Può apparire paradossale, ma certi cambiamenti di registro politico e storico fanno la loro prima comparsa in ambiti così marginali che passano del tutto inosservati. E questo periodo di ossessivo culinarismo televisivo, sempre più presente man mano che aumentano le difficoltà alimentari di una consistente fetta di popolazione, non può non riportarci indietro di 40 anni, quando il capitalismo neoliberista, ancora frenato sul piano della politica dalla presenza dell’Unione Sovietica, cominciava a diffondere la sua ideologia nei “territori di confine”, ad erodere e svuotare di senso la parola progresso per tascinarla, come in questi giorni sostengono due intellettuali antitetici, ovvero Galli della Loggia e Formenti, nel campo reazionario del nuovismo .
Due anni dopo l’abbandono dello standard aureo che pose le fondamenta per la successiva affermazione del capitalismo finanziario e del globalismo, nacque il vangelo fondativo della Nouvelle cuisine, in cui Gault e Millau per primi teorizzarono l’abbandono della tradizione per fondare una cucina fondata non tanto sul cibo, ma sulla novità, sulla curiosità, sul gioco e dedicata in particolare ai facoltosi uomini di affari cui si dava la possibilità di distinguersi dalla massa non solo per l’entità del conto, ma anche per la “filosofia” culinariamente progressista che esprimevano con il semplice assenso. Fu in quel periodo che i semplici e onesti cuochi, appoggiati da un ambiente sempre più afferente ancorché del tutto privo di educazione al gusto, si trasformarono in chef, in profeti dell’antipasto e del dolcetto, sostanzialmente in griffe come progressivamente accadeva nella moda. Pian piano forni e fornelli anticiparono l’avvento del regno della creatività fasulla il cui unico facile scopo era di modernizzare, decostruire, fingere il nuovo, fare le cose alla cazzo purché non fosse tradizionale e dunque rientrare in criteri di giudizio affermati e insidiosi, di giudizio conosciuto da molti e dunque molto insidioso, a introdurre ingredienti nuovi, ma solo in quanto tali, a comporre milioni di imperdibili ricette senza storia e dimenticate una volta trangugiate.
Va detto che in campo culinario la tradizione non ha lo stesso valore che in altri ambiti della vita: essa deriva infatti dalle prove e da una selezione darwiniana di alimenti e nutrienti fatta praticamente dalla totalità della specie umana e non da ristretti ambienti. E’ per questo che le mutazioni favorevoli ovvero quelle che rimangono stabilmente sono molto rare e sono legate all’arrivo di ingredienti nuovi, come avvenne dopo la scoperta delle Americhe o alla variazione nei metodi di coltivazione e nelle varietà prescelte magari per motivi del tutto indipendenti dal sapore (vedi pomodori e patate ad esempio) o alle disponibilità alimentari o ai passaggi di paradigma sociale come accadde con la cucina borghese post rivoluzionaria che ci regalò le salse e tutto il falso regale della cucina, ma dove la sontuosità era collegata a una nicchia di abbondanza: essere creativi, fare qualcosa di veramente nuovo che rimane e che si afferma stabilmente è difficilissimo e le variazioni sul tema, i giochini, ancorché costosi lasciano il tempo che trovano. Dopotutto in un secolo e mezzo la cucina italiana si è arricchita di tre sole composizioni nuove ovvero la margherita, la carbonara e il tiramisù, gli ultimi due dovuti a una felice contaminazione dopo la seconda guerra mondiale, mentre le novità vere in senso globale cui assistiamo oggi, derivano solo dall’utilizzo di tecniche e ingredienti delle cucine tradizionali asiatiche.
Ma il concetto di modernità e di creatività all’interno di un pensiero unico il cui presupposto fondamentale è la propria stessa immutabilità, non può che essere di carattere elusivo e inessenziale: moda, consumo, tendenza, effetti speciali che rimandano sempre a una infantilizzazione, a un approccio fondato sul gioco. Così la cucina è stata tra i sintomi precursori di un cambiamento radicale del concetto di progresso, degradato a quello di nuovismo, che ha prima avvelenato e poi travolto quella area della società che si autodefiniva di sinistra e che ora corre dietro alla novità a patto che però non contenga elementi di vero nuovo, nemmeno nelle intenzioni. Le cause di tutto questo sono molte e complesse anche a a mio la radice va addebitata alle interpretazioni marxiste prevalenti nel ‘900 che occhieggiavano a una trasformazione scientifica e necessaria della società: con il dissolversi dell’Unione sovietica la crisi, la disillusione è stata epocale e non ha trovato antidoti.
Forse è per questo che vado su tutte le furie quando invece di un buon sugo al pomodoro mi viene servito come fosse un progresso qualche pastiche senza capo né coda, magari perché i creativi di oggi sono essenzialmente eterni dilettanti, o quando vedo gli stlisti della ricetta che risottano la pasta, ottenendo proprio l’effetto contrario a quello che ne ha reso globale l’uso, ovvero quella di cuocerla in acqua abbondante per togliere la limacciosità dovuta all’amido: la pasta deve squillare sotto i denti non essere affogata dentro brodetti addensati e torbidi. E’ la stessa rabbia che mi prende vedendo Renzi e i suoi epigoni che quanto a torbido non hanno nulla da invidiare a nessuno e nemmeno quanto a “modernità”. Peccato che facciano schifo.
Sono immensamente d´accordo! Io credo che sia tipico del capitalismo espropriare, fare il vuoto intorno, in modo che le di lui profferte, sembrino quasi un favore elargito a chi magari nemmeno lo merita.
In questo ed in qualche altro commento, Jorge, hai espresso il principio della espropriazione originaria, ai primordi del capitalismo e che si ripete periodicamente. Ma, nel tuo discorso, manca un tassello essenziale, una espropriazione “originaria” si ripete attraverso il fatto che la crisi periodica del capitalismo viene scaricata sulle masse socialmente indifese, da questo il capitalismo trae nuova linfa per rimettersi in corsa. Beninteso, sulla pelle di chi rimane travolto. Questa volta, sembrerebbe, la crisi si mostra molto peggiore di quelle del passato, siamo fuori delle cose ordinarie
Scrive Casiraghi “Ma come è tipico dell’autoritarismo capitalista, esso non deve farsi sentire e chi vi soggiace deve essere persuaso, dolcemente e quanto più indirettamente possibile, che sta facendo qualcosa per la propria salute e quella dei propri cari”
Sono immensamente d´accordo! Io credo che sia tipico del capitalismo espropriare, fare il vuoto intorno, in modo che le di lui profferte, sembrino quasi un favore elargito a chi magari nemmeno lo merita.
Esempio clessico : se in Inghilterra all´inizio dell´ etä moderna il potere fa recintare le terre demaniali dove per diritto secolare la gente si . approvvigionava di legna da ardere o dei prodotti commestibili della terra (bacche, piccola selvaggina etc)….
….. allora e chiaro che per la gente che fa i lavori meno redditizi la mancanza di questa integrazione significa essere costretti ad andare a lavorare in fabbrica …… .
e nonostanmte le condizioni assolutamente schiavistiche di allora, tale gente aveva pure da ringraziare lo sfruttatore che la condannava a 14 ore di lavoro al giorno negli opifici della prima eta moderna.
La logica e rimasta questa, prima ti distruggo i cibi tradizionali con appositi peggioramenti ed allarmismi ingiustificati ( e quante sostanze giudicate pericolose sono state poi addirittura rivalutate).
Dopo, quando certe cose non vengono piu nemmeno prodotte, tutti saremo costretti a consumare al loro posto porcherie industriali fatte da multinazionali.(produttive ..!?..)
Tra l´altro le regole europee, ma anche statunitensi, tendono a sottrarre tali multinazionali alla giurisdizione dei tribunali pubblici che invece insiste in maniera oppressiva sul capo mio e di tutti noi gente normale…
Unica osservazione, anche se non e´ atteggiamento attribuibile a Casiraghi, in Italia(come dappertutto), vige un odioso nazionalismo riferito agli alimenti, i media minstream fanno credetre che l´olio buono e solo quello italiano, che tutto ciö che e alimento italiano e sicuramente superiore etc
Per motivio di lavoro viaggio in molte nazioni, ed ad esempio in Germania trovo prodotti mediterranei provenienti soprattutto dalla Turchia ma anche dal nordafrica che possono essere anche migliori di quelli italiani e che costano notevolmente meno.
Ci deve essere tutto un sistema che blocca la vendita di questi prodotti in italia, e non ne vedo il vantaggio, un po di concorrenza costringerebbe alla riduzione delle filiere in italia maggiori che in qualunque altro paese, e se le leggi edi controlli funzionassero non intacchrebbe le attivitä ed il reddito di chi davvero produce gli alimenti ………
A parte periodi storici particolari, in generale la forma politica del capitalismo e´ proprio la “democrazia” (quella apparente cui siamo abituati)
Che bisogno c´e di dittatutre se il capitale , con la forza del denaro, puo fare il vuoto intorno a ciö che vuole, per poi far apparire ciö che ti propina come qualcosa di cui devi pure ringraziare ?
Si capisce allora che nei paesi periferici, l´ autoritarismo politico e l´ único modo per resistere a queste dinamiche di espropriazione (sarebbe preferibile la mobilitazione popolare, ma essa dopo un pö inevitabilmente scema.. ci vorrebbe la rivoluzione mondiale)
Ecco perche, a mio parere, senza nemmeno conoscere le dinamiche interne di alcuni paesi periferici, e tanto facile la fatale scomunica del “feroce dittatore”.
Quello almeno deve temere la sua popolozione e un po si da una regolata ( a parte la propaganda occidentale.bisogna informarsi su come si viveva o si vive in LIBIA; Irak, o Iran; Corea del nord etc.continuando
Quando arriva l´ espropriazione dei capitali occidentali a certi popoli non resta che venire a fare i “migranti” In europa o
o negli Usa. Piü dittatura di cosi…
“Gli osservatori più acuti sono capaci di cogliere le correlazioni tra avvenimenti apparentemente slegati gli uni dagli altri, riconducendoli ad un unico fenomeno: il collasso dell’industria bancaria, l’implosione del Partito Democratico, l’eclissi dei sindacati e persino la triste agonia in cui si sta dibattendo il Sole 24 Ore non sono episodi isolati ed accidentali, bensì collegati ed in un certo senso inevitabili, da ricondurre alla più ampia dissoluzione dell’establishment italiano che, a partire dal 1992, ha indissolubilmente legato le sue fortune all’euro ed all’Unione Europea”.
http://federicodezzani.altervista.org/sole-24-ore-una-crisi-che-travalica-leditoria/
A parte quanto scrive Mr. Simplicissimus e con cui concordo di cuore, vorrei far presente che il motivo numero uno di questo valzer degli alimenti è sostanzialmente economico. Il capitalismo vive di sostituzioni, tutto ciò che è sopra deve periodicamente finire sotto e viceversa in modo che il mercato si “alimenti” sempre di nuove e golose opportunità di business. Mors tua, vita mea. Di qui la demonizzazione di latte, uova, burro e zucchero per far posto all’industria dei sostituti, degli edulcoranti, dei surrogati e, infine, dei prodotti bio con cui si fa un nuovo giro di volta e, a prezzi decuplicati, si rimettono in auge i cibi genuini di una volta! Si ha quasi l’impressione che la scarsa qualità dei cibi attuali sia stata appositamente progettata in previsione della loro sostituzione con i prodotti bio.
Ma come è tipico dell’autoritarismo capitalista, esso non deve farsi sentire e chi vi soggiace deve essere persuaso, dolcemente e quanto più indirettamente possibile, che sta facendo qualcosa per la propria salute e quella dei propri cari, che è progressista, ecologista e benefattore dell’umanità presente e futura. Il capitalismo utilizza allo scopo il suo reparto marketing e inventa immagini di bellezza sorgiva, i mulini bianchi, gli antichi forni milanesi e simili simulacri che hanno la funzione che al tempo di Mosé avevano gli idoli rispetto al vero Dio. Intanto la stampa, la televisione e internet fabbricano le figure-mito, tra cui i chef, che serviranno alla gente per diventare fan ma anche per desiderare attivamente di essere partecipi dell’eucaristia pagana fino magari ad iscriversi a corsi di cucina, comprare libri e riviste di settore eccetera. Per converso, dall’altra parte, chi”non ci sta” subisce la perentoria condanna dell’opinione pubblica e dei media di regime, gli unici in grado di manipolare veramente le nostre scelte. Mille siti come questo, infatti, non smuovono un granello di polvere, è una questione strutturale.
Ma questa che ho descritto, in fondo, è solo una faccia della medaglia perché mentre il capitalismo promuove il “desiderio” (come già fece con la pornografia allo scopo dichiarato di liberare la sessualità maschile e femminile ma sostanzialmente per vendere miliardi di pillole anticoncezionali bloccando tra l’altro il ciclo fertile della donna, cosa che è il primo esempio nella storia dell’umanità in cui si interviene sulle proprie funzioni riproduttive interne allo scopo di inibirle) dall’altra parte esso crea leggi o procedure che ostacolano la diffusione dei cibi che ha deciso di condannare all’estinzione. Per esempio, ieri leggevo su un sito italiano che tratta di agricoltura che la Gran Bretagna ha adottato un sistema semaforico di etichettatura del cibo (rosso per i cibi pericolosi, giallo per quelli meno pericolosi e verde per quelli okay) che darà al cittadino informazioni immediatamente visibili sulla “pericolosità” del cibo in vendita sugli scaffali dei negozi. Questo sistema semaforico, peraltro, è apertamente sostenuto dalle lobby del cibo mondiale affinché venga adottato anche dall’Unione Europea (che sappiamo essere impervia e resistente come la mousse agli affondi lobbistici!). Il risultato, suggerisce l’articolista, sarebbe quello di mettere al bando i tipici prodotti italiani di qualità come il formaggio grana o l’olio d’oliva che sono ipercalorici o troppo salati. In apparenza non verrebbe compressa la libertà di scelta del consumatore ma, certamente, se dovesse entrare in vigore una simile legislazione anche da noi, è fin troppo ovvio che negozi e supermercati, visto il calo prevedibile delle vendite, finirebbero entro poco tempo con il togliere dagli scaffali la maggior parte dei prodotti “rossi”. Se poi, come è facile previsione, si va verso un mondo di scontrini controllati, chi compra prodotti rossi in eccesso potrebbe ritrovarsi con ticket sanitari o assicurazioni private più care perché trascurando la sua salute rischia di determinare costi sanitari privati o pubblici più elevati. Si legga in proposito l’illuminante articolo seguente https://www.washingtonpost.com/news/to-your-health/wp/2017/03/11/employees-who-decline-genetic-testing-could-face-penalities-under-proposed-bill/?utm_term=.9ef7f4825aea&wpisrc=nl_rainbow&wpmm=1
Quanto al sistema semaforico il link è questo: http://www.teatronaturale.it/tracce/mondo/24013-l-etichettatura-a-semaforo-piace-moltissimo-alle-multinazionali-del-cibo.htm
si volesse essere, anche forzatamente bonari, si può dire che fanno grottesco.