Manca poco più di un mese e mezzo al 25 marzo, alla data del vertice Ue di Roma dove – secondo quanto sta via via emergendo – la Merkel avvierà ufficialmente la dottrina dell’Europa a più velocità, l’unico modo per la Germania di affrontare i segnali di deglobalizzazione che hanno ricevuto una spinta decisiva con l’elezione di Trump. Cosa significhi in concreto l’introduzione di una geometria variabile sinora esorcizzata come Belzebù e a quali esiti porterà è difficile dirlo, soprattutto perché appare un non senso in continuità della moneta unica, ma a Berlino interessa soprattutto conservare la carcassa dell’euro necessario al suo export, al suo surplus commerciale e dunque al suo effettivo dominio continentale che in questo modo verrebbe agevolato nella sostanza, anche se non nella forma.
Faccio notare, tanto per sottolineare le contraddizioni contemporanee, che le due massime espressioni dell’occidente si reggono oggi su un’antitesi: su un Paese che campa della sopravvalutazione del dollaro grazie alla sua imposizione come moneta globale e su un’altro che si regge invece sulla sottovalutazione del marco – euro. Due situazioni antitetiche di cui però fanno le spese tutti gli altri. Ma a parte questo è evidente come si stia dando inizio alla diaspora europea nella maniera più grottesca e meno densa di futuro possibile: in passato con la moneta unica si è voluto costruire il tetto prima delle fondamenta, adesso si vogliono minare le fondamenta impiantate sulla sabbia neo liberista, lasciando però il tetto proprio mentre è chiaro che un riequilibrio continentale si può ottenere sradicando le cause delle discordie ovvero l’euro nato in mancanza di un’omogeneità di fondo e causa dell’aumento esponenziale delle dissimmetrie. Ora gira voce che gli Usa sarebbero interessati a una decostruzione europea per poter trattare da posizioni di vantaggio con ogni singolo Paese invece che una forte unione continentale e questo se preso in astratto può anche apparire logico, ma nel concreto, vista anche la rinascente multipolarità mondiale e l’oggettivo declino americano, dover trattare con più soggetti, con una pluralità di interessi non sempre convergenti, invece che con pochi complici a Bruxelles è assai più complicato e potenzialmente portatore di svantaggi come dimostra anche il fatto che con l’Unione, l’Europa è scomparsa dalla politica estera per ridursi ad ancella della Nato dal cui giogo proprio non riesce a liberarsi neanche di fronte al grande nulla della guerra che gli Usa preparano per disperazione.
Comunque si vedrà se ci saranno più svantaggi o vantaggi nella nuova situazione che si va creando, ma tutto questo arriva per l’Italia probabilmente troppo tardi, dopo molti anni di stagnazione politico – economica, di disgregazione etica e dopo un ultimo periodo di orgia neo liberista nella quale una serie di svenditori di professione e di ignobili cialtroni ha praticamente messo all’asta tutto o quasi il patrimonio produttivo del Paese rendendo di fatto l’Italia sottoposta agli svantaggi di sempre, ma probabilmente incapace di cogliere i possibili vantaggi della nuova situazione. Quindi dopo aver smantellato lo stato sociale in nome del liberismo, dopo aver reso la politica un affare di clan e di caste piuttosto che di idee e di speranze, dopo aver avvilito la scuola, dopo aver distrutto patrimoni di saperi, dopo aver persino tentato di manipolare a morte la Costituzione, non ci saranno nemmeno le briciole per mantenere la pace sociale che altrove forse si potranno raccattare prima del definitivo crepuscolo .
http://contropiano.org/news/news-economia/2017/02/07/alla-bce-rimaste-sparare-le-parole-088639
“Sottrarre il lavoro alle leggi utilitaristiche della domanda e dell’offerta superando l’obiettivo di occupabilità richiede qualcosa di più rispetto ai sussidi sociali ed ai cambi flessibili, che pur rappresentano strumenti da inserire all’interno di un compiuto progetto di recupero di sovranità.
Occorre prima di qualsiasi altra cosa avere in mente un diverso modello di economia, occorre introdurre modifiche strutturali nel modo in cui il lavoro viene concepito, formato ed impiegato. Il lavoro, sia fisico che intellettuale, non può essere concepito come un fattore produttivo simile agli altri.
Ciò detto, la domanda cruciale si riduce ad una: si può sottrarre il mercato del lavoro ad una stretta logica di mercato, nel senso sopra-ricordato e voluto dalla Costituzione, pur consentendo al Paese di mantenere competitività a livello europeo ed internazionale? Questo è il punto.
Se iniziamo ad interrogarci su questo, forse arriviamo a mettere in discussione la globalizzazione come corso inevitabile della storia rispetto al quale si può soltanto adeguarvisi. Per osare tanto, occorrono tuttavia almeno due parole d’ordine, due idee forza relative al tema fondamentale del lavoro, che sono cogestione e socializzazione, due concetti che intervengono nella struttura dei rapporti tra lavoro e sistema economico, non limitandosi agli aspetti funzionali”.
https://albertomicalizzi1.wordpress.com/2017/02/07/liberiamo-il-lavoro-dal-neo-liberismo-cogestione-e-socializzazione/
“… pochi complici a Bruxelles” (!?) L’articolista o sta scherzando o non e’ mai andato a Bruxelles. Migliaia di impiegati e passacarte, lautissimamente pagati, senza contare i “parlamentari europei”, altrettanto strapagati per far poco (proprio per non dire niente). Ben venga (ma ne dubito) la decapitazione di questo mostro.
” non ci saranno nemmeno le briciole per mantenere la pace sociale che altrove forse si potranno raccattare prima del definitivo crepuscolo ”
Definitivo crepuscolo di che ??