ed-img7549220-990x750Già alla fine dell’estate scorsa c’erano tutti i sintomi di un progressivo disamoramento dei poteri reali per Renzi: l’enfant prodige tirato fuori dalla provincia italiana e berlusconiana per dare un volto fresco al progetto euro oligarchico grazie alla sua anagrafe bugiarda, si era rivelato un errore perché dopo una breve luna di miele aveva cominciato a creare ostilità intorno a sé e dunque anche attorno al prodotto di cui era sguaiato piazzista. Addirittura alcune inattese prese di posizione sul referendum avevano dato l’impressione che qualcuno di insospettabile tifasse per la sua sconfitta in modo da sbarazzarsi più facilmente del personaggio, nonostante i vantaggi della manipolazione costituzionale per la classe dirigente.

L’assalto giudiziario  alle casematte del cerchio magico, esploso in questi giorni, ma di fatto già scattato dopo la disfatta del 4 dicembre, sembra avvalorare la sensazione che Renzi fosse ormai visto là dove si puote, come un pericolo, come una specie di catalizzare di malcontento e di opposizione pericoloso per lo status quo. Ma l’affare Consip , non mette solo alle corde un premier, mostra appieno le piaghe del Paese ossia quell’inestricabile intreccio tra malapolitica e malaffare che arriva persino a mostrare il padre di Renzi, da sempre immerso in questo ambiente di traffici a dir poco opachi, fare la riscossione delle tangenti in nome del figlio approfittando del fatto che il vertice della Consip, distributrice di appalti pubblici è nominato dal premier. Una deforme teologia di governo dove Verdini funge da spirito santo. Il gorgo nel quale Renzi ha trascinato il Pd e nel quale rischia di finire in prima persona, non sembra recuperabile, di certo non lo è andando in tv a dire “Il mi babbo è colpevole? Pena doppia” perché di babbioni che ci possano credere ne sono rimasti pochi, ed è proprio per questo che i complici di sempre hanno alla fine trovato il coraggio leonino di venirne fuori nella speranza di poter salvare in qualche modo il partito o i suoi brandelli, voltando le spalle al partito della nazione nel quale aveva sperato per invocanre un reiterato ulivismo.

Il fatto è che il danno inferto al Paese negli ultimi 20 anni è troppo grave per pensare di potersela cavare così, ed è grave il fatto che un intero ambiente politico non sappia fare altro che pensare e ripercorrere i passi di vent’anni fa. Di certo a meno di un intervento dei marines  il sistema Renzi è alla fine perché è quasi impossibile incollare i cocci in una situazione di continuo degrado e di declino, ma non esiste, all’interno di questo mondo, altra alternativa di uomini, potere e idee, cosa che ai peggiori impiastri e cialtroni divenuti parlamentari e ministri non suscita un senso di vergogna, ma una sorta di maligna fede nella loro presunta insostituibilità . Per di più non esistono più i presupposti di autonomia e di sovranità, svenduti negli anni precedenti, con cui attuare eventuali cambiamenti, anche se questi potessero essere immaginati da un ceto politico caduto mani e piedi dentro le logiche del parassitismo finanziario. Non saranno certo balletti da nuovo e vecchio ulivo che potranno davvero cambiare le cose o da cui potrà emergere un nuovo sistema di potere: ciò che si cerca è solo un nuovo supplente per tenere a bada la classe prima di chiudere del tutto la scuola. Anzi a giudicare da ciò che si vede e si sente, non c’è nulla dietro questo Barnum di ispirazione americana e di realizzazione italiana che possa essere utilizzato per aprire una via di fuga. Se non l’indignazione, certo, che tuttavia non basta più di per sé ad evitare che la democrazia degeneri in buffoneria anche perché il controllo dell’informazione fattuale e di quella “profonda” è in  mano a pochissime persone. Insomma se la stella del renzismo è al tramonto non vuol dire che siamo vicini all’alba.