lobby2Domenica 19 gli svizzeri andranno alle urne per un referendum che al contrario di quanto è accaduto in altre occasioni dov’erano in ballo l’immigrazione, il nucleare o la questione dei frontalieri, sembra meritare il più assoluto silenzio da parte di tutta l’informazione. Eppure il tema è assolutamente centrale, anzi coinvolge proprio quelle logiche di fondo da cui poi nascono i problemi che finiscono in prima pagina. Bene gli Svizzeri si apprestano a votare su un tema per il quale l’Ocse non ha risparmiato pressioni sul governo di Berma che ha finito per cedere: ovvero la riduzione delle tasse alle grandi imprese. Naturalmente nel mondo ipocrita e grottesco del neoliberismo, questa azione è formalmente volta a evitare l’evasione fiscale, ma attraverso  il metodo preferito dei grandi ricchi e dalle multinazionali, ovvero la progressiva scomparsa della pressione fiscale stessa su di loro. Quindi un pretesto morale per un’immoralità di fondo.

Nel merito, secondo la legge federale che dovrà essere confermata o bocciata dai cittadini, si prevede il calo graduale in quattro anni dal già basso 9 al 6,5 per cento  delle tasse sugli utili aziendali, al posto della riduzione della pressione fiscale sui singoli cittadini che in ogni caso è enormemente più alta. I quali cittadini , soprattutto se di ceto popolare, non solo non vedranno riduzioni, ma dovranno di fatto pagare in proprio lo sconto alle multinazionali: si prevede infatti a regime un calo del gettito fiscale per comuni, cantoni e governo federale di 2 miliardi franchi l’anno e perciò già da subito è stato presentato un “pacchetto di compensazione” che prevede, tanto per cominciare, tagli per quasi 200 milioni di franchi nella previdenza sociale, di 250 milioni di franchi nella cooperazione allo sviluppo, di oltre 200 milioni nell’ambito della scuola e della ricerca. Tanto per dare un’idea concreta vale osservare che questo “assaggio” di tagli, rapportato all’Italia con una popolazione sette volte maggiore, vale circa 4 miliardi e mezzo di euro. Così anche nella prospera Svizzera si conferma una costante del capitalismo contemporaneo: ogni  sgravio fiscale alle grandi imprese porta in maniera diretta e proporzionale allo smantellamento dei diritti sociali.

Da notare che già oggi le multinazionali in Svizzera godono di notevoli vantaggi di cui quelli fiscali non costituiscono la parte più importante rispetto a quella che attiene alla neutralità del Paese, tanto che ne sono accorse oltre 20 mila con le loro sedi centrali o di area negli ultimi trent’anni, comprese quelle petrolifere, estrattive, di commercio di materie prime che non c’entrano proprio nulla con la Svizzera. E che non portano alcuna attività produttiva reale, per la quale sia pure nell’ambito della menzogna globale, si potrebbe ipotizzare la necessità competitiva, ma solo sedi legali e quando va bene uffici che nella stragrande maggioranza dei casi si limitano a poche persone.

L’Ocse si rivela così il principale nemico di quell’equità planetaria che dovrebbe prevedere per le multinazionali il pagamento delle tasse nei Paesi in cui svolgono la loro attività, cosa che oggi si guardano bene dal fare accorrendo nei vari paradisi: è così che si sono create le basi delle migrazioni epocali da Paesi rapinati fino all’osso di ogni loro risorsa e che vengono compensati con misere briciole. Talmente misere che spesso le royalties incassate sono di gran lunga inferiori ai compensi dei vertici delle multinazionali operanti sul territorio. Senza nemmeno affrontare il fatto che tali elemosine finiscono nelle tasche degli uomini dei regimi instaurati per fare da cani da guardia dello sfruttamento selvaggio.

Però il referendum svizzero rende ancora più chiara una nuova e inedita realtà con la quale bisognerà cominciare a fare i conti: nel novero degli sfruttati cominciano ad entrare anche i cittadini di quei Paesi che hanno acconsentito ad ogni rapina chiudendo gli occhi e rifugiandosi dietro ogni ipocrisia nella certezza che fare da cassa continua al neo schiavismo multinazionale avrebbe portato per sempre a una prosperità libera da remore morali all’insegna del political correct e degli slogan neo liberisti. Invece lentamente, passo dopo passo, stanno diventando anche loro sudditi sottomessi al potere feudal produttivo o finanziario da quando esso è diventato il regolatore e legislatore di società svuotate di sovranità politica reale. Comincia a succedere persino in Svizzera.