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Guerra di Coree

163350b2c09041cc98ce49fa81398c70_MGZOOMNon passa settimana o forse giorno fin dal dal 195o che qualcuno non accenni alla Corea del Nord come la sentina di ogni vizio  antidemocratico e antiumanitario, come una sorta di metro di antigiudizio, anche se poi a questo grano fisso del rosario occidentale non viene apposta alcuna informazione concreta che vada oltre il mitico Kim Il Sung o il lancio di missili ufficialmente deprecato da Washington, ma in realtà benvenuto perché fornisce l’occasione di missilificare l’area in funzone anticinese. Un gioco perverso nel quale chi rimarrà col cerino in mano sarà tentato di dare fuoco alle polveri. Ora io non credo affatto che la Corea del Nord sia il migliore dei mondi possibili, semmai un miglior inferno, ma mi sorprende la continua citazione negativa, l’atto di fede a cui nessuno si sottrae, mentre nulla si conosce della Corea del Sud salvo che produce auto, telefonini ed elettrodomestici: la parte meridionale della penisola coreana da settant’anni colonia americana è forse il paradiso? Affatto, anzi somiglia parecchio alla gemella del nord come si può arguire dalla decisione della Corte suprema del Paese che qualche giorno fa si è espressa per la destituzione immediata della presidenta Park Geun-hye per estorsione e abuso di potere. Non si tratta solo di una mela marcia che si faceva dettare le decisioni e i discorsi da una sciamana, tale  Choi Soon-sil e che in quattro anni è riuscita ad incamerare la bellezza di quasi 70 milioni di dollari in mazzette: è stata solo poco prudente e mal consigliata nel mungere il vasto sistema di corruzione che governa il Paese e di cui tirano le fila i grandi gruppi industriali. Basti dire che  anche il capo del più importante complesso del Paese, la Samsung, la marca più gettonata dalla Cia, come sappiamo da Wikileaks,  è sotto blanda inchiesta per aver foraggiato la presidenta con somme stratosferiche al fine di ottenere i provvedimenti che voleva. E la medesima cosa hanno fatto anche gli altri gruppi produttivi di rilievo.

Questi fatti cadono in un periodo di particolare tensione ed è forse per questo che abbiamo potuto vedere qualche pensoso articolo sulla faccenda e non solo qualche trafiletto, ma la vicenda di Park Geun-hye non è che l’ultimo capitolo di una storia del Sud Corea dove la democrazia è sempre è solo stata una formalità pura e semplice: dal 1948 al 196o  il Paese è stato retto con poteri dittatoriali da Syngman Rhee che, a parte il vizio di far sbattere in galera a vita i parlamentari che votavano contro di lui, non si è risparmiato in stragi e massacri per reprimere le sommosse popolari dei “comunisti” ancor prima della guerra. Impossibile fare la conta delle vittime complessive, ma conosciamo quelle del singolo eccidio dell’isola di Jeju dove furono massacrate 14 mila persone. Il fatto era che la popolazione coreana voleva andare alle urne per eleggere un solo presidente per l’intero Paese, ma gli Usa e Rhee che del resto era vissuto per quarant’anni negli States, prima di diventare l’amerikano di Seoul, preferivano la divisione per una semplice evidenza: una Corea unita sarebbe stata fatalmente sotto l’influenza della Cina, al contrario di un ridotto separato dal continente e tenuto dal potere navale Usa.

Caduto nel 1960 a causa dell’insurrezione popolare chiamata rivoluzione d’aprile e guidata dagli studenti, fu sostituito dopo un breve interregno e con un colpo di stato militare da un altro autocrate, il generale Park Chung – Hee, un personaggio che aveva iniziato la sua carriera militare a fianco dei giapponesi coi quali combatté, che successivamente venne arrestato da Rhee per sospetto comunismo e liberato dopo la vendita dei  nomi dei compagni, ma che cominciò una miracolosa scalata agli alti gradi solo dopo un periodo di “addestramento” a Fort Still in Oklaoma. Subito dopo l’ascesa al potere fondò un suo servizio segreto la Kcia, tanto per rendere più chiare le cose e mentre inaugurava il regime corruttivo, si dedicava alle purghe tra gli oppositori e i suoi stessi amici. Tra il 1963 e il 1973, si rivelò molto grato ai suoi burattinai mandando 320 mila soldati e 100 mila “consiglieri civili” a combattere in Vietnam a fianco degli americani  ricevendone in cambio decine di miliardi di dollari in sovvenzioni, trasferimento di tecnologie e trattati commerciali di favore dando così inizio al decollo produttivo del Paese.  Decollo che era assolutamente necessario nell’ambito della guerra fredda visto che fino ad allora la Corea del nord, sebbene a minor densità di popolazione, era molto più industrializzata del Sud avendo ricevuto in eredità gli impianti industriali e chimici giapponesi oltre all’aiuto tecnologico di Urss, Cina e Ddr.   Va detto per inciso che ancora adesso, sebbene non se ne parli per nulla l’economia della Nord Corea è abbastanza vivace: è il 9° produttore mondiale di frutta, il 15° di fluorite, il 12° di rame oltre a magnesite e grafite, ha  significative produzioni meccaniche ed elettriche e un pil che cresce fra l’1,5 e il 4% annuo. Solo che rilevazioni economiche esclusivamente fondate sui criteri del consumismo occidentale non riescono a aggregare in un insieme coerente realtà e numeri.

Comunque sia  il il generale Park Chung – Hee che governava anche grazie ai decreti di emergenza risalenti alla guerra, non facendosi scrupolo di ricorrere alla tortura o all’incarcerazione senza processo, fu assassinato dal capo della Kcia e sostituito dal generale Chun Doo-hwan, anche lui addestrato in Usa e il cui unico atto di rilievo consiste nel massacro di Gwangiu dove nel 1980 furono massacrati 100o studenti. La storia prosegue con una serie di personaggi che non hanno fatto altro che perfezionare il sistema che lega le esili strutture del potere legale e politico alle grandi concentrazioni industriali le quali fanno il bello e il cattivo tempo, sostanzialmente pagando loro la tangente. E infine si arriva a Park Geun-hye, figlia dell’autocrate Park Chung – Hee, colta con le mani nella marmellata, soprattutto perché non si è accorta che il clima è cambiato, che i drastici tagli al sistema pubblico attraverso il quale il potere ha comprato un’incerta pace sociale, stanno mettendo a rischio il sistema sudcoreano dove peraltro, per chi non lo sappia, esiste ufficialmente la censura sulla stampa,  anche se questo i freedomari di ogni specie non ve lo verranno a dire, lasciando le cose nel vago.

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