attentato-a-londra-suv-travolge-turisti-morto-attentatore-videoFin da bambino non sono mai riuscito a farmi piacere l’arte della retorica e sono a rischio di choc anafilattico quando a questa si aggiunge la demagogia, l’enfasi, l’asimmetria fra realtà e discorso. Ma purtroppo è a questo cio a cui siamo ormai abituati e dunque abbiamo dovuto assistere a un’intero pomeriggio a reti mondiali unificate nel quale la democrazia (sic) e i destini dell’intero occidente sembravano essere in balia di un suv, cosa certamente ridicola per qualche verso, specie a sentire le voci drammatiche e affettate insieme degli speaker, ma per qualche altro penosa esprimendo tutta la cattiva coscienza occidentale e un senso di colpa che si attacca a qualsiasi cosa pur di scaricarsi. Ancora non sappiamo se il conducente dell’auto che ha tentato in maniera diciamo così non professionale di assaltare il Parlamento inglese, fosse da solo, se fosse un esaltato, un pazzo, un predicatore anglicano, un messaggero di morte dell’Isis o qualche lupo solitario jiahdista spinto ad agire non si sa in base a che cosa o a quale suggerimento. Forse non lo sapremo mai visto che come in tutti  gli altri eventi è stato ucciso prima che parlasse, ma questo importa poco, perché attraverso questi gesti simbolizzati di frantumano i dubbi e le domande.

Dunque è inutile costruire teoremi e contro teoremi basandosi su alcune coincidenze, per esempio sul fatto che l’attentato arriva a una settimana dall’inizio ufficiale delle pratiche della brexit, oppure che cada nell’anniversario della strage di Bruxelles. Né si può dedurre nulla dal fatto che nel cuore della Londra politica, ieri in seduta plenaria, vi siano misure di sicurezza così scarse che un’auto può percorrere indisturbata Westminster bridge a velocità folle e schiantarsi sui cancelli del Parlamento senza che nessuno muova un dito, cosa quanto meno singolare visto che è sulla sicurezza che si basa tutta la strategia della paura. Però nel mondo liquido nel quale viviamo tutti i riferimenti sono mobili come quinte, tasselli di un lego infinito che può essere costruito e ricostruito a volontà, tanto che alla fine la notizia è fondamentale e la verità un opzional, l’emotività sviluppata dagli eventi il capitale da mettere a frutto per ottenerne un profitto. Questo non è un mondo per le idee.

Un processo di disgregazione arrivato a tal punto che mentre infuriavano le prefiche della paura, della guerra di civiltà, dell’europeismo e appunto della democrazia, in un miscuglio Borsa Londrache non è più dibattito, ma potpourri di frasi fatte che non odorano precisamente di lavanda, il  mercato azionario di Londra viveva un’imprevista impennata dopo una giornata incerta e cominciata con un ribasso, come si vede dal grafico qui a fianco. D’accordo che le borse hanno contatti sempre più labili con la realtà concreta, ma quando un attentato diventa un affare e un’occasione di speculazione, vuol dire che qualcosa si è rotto, che viviamo dentro una finzione. O forse in una deformazione così evidente che finisce per alludere alla verità sottostante: se si arriva a proclamare una strenua battaglia per la sopravvivenza della democrazia per il pazzo del suv, che adesso in mancanza di informazioni precise viene dichiarato d’ufficio come “ispirato dal terrorismo internazionale”, significa che la democrazia è davvero in coma, aggredita non dal terrorismo o presunto tale delle schegge impazzite che provengono dalle stragi occidentali in Medio Oriente, ma dalle ispirazioni di chi gioca in borsa contro di essa.  Tutti i santi giorni.