Anna Lombroso per il Simplicissimus
Non deve stupire il palese disinteresse della gente “normale” per la dissoluzione di un partito, nato a suo tempo con la esplicita e sleale abiura di una tradizione e di un mandato storico di rappresentanza e testimonianza, perfino con la ripulsa di ogni riferimento alla “sinistra”, addirittura con il rifiuto di un modello organizzativo che prevedesse un radicamento in basso, la manutenzione e il mantenimento di relazioni in luoghi di confronto e dialogo, preferendo la forma, definita per sentito dire da collaudati lettori di risvolti di copertina, “liquida”, così immateriale e inafferrabile da ricordare l’impalpabilità della nuova economia finanziaria e dunque la facoltà di sfuggire a controlli e sorveglianza.
Sarà proprio per questo che nella sua mutazione renziana più che l’Azienda il Pd ha assunto la fisionomia aberrante di una di quelle Banche che ha desiderato in tempi lontani, imitato, tutelato, difeso a oltranza, cui ha evidentemente guardato come contesto ideale, occupato militarmente da equivoci gestori senza scrupoli pronti a qualsiasi trastola e compromesso purché restassero attaccate alle dita già lorde di iniquità un po’ di soldarelli, un po’ di quella polverina magica che parla di potere, privilegio, rendite di posizione e impunità, da sniffare insieme in quell’ambito “domestico”, in quel contesto selezionato tra figli, padri, fratelli, amici di infanzia e di famiglia, referenti di altri padri e figli e amici che si improvvisano faccendieri, intrallazzatori, facilitatori perlopiù dilettanti tanto da far rimpiangere la cupa grandezza degli “”amministratori” dei partiti della Prima Repubblica” e con loro perfino le ambizioni, le velleità, le aspirazioni forse meno tossiche di quel notabilato.
È che quel modo di esprimersi oltre che di agire, di combattersi come in un’opera dei pupi nella quale i contendenti menano gran fendenti con spadoni di latta, così gli oppositori si candidano preliminarmente a mettersi d’accordo, e rivendicano la loro subalternità ancora prima di trovarsi un nome, è talmente lontana dalla “politica della vita”, dai bisogni, dalle idee, dai principi e dai diritti che dovremmo tutti mantenere con cura, pena il totale assuefatto assoggettamento alla riduzione a servi, o meglio ancora a merce soggetta e acquisti e cessioni, che perfino gli echi che arrivano da quelle tribune sono molesti, ridicoli quando non offensivi. A cominciare dall’abuso insito nella scelta di una sede, il Lingotto, come teatro ripetuto della secessione morale dal passato e dagli obblighi di interpretare e non solo officiare le istanze e le necessità degli sfruttati.
E che per la seconda volta diventa il palcoscenico della brutale manomissione, una volta dismesso ogni legame anche formale con il cosiddetto patrimonio della sinistra, perfino del termine “riformismo”, impiegato per legittimare misure ispirate a incrementare disuguaglianze e sfruttamento, corrosione del senso etico, dissipazione dell’istruzione e della cultura così come di tutti i beni comuni, cancellazione delle conquiste che dovrebbero affrancare il lavoro dalla condizione di “fatica” e di “schiavitù”, così da diventare un distintivo da appuntare nella divisa dei kapò incaricati di confinarci nella miseria, nella marginalità, nella servitù, senza futuro e senza speranza.
Così in quello che dovrebbe essere un santuario che ha visto sforzi, sacrifici e lotte, una banda che non conosce impegno ma solo ambizione, non conosce solidarietà, ma solo complicità, si premette di parlare delle nostre esistenze che ha ridotto a vite nude, espropriate di diritti e garanzie, di come le loro riforme, se li lasciamo fare, se gli diamo tempo, se gli concediamo fiducia, miglioreranno le nostre condizioni. Quando invece si tratta di espedienti per oliare meglio i processi economici distruttivi e cruenti, per restringere ogni forma di partecipazione e annullare qualsiasi remota possibilità di sorveglianza, per soffocare ogni critica e includere i conflitti sociali all’interno di quella competitività che deve caratterizzare il loro modello di sviluppo fondato su concorrenza sleale, sospetto, intimidazione, ricatto.
Ma forse il Lingotto è una scelta azzeccata per chi per indole e istinto sta dalla parte dei caporali contro i braccianti, dei capireparto spioni contro gli operai della catena. Non dovremmo aspettare ottobre per riprenderci i nostri palazzi e i luoghi della nostra memoria di uomini liberi.
Ce l’ho invece con water ueltroni, quello che dichiarava di non essere mai stato “kumunista”, perché del destino del PD poco me ne cale come a quasi tutti gli italiani, sai che perdita!
Giustissimo, da sottoscrivere! Veltroni era quello del partito leggero (manageriale), che poi vuol dire senza democrazia interna. Senza decisioni prese dal basso, a partire dei congressi di sezione etc, tanto per dirne una
Poi c´era D´Alema, che era per il partito piü strutturato, che poi voleva dire capace di gestire in maniera burocratica il radicamento sul territorio. Tipo ti mando due milioni di militanti in piazza, oggi per una cosa e subito dopo per il suo contrario. ( tanto obbediscono ad ogni “contrordine compagni”)
Ad entrambi perö, non gli fregava niente della base, il loro referente da ingraziarsi era “la Repubblica” di Eugenio Scalfari, sia perche secondo il duo mefitico i consensi li portava quel giornale. Sia perche il gruppo scalfariano, tramite per esempio De Benedetti, accreditava il partito presso i poteri che contano davvero (la fazione europeista atlantista di questi)
Peccato che quando ancora lo si poteva fare, quei due nessuno li abbia strangolati nella culla, ma in fondo la svolta comincio con lo eurocomunismo (allora non lo si poteva capire), appoggiato dagli americani perche corrispondeva in UrSS a quelli che sarebbero diventati i “Gorbacioviani”.
Non a caso, D´ Alema e Veltroni sono quelli della pürivatizzazione completa della economia mista italiana (IRI Mediobanca d Cucciai). Proprio come Gorbaciov ha svenduto l´ URSS a degli oligarchi finanziati dal capitale Usa Gb , che non a caso era in lucrosissimi rapporzi di affari con tali oligarchi
Renzi, rispettop a D álema e Veltroni, e´ la vispa teresa……
eurocomunismo appoggiato dagli amrricani solo in apparenza e una stranezza, anche se gli americani volevano impedire il compromesso storico, gli stessi americani erano divisi tra fazioni
i falchi ( tipo nixon) e le colombe (tipo carter). Alternativa tra il Roll Back e la Ostpolitik.
Le “colombe”, del compromesso storico colsero la occasione di stabilire rapporti con un futuro presidente della repubblica italiana, cosi come , a scala determinante e per altre vie, con gli antenati di Gorbaciov….
non sono delusa né dall’uno né dall’altro non avendo mai dato loro fiducia. Semmai ce l’ho con quelli che ancora gravitano intorno al corpaccione marcio per i più diversi motivi: attaccamento a un mito infranto, bisogno di riconoscersi in un gruppo o clan, interessi miserabili, paura dell’ignoto preferendogli un “noto” ancorché brutto, cattivo, umiliante, quelli che amano la condizione di vittime consenzienti
Non ce l’ho con il buhaiolo della Fiesole per ciò che ha fatto al Partito Democratico, anche perché poco mi importa del destino di una DC 2.0 con la differenza che in quella 1.0 c’erano anche fior di statisti da De Gasperi a Moro, da Fanfani allo stesso Andreotti che oggi giganteggerebbe rispetto a ‘sti lillipuziani (persino De Mita e Cirino Pomicino, ultimi residuati del precambriano democristiano, hanno steso lo gnucco rignanese, nell’ultimo confronto referendario). Non ce l’ho con lui, la cui unica fatica conosciuta nella sua biografia è l’essersi chinato per girare la Ruota della Fortuna, comprare una vocale e pigiare il tasto dell’I-Phone per selfizzarsi (che neologismo ignobile…) insieme ai suoi sempre meno numerosi fans. Non si può chiedere agli onagri di planare come fossero aquile di montagna. D’altronde lui non è mai stato komunista per davvero.
Ce l’ho invece con water ueltroni, quello che dichiarava di non essere mai stato “kumunista”, perché del destino del PD poco me ne cale come a quasi tutti gli italiani, sai che perdita! Ce l’ho con il bruco mannaro perché se lo gnucco di Rignano ha distrutto il PD, uolter ueltroni ha distrutto la Sinistra italiana, e di ciò ne dovrà rendere conto alla Storia. Tutto qua.
“Ce l’ho con il bruco mannaro perché se lo gnucco di Rignano ha distrutto il PD, uolter ueltroni ha distrutto la Sinistra italiana, e di ciò ne dovrà rendere conto alla Storia. Tutto qua.”
trattasi forse di figli di papà dell’ambiente politicante familistico ?