uomo schiavoNo, non avremo un reddito di cittadinanza, né un reddito minimo, né altre forme che forse potrebbero prefigurare l’esistenza di una qualche diritto. Avremo invece un’ennesima elemosina, quella del Reddito di inclusione, approvata nei giorni scorsi e di origine polettiana che non serve ad includere un bel nulla, ma solo alla mera sopravvivenza dei consumi minimi, evita qualsiasi decisione politica e a quanto pare si configura anche come un ‘ennesimo strumento di voto di scambio, di appoggio al caporalato e a tutte le forme di schiavismo del lavoro: insomma qualcosa che si presenta come tutela della povertà assoluta e che come tale viene accolta favorevolmente da tutti, che si traveste in abiti civili, ma che rappresenta l’ennesimo colpo al sistema dei diritti e alla dignità del lavoro: da Poletti non ci si poteva aspettare altro.

Intanto scordiamoci qualunque forma di reddito di base perché il Rei non si rivolge alle singole persone, ma alle famiglie povere con almeno un figlio minore e, concedendo loro con una carta che va dai 250 ai 480 euro al mese, usciamo dal campo vero e proprio del reddito ed entriamo invece in quello dell’obolo concesso come contributo alla spesa quotidiana. Un contributo che oltretutto cancella tutti gli altri meccanismi di sostegno finora in essere e chiede agli enti locali tagli ai servizi per poter sostenere l’esborso. Per di più non siamo nemmeno nel campo del sostegno generale, perché oltre ai pensionati al minimo, di fatto vengono esclusi tutti quelli espulsi dal lavoro in età matura e tutti quelli che sono single o senza figli. In pratica non viene affatto coperta tutta l’enorme platea di 1 milione e 700 mila famiglie in stato di povertà assoluta, ma meno della metà di esse e implementando questi calcoli con altri requisiti richiesti e con i finanziamenti messi a disposizione o derivanti da tagli ( poco più di un miliardo quest’anno e un altro nel 2018) si arriva a una cifra di 270 mila famiglie. Per non parlare dei meccanismi con cui vengono esclusi gli immigrati attivi. Poi chissà cosa resterà di tutto questo dopo le elezioni.

Certo avere qualche soldo in più non fa certamente male, ma una delle condizioni per percepirli è quella di sottoporsi all’arbitrio di commissioni multidisciplinari che dovrebbero decidere sull’erogazione dell’elemosina con criteri che appaiono neutrali, ma che in realtà sono di carattere soggettivo e, sapendo come vanno le cose, sfiorano molto da vicino la concussione elettorale. Poletti stesso in un’intervista cita il fatto che ” la persona (ma non si trattava di famiglie? Ndr) dovrà impegnarsi a garantire un comportamento responsabile, ad accompagnare i figli a scuola, a sottoporli alle vaccinazioni, a seguire corsi di formazione” (Una delle attività più lucrose, ambigue  e illusorie del post lavoro per la quale è ipotizzabile un cortocircuito strettissimo fra commissioni e centri di formazione Ndr). La vaniloquente faccia di bronzo, fra le più eminenti al mondo, ci fa capire che al povero si prospetta un aiuto in cambio di adesione al governo, a un “comportamento responsabile” che, per esempio, lo tenga lontano dalla partecipazione a manifestazioni o alla lotta per i propri diritti. Un quadro non direttamente inseribile in una legge, nonostante la catastrofica produzione legislativa del parlamento illegittimo, ma che fa risaltare molto bene quale saranno i criteri di filtraggio delle commissioni multidisciplinari.

Tuttavia il peggio, anzi il nucleo vitale del provvedimento deve ancora arrivare ed è sempre Poletti che lo illustra quando dice che il Rei è condizionato all’ “accettazione di eventuali proposte di lavoro”. Ora visto che si tratta di un provvedimento volto a vincere la povertà assoluta e non di un sussidio di disoccupazione, non si capisce quale sia la ratio che spinge il ministro ad introdurre questo criterio del tutto disomogeneo e peraltro inutile viste le cifre in gioco. Chi rifiuterebbe un lavoro dignitoso se ci fosse per tenersi l’elemosina di Poletti? Ma è qui invece che si nasconde la carognata: il povero deve accettare le attività indignitose visto che le auliche commissioni potrebbero toglierti il Rei se non accetti il lavoro sotto caporale, pagato in maniera così indecorosa da fari rimanere dentro l’indigenza e totalmente privo di tutele. Insomma il paralavoro che ti inchioda alla povertà. Così questi furbetti del governino rubano ai poveri per dare i ricchi e mettono insieme un provvedimento anti povertà, così caro ai salottieri, ma privo di qualsiasi contatto con reddito di cittadinanza o reddito minimo, che sembra fatto apposta per produrre lavoro precario a costo minimo, dunque anche per conservare un’area di povertà ambitissima dagli sfruttatori.