Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non ci vuole una gran fantasia per ipotizzare se, come e quando verranno accertate le responsabilità e condannati i colpevoli della catastrofe dell’Hotel di Rigopiano.

Basta guardare al processo per la strage della stazione di Viareggio, definita allora dall’ex amministratore delegato dell’azienda ferroviaria, uno “spiacevolissimo episodio” e alla sentenza, viziata, a detta del suo collegio di difesa, da un imperdonabile “populismo” giudiziario e penale, agitato in un clima di diffuso e facile giustizialismo, per dare un po’ di guazza ai familiari delle 32 vittime, a conferma che ormai l’oltraggio alle vittime rappresenta un trend diffuso e autorizzato dallo spirito del tempo.

Quei congiunti accusati di essere troppo pretenziosi fino alla vendetta, se considerano la condanna  di Mauro Moretti, a 7 anni, dimezzata rispetto alla richiesta dell’accusa,   un “contentino” e  se temono legittimamente che le lungaggini dell’iter giudiziario conducano inesorabilmente alla prescrizione per i reati di incendio doloso e lesioni colpose.  E alla quale c’è da sospettare che non vorranno rinunciare Michele Mario Elia, ex amministratore delegato di Rfi, Giulio Margarita, ex direttore Sistema gestione sicurezza di Rfi e ora all’Agenzia sicurezza ferroviaria, Gilberto Galloni, ex ad di Fs Logistica, Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia e della stessa Fs Logistica, così come non vi rinunciano ministri, parlamentari, industriali, manager inquisiti per i più svariati capi d’accusa che grazie a quel pregevole istituto possono consolidare invidiabili carriere e conseguire brillanti pensionamenti d’oro.

E infatti malgrado il processo, il cursus honorum di Moretti non si era interrotto, se è stato incaricato di ricoprire il prestigioso posto di amministratore delegato di Leonardo, l’ex Finmeccanica. E non si interromperà: mica la giustizia è uguale per tutti, se per disarcionare chi svolge funzioni di direzione  e amministrazione, secondo il Testo unico in materia di intermediazione finanziaria che richiama un regolamento del Ministero competente, valgono solo le sentenze irrevocabili.

Figuriamoci quindi se il manager di uno Stato che non ha avuto il coraggio di costituirsi parte civile nel processo contro uno dei suoi  boiardi eccellenti, non ricorrerà alle leggi delle sua cerchia privilegiata per non rispettare quelle dell’opportunità, quando già ieri il Cd’A di Leonardo e il collegio sindacale ha confermato la piena fiducia al suo amministratore delegato. E lui potrà  dire che non molla la poltrona per attaccamento all’impresa, per via di quel suo cieco e indefesso aziendalismo che anche i suoi detrattori gli riconoscono e che rivendica ancora in un alato ritrattino che gli dedica il quotidiano di proprietà di uno dei colpevoli delle stragi dell’amianto: sono stato troppo duro, sostiene, nei miei giudizi di allora, ma l’ho fatto per Ferrovie, per tenere insieme la società frastornata dallo “spiacevolissimo episodio”.   Un carattere il suo, molto apprezzato perché riesce sempre a tener fuori “il lato umano”.

Se quello secondo molti è bene che resti fuori, in quanto poco consono a profitto e sviluppo, occupa invece un posto di primo piano il “fattore umano” o meglio quello tecnico. Così pare che l’unico colpevole in tutta questa vicenda sia quell’asse che si è magicamente spostata, in quel  29 giugno 2009, alle 23,48 quando un treno merci partito da Trecate, in Piemonte, e diretto a Gricignano, in Campania, deraglia poco dopo aver superato la stazione ferroviaria di Viareggio e una delle cisterne trasportate dal treno, e carica di Gpl, si rovescia e si squarcia sbattendo a forte velocità contro un ostacolo. Dopo l’impatto, inizia a fuoriuscire del gas che avvolge i binari e le abitazioni che si affacciano sulla linea ferroviaria. L’aria è satura di gas, scoppia  un incendio le cui fiamme, in una frazione di secondo, avvolgono tutto ciò che si trova nell’arco di un centinaio di metri: case, negozi, uffici, automobili.

Fatalità, lo spostamento die quel pezzetto di binario, hanno ripetuto i difensori, destino cinico, baro e imprevedibile. Come è imprevedibile tutto quello che succede qui: valanghe che crollano su hotel costruiti su aree a rischio, scuole che si sgretolano dopo messe in sicurezza antisismiche, territori investiti ogni anno dalle stesse frane e inondazioni. e pure un treno che esplode radendo al suolo Ponchielli, seminando morte e distruzione  peggio che per uno di quegli attentati che fanno tanta paura al  civile Occidente che si ostina a non assimilare ai macellai fondamentalisti anche i radicalizzati del profitto, ai criminali dello sfruttamento, che mettono a rischio le nostre vite e  il nostro futuro senza aspirare al paradiso delle urì, che stanno troppo bene qui in terra, impuniti e impudenti.