boat_1857918bOggi vi voglio raccontare una storia (vedi nota), una favola, un apologo dei tempi moderni con la speranza che effettivamente il rematore riesca a vendicarsi. Due Università hanno per tradizione una sfida annuale di canottaggio tra equipaggi formati da studenti, ma col tempo e con l’elefantiasi della “società della comunicazione” la gara cambia natura e da evento che poi noi potremmo tradurre in senso specifico come goliardico, diventa mediatico e finisce per coinvolgere il prestigio delle università coinvolte, il loro appeal come calamita per i futuri studenti e per diventare dunque anche una discriminante di immagine per il livello delle rette. Diventa insomma una cosa seria e così dopo due sconfitte consecutive  il rettore della Università A  decide di applicare alla squadra le tecniche manageriali moderne che vengono insegnate nelle proprie aule. Per questo progetto vengono depistati fondi dedicati alla didattica e viene coinvolta anche una nota società di consulenza che immediatamente si dà da fare per cambiare le cose.

Passa un anno, si arriva alla nuova sfida, ma nonostante le novità l’equipaggio della università A perde per la terza volta consecutiva, anzi va incontro a una vera e propria disfatta visto che arriva con in distacco di un chilometro dal battello dell’ateneo rivale.Così i responsabili si riuniscono per capire a cosa sia stata dovuta una tale sconfitta e per prima cosa mettono insieme una commissione di audit, la qual scopre che mentre l’equipaggio dell’imbarcazione dell’Università B è composta da un timoniere e 8 rematori, quella dell’università A è invece formata da un timoniere, tre rematori e 5 consulenti. Per questo viene deciso di rivoltare come un calzino tutta l’organizzazione affidando l’opera di cambiamento a un gruppo di esperti di alto livello. Questi ultimi mettono in campo una nuova strategia basata su protocolli di qualità, procedure di applicazione e precisa documentazione delle stesse destinata a migliorare il rendimento e la produttività. Lo slogan è qualità totale e zero default mentre la nuova squadra è formata da un direttore generale di barca, un direttore aggiunto, un manager di barca, un supervisore, un consulente di qualità, un controllore di gestione, un incaricato della comunicazione interna, un rematore e un timoniere. Anzi al rematore viene affidato l’incarico di redigere un rapporto sull’attività ogni venti copi di remo, mentre ad ogni chilometro dovr esserci un breve briefing  di valutazione degli obiettivi.

Arriva il giorno della gara e l’equipaggio così formato non solo perde ancora, ma viene distanziato di tre chilometri sull’altro equipaggio che in totale dispregio della modernità si ostina a funzionare con un timoniere e otto rematori. Così la società di consulenza che ha gestito il tutto, dopo una drammatica riunione, decide di licenziare il vogatore rimasto per non essere stato in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati, di vendere la barca e di annullare la missione così come tutti gli investimenti previsti per la riorganizzazione della squadra. Con il denaro economizzato il rettore rinnova il suo ufficio mentre la società di consulenza passa un premio ai manager e ai supervisori perché essi analizzino a fondo ciò che non ha funzionato e concede  un’indennità di fine missione per il proprio direttore generale.

Dove sta allora la vendetta del rematore? Nel fatto che le strategie e la burocrazia di dominio alla fine non ha più equipaggi da curare, missioni da compiere e dunque nemmeno spettatori: il tentativo di adattare la realtà al sistema può avere momenti  di successo e applausi, ma è destinato a fallire proprio di fronte alla propria insensatezza.

Nota La storia non l’ho inventata io, risale, nelle sue diverse versioni  a molti anni fa e probabilmente ha origine negli anni in cui l’elettronica di consumo fu completamente sostituita in Usa dalla produzione giapponese. Ma ha continuato a diffondersi acquisendo via via nuovi significatied è diventata il nucleo di forza di un saggio di  Dominique Dupagne, intitolato appunto La revanche du rameur.