IBXvF5ylHF1aDJw=--angela_merkel_recep_tayyip_erdoganIl desolante spettacolo dell’Europa non finisce mai e sul suo palcoscenico tetro e terreo, spicca la parte funambolica e trasformista delle elites che dopo un anno di ossessiva quanto fallimentare condanna del cosiddetto populismo, ora corrono a perdifiato i cento metri della più squallida e ipocrita demagogia, si trasformano in xenofobi e populisti per infinocchiare il popolo e impedire il disgregarsi del loro status quo.  Purtroppo sono così mediocri che anche le loro recite sono pietose, sono Moliere recitato dai cani randagi: chiunque capirebbe che l’insensato divieto di atterraggio in Olanda per la ministra degli esteri turca in  visita ai suoi connazionali, è solo una commedia del premier Rutte (mai nomen omen fu così azzeccato) per evitare la possibile affermazione del suo antagonista  Geert Wilders, etichettato come xenofobo (cosa che alla luce degli ultimi avvenimenti sembra essere frutto di un comune fascismo interiore) , ma soprattutto come uomo che ha promesso di tirar fuori l’Olanda dall’Europa.

Dunque è un pericolo da arginare a tutti i costi, anche a quello di imitarlo in tutto, salvo che nel liberare gli olandesi dalla stretta e dalle logiche delle oligarchie continentali. Francamente non saprei dire se questa sceneggiata che segue in maniera quasi identica il copione turco di ciò che è accaduto in Germania, avrà un qualche effetto elettorale concreto, ma visto che proprio quest’anno  con le elezioni in Olanda, Francia e Germania, l’Europa delle elites si gioca tutto o quasi, allora il cosmopolitismo finanziario in veste umanitaria viene rinnegato e la xenofobia, anche quella più becera e assurda, è interamente arruolata sotto le bandiere dell’europeismo con la certezza che anche l’altro europeismo troverà qualche arzigogolo magico per digerirlo. Il neo divieto di comizio per i membri del governo turco non ha altro scopo se non quello di evitare  manifestazioni visivamente allarmanti per i propri elettori e per simulare una severità, una chiusura che convinca gli incerti a non saltare il fosso: è un discorso alla pancia di chi pretendeva di parlare all’intelligenza pur avendo la bulimia dei pochi come stella polare. Non c’è poi da stupirsene: dopo aver visto il cinismo con cui si è sfruttato il terrorismo originato dalle guerre neo coloniali per attentare alle libertà civili, l’impudenza con la quale cui si è imposto un regime seminazista in Ucraina portandolo ad esempio di democrazia, la noncuranza con cui qualsiasi pulsione autoritaria è stata approvata purché portasse acqua al mulino dei massacri sociali, queste patetiche sceneggiate non sono che il giusto impiattamento delle polpette avvelenate fabbricate dall’egemonia culturale. La quale, come sappiamo, ha solo tre principi inviolabili: il mercato come territorio, il profitto come fine e la diseguaglianza come motore mentre tutto il resto può essere tranquillamente giocato in un senso o nell’altro a seconda delle convenienze, del momento, degli interessi, suonando a la carte sull’organetto della democrazia o dell’ordine.  Accade così che il sultano Erdogan dopo tutto quello che ha combinato (talvolta anzi spesso in complicità con l’occidente) può apparire come un difensore delle libertà e diventare l’Ataturk dei milioni di turchi che lavorano in Europa.

Del resto è proprio in funzione di questa reciproca convenienza che assistiamo alla xenofobia improvvisa degli accoglienti e ai libertarismi di Erdogan: una volta chiuse le urne tutto tornerà come prima, anche perché lo vuole il padrone, ossia la Nato. A meno che proprio le lezioni non sconfessino questa Europa dei generali della finanza e dei caporali del lavoro, nella quale è persino possibile che ai ricchi sia riservato il paradiso fiscale,, come sappiamo dalle ultime mosse del governo italiano, mentre ai poveri e ai piccoli sia riservato l’inferno. Questo con l’assenso pieno delle sinistre di governo, di malumore, di dubbio amletico, di poltrona, di scissione, di ipocrisia o delle destre xenofobe di Salvini: tutte parti in commedia raccomandate dall’impresario.