche invero sono la stessa cosa, tranne quegli aggiustamenti che servono a prendere gli altri poli in contropiede. Data la crisi intrinseca e definitiva della accumulazione capitalistica, il capitale si dimena e si dibatte, cerca vari aggiustamenti, ma e una congerie unica ormai moribonda. Non e possibile tornare indietro agli anni 50 e 60 detti golden age, il capitalismo non ha i margini per farlo, quell´assetto si riprodurrebbe in forma di farsa tendente alla guerra, come oggi si vede con Trump .
Ancora una volta, data la velocita dei cambiamenti tecno-scientifici, prima di aver ammortizzato gli impianti precedenti, i capitalisti ijn concorrenza gia devono spendere per aggiornare gli impianti, ed in queste condizioni i profitti sono una chimera. E´ per questo che il capitalismo “produttivo ” non ha margini ed ora puo essere solo la guerra dei dazi, rispetto alla finanziarizzazione, dalla padella alla brace)
siccome sono un “tecnico” del settore, un insider diciamo, voglio precisare alcuni aspetti tecnici.
1) l’inKlusività scolastica italiana, la riduzione del gap, si ottiene così, col trucco : prende i migliori, e li schiaccia sul livello dei peggiori. In molti modi diversi. Gonfia i voti insufficienti molto più di quelli già sufficienti, taglia i programmi svolti rendendoli a misura di scarso, facendo girare al minimo dei giri ed annoiare coloro che potrebbero fare molto di più.
2) in seguito, non è che a 27 anni sia stata DILAPIDATA l’equiparazione, è solo che essa non è mai realmente esistita. Si trattava di una equiparazione solo formale, un artefatto sulla cartaccia. A 27 anni è semplicemente svanito l’inganno precedente. Era una parificazione fasulla, farlocca, ottenuta demotivando i bravi e gonfiando i risultati dei non bravi. Poi però i primi tornano a correre, perché non esiste schiforma a prova di persona molto determinata e dotata, e gli ottimi studenti trovano il modo di sopravvivere ugualmente a un pessimo sistema. Sicuramente in minor numero.
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Che poi viga, anche, una selezione censocratica, è l’effetto dell’avere allugato il brodo dell’istruzione ad età anagrafiche che soltanto gli studenti di buona famiglia possono accettare. Ormai non si lavora nemmeno più con la sola laurea, inflazionata pure essa, ma serve aggiungere master, specializzazioni, corsi vari, certificazioni, restare a formarsi sino a 30 anni. Allungare il brodo, appunto, e sottoporsi al capestro della formazione a pagamento salato, come in America. E questo solo i ricchi possono permetterselo.